inizio anno delle scuole superiori

Bologna, Cattedrale

Cari ragazzi, è segno di saggezza questo vostro convenire davanti all’altare di Dio, a cercare sostegno e protezione per il vostro nuovo anno scolastico. In esso sarete chiamati ad applicarvi e a studiare, e sarà una fatica; ma anche avrete la possibilità di accrescere le vostre conoscenze e di avanzare un poco di più verso il traguardo dell’età adulta.

Ma è necessario che Qualcuno dall’alto vi assista e vi mantenga lontano dai guai; più ancora avete bisogno che Qualcuno rischiari la vostra mente e rinvigorisca la vostra volontà, e così vi salvi dalla sventura di sciupare un anno prezioso. Radunandovi perciò qui a implorare sui prossimi mesi la luce e la forza del Signore, voi dimostrate di essere intelligenti e avveduti.

L’adolescenza e la prima giovinezza sono età decisive per la maturazione della persona umana. Non solo i lineamenti del vostro volto, ma anche il vostro carattere e la vostra identità intellettuale, spirituale e morale, resteranno per larga parte quelli che voi saprete plasmare e acquisire nello spazio di tempo che va dai quindici ai vent’anni.

Ad aiutarvi in questo sviluppo interiore, vorrei offrirvi con semplicità alcuni miei importanti convincimenti: è un discorso molto serio pur nella sua brevità; ma è un discorso che mi auguro sia utile per voi, e in ogni caso è doveroso per me.

Di che cosa noi abbiamo intrinseca e totale necessità, se vogliamo percorrere ragionevolmente il nostro cammino terreno? Forse nessuno vi ricorda mai queste elementari e incontestabili verità, e perciò ci si pensa poco; ma, se ben si riflette, si arriva facilmente a capire che abbiamo bisogno di tre cose: un patrimonio di certezze, una speranza che non deluda mai e duri sino alla fine, un’appartenenza che ci scampi dal vivere isolati e smarriti quasi cani senza collare.

Prima di tutto abbiamo bisogno di un patrimonio di certezze: dobbiamo sapere da dove veniamo, verso dove stiamo andando, che cosa siamo venuti a fare in questo mondo. Se per queste domande fondamentali non si hanno risposte plausibili e sicure, il nostro stesso esistere diventa un’assurdità: non possiamo aggrappare ai punti interrogativi la nostra unica vita.

Capiterà però anche a voi di incontrare chi su queste questioni si mostra scettico, addirittura privilegia lo stato di dubbio e magari arriva persino a colpevolizzare chi possiede delle verità indubitabili. Non credeteci: il dubbio e lo scetticismo sono malattie che possono sì affliggere talvolta lo spirito umano; ma da essi si deve cercare di guarire: non sono valori che meritino esaltazione. Nessuna compagnia aerea vanta nella sua pubblicità la prerogativa dell’insicurezza, nessuna è fiera di non poter garantire ai viaggiatori che i suoi apparecchi non precipiteranno.

Del resto, tutti – anche quelli che si dicono increduli su tutto – hanno dentro di sé degli assiomi e dei teoremi a cui non rinunciano mai. Sicché vi accorgerete che chi ostenta dispregio per ogni certezza, in realtà (anche se non se ne avvede) spregia soltanto le certezze altrui.

In secondo luogo, non possiamo camminare sulla strada della vita (che spesso si fa irta e faticosa), se davanti a noi non c’è una mèta solida e chiara, che non si dissolva a un certo momento nella nebbia e non si vanifichi. Senza una speranza che lo sorregga sino alla fine anche nelle ore difficili, l’uomo non può vivere né con sensatezza né con un minimo di serenità.

Infine è indispensabile che ci sia dato di non rimanere soli nel deserto dell’esistenza. E’ tanto forte negli uomini la propensione istintiva a cercare di uscire dall’isolamento, che essi si inventano le più diverse aggregazioni: club, partiti, logge, tifoserie sportive, associazioni, compagnie di varia natura.

A questo punto, scopriamo quanto sia grande la nostra fortuna; di noi, cioè che apparteniamo a Cristo e riconosciamo in lui l’unico Maestro, l’unico Salvatore, l’unico Signore: anche di voi dunque che siete venuti a inaugurare il vostro anno di studi proprio ascoltando la sua parola e offrendo ancora una volta al Padre, uniti a lui, il sacrificio che ci ha redenti.

Grande è la nostra fortuna, perché possediamo già proprio quei tre valori, dei quali ogni coscienza umana avverte – pur se molto spesso in modo implicito e confuso – l’assoluto bisogno e l’urgenza: una verità sul nostro essere e sul nostro destino, che ci salvi dall’angoscia di dover camminare nel buio dei nostri giorni; una fiducia e un’attesa gratificante, che ci consenta di superare ogni disperazione e ogni avvilimento; una comunione esistenziale, che ci liberi dalla tristezza di sentirci estranei e derelitti.

Il Signore Gesù si è fatto premura che queste tre indispensabili ricchezze – e cioè un po’ di luce sulle questioni che contano, una tensione coinvolgente e serena verso un approdo di felicità, il calore di una famiglia e di un organismo vivo in cui siamo inseriti – arrivino di fatto agli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi, e dunque anche a noi. Per questo ha scelto gli apostoli e li ha mandati nel mondo; e ha al tempo stesso voluto che la loro missione proseguisse nei vescovi e nei sacerdoti.

La pagina evangelica che abbiamo ascoltato ci ha rievocato appunto l’ora di questa provvidenziale istituzione e della elezione dei Dodici: una delle ore più risolutive e più benefiche della storia.

I Dodici (e i loro successori) vengono mandati (“apostoli” significa appunto “mandati”) ad assicurare l’umanità che esiste un Dio dal quale tutti veniamo e al quale tutti facciamo ritorno, un Dio che è un Padre che ci ama (cf Gv 16,27), un Dio che vuole salvare tutti gli uomini (cf 1 Tm 2,4), un Dio che ci ha preparato un posto nella sua casa (cf Gv 14,2).

I Dodici (e i loro successori) vengono mandati a rivelarci poi che l’approdo della nostra tormentata navigazione terrena è la vita eterna e il Regno dei cieli. E questa bellissima prospettiva dà senso a ogni impegno e a ogni fatica di quaggiù, colma in profondità ogni nostro desiderio, invera sostanzialmente ogni nostra parziale speranza.

I Dodici (e i loro successori) vengono infine mandati a farci partecipare alla realtà stupenda della santa Chiesa Cattolica, che è il Corpo di Cristo di cui noi siamo membra. Coloro che hanno la gioiosa consapevolezza di essere (come ci ha insegnato l’apostolo Pietro) “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato” (cf 1 Pt 2,9), sono così posti al riparo da ogni tristezza, da ogni disillusione, da ogni insidia di male.

Lo Spirito di Cristo risorto, che già vi ha rinnovati e illuminati nel vostro battesimo e nella vostra cresima, vi conceda quest’anno di meditare un po’ di più su questo “buon annuncio” – su questo “vangelo” – che adesso vi è stato rammentato.

Il mio augurio è che in questi mesi si possa dire anche di ciascuno di voi quanto san Luca scrive di Gesù negli anni da lui passati nella casa di Nazaret: “Cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52).

11/10/2001
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