In questi giorni abbiamo più tempo per noi, sia in solitudine come in una convivenza forzata dalla situazione. Come tutte le opportunità non sciupiamole: possiamo usarle per superare le distanze che troppo ci dividono dagli altri e per costruire la nostra interiorità perché quando questa pandemia che tanto ha cambiato le nostre abitudini finirà, speriamo presto, non torniamo quelli di prima. Non vogliamo solo adattarci ad una nuova situazione restando sempre gli stessi, ma cambiare per essere migliori. Stiamo capendo in maniera davvero personale e vera quanta sofferenza procurano le distanze.
Penso a noi stessi, costretti a restare lontano dalle persone che amiamo o a non poterle incontrare come vorremmo, ma penso anche agli anziani che non vedono più nessuno! Qualcuno di loro anche prima aveva intorno a sé un deserto. Non va bene! La distanza non si misura con i metri, non è un problema geografico. Possiamo essere distanti ed essere vicinissimi nel cuore, nella comunione di spirito, che è una comunicazione efficace più di qualsiasi piattaforma o rete.
Possiamo essere vicini, essere connessi continuamente eppure avere il cuore da un’altra parte. Gesù vince la distanza del pregiudizio, dei giudizi, del peccato, della paura. Gesù annulla quella più grande: tra il cielo e la terra. Il volere bene è il vero modo che supera ogni distanza e che spinge anche a superare quella fisica. Un modo per vincere la distanza è salutare, perché dona importanza al prossimo e regala un po’ di attenzione. “Se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto?” (Matteo 5,47).
Proviamo anche a casa a superare le distanze create dai litigi, dalla scontatezza ed imparare a voler bene nella vita ordinaria, a dircelo, a cercare i gesti piccoli, perché lì si vede l’amore, non nelle grandi dichiarazioni. Impariamo ad amare l’altro anche nei suoi difetti, magari prendendoci in giro noi per i nostri, perché ridere e lasciare gli altri farlo, invece di difenderci con orgoglio, ci aiuta a superarli o a renderli innocui. “E con fiducia l’uno manifesti all’altro la propria necessità, perché l’altro gli trovi le cose che gli sono necessarie e gliele dia”, invitava Santa Caterina, perché prima di saper donare è necessario imparare a chiedere, cioè a riconoscersi poveri e bisognosi.
La preghiera vince la distanza, arriva in modo che noi non comprendiamo eppure così efficace. Siamo in una casa dove da secoli delle donne, liberamente, si esercitano in questa crescita dell’anima donano, con la loro preghiera misteriosamente ma efficacemente, tanta anima alla città, vincono la distanza e si sentono a casa ovunque, restando qui dentro. Una volta una di loro mi disse che la preghiera è come gli alberi che purificano l’aria. Nessuno se ne accorge, ma tutti respirano meglio.
Anche l’anima respira di più se lasciamo un po’ di tempo al Signore e troviamo la sua comprensione nella paura, la sua presenza sulla nostra stessa barca, l’invito ad avere fede e a testimoniarla, perché capiamo quanto è preziosa la nostra vita, proprio quando sperimentiamo quanto è fragile e vulnerabile.