Messa del Giorno di Natale

Bologna, Cattedrale

Natale significa anche tante abitudini, parte importante della nostra vita personale e di comunità, spesso tra le più evocative e care. Non vogliamo certo perderle e nessuno avrebbe desiderato che tanti incontri, relazioni, riti legati a questo giorno – che San Francesco chiamava festa delle feste – subissero le necessarie restrizioni dovute alla situazione eccezionale creata dalla pandemia.

La famiglia che si riunisce, i regali, il trovarsi assieme hanno sempre caratterizzato questo giorno così particolare, anche se deformato da tanto consumismo, ridotto spesso a festa senza il festeggiato. Quando perdiamo qualcosa capiamo il suo valore. E’ occasione per valutare, allora, le nostre relazioni, perché non sono scontate, per non sciuparle, per riempirle di senso, per accorgersi del dono che è l’altro.

E poi possiamo accorgerci di tutte le relazioni che mancano ma non perché impedite, perché mai avviate, le occasioni perdute, gli incontri lasciati senza che generino amicizia o quelli che non abbiamo cercato, ad iniziare da chi ha bisogno. Quante solitudini in tanti modi cercano una relazione vera, di amicizia! 

A Natale vediamo la gloria di Dio manifestarsi nella debolezza. Dio onnipotente fa vedere chi è proprio con la debolezza, perché questa è la sua e nostra forza. Non possiamo dire che non dipende da noi! Nella debolezza, nei vasi di creta, possiamo vedere la forza del Signore! E’ la gloria del Natale, la luce che le tenebre non vincono.

Quella che videro a Betlemme avviene anche a noi: “noi abbiamo contemplato la sua gloria!”.  Quando la solitudine è sconfitta, quando la vita – tutta, sempre e per tutti – è difesa e amata, quando si consola qualcuno in ospedale stringendo la mano di chi sta morendo solo o raccogliendo il suo ultimo “dite che li amo”, quando il labirinto della mente di chi non è padrone di sé è sciolto dall’intelligenza dell’amore, quando qualcuno che non comprende sente che è trattato comunque con amore, quando la strada diventa luogo di umanità per i senza fissa dimora perché si condivide il panino più prelibato che è quello farcito di amicizia, contempliamo la sua gloria.

Quando facciamo silenzio dentro il rumore del nostro cuore per ascoltare Lui e quando ci troviamo intorno all’altare della sua Parola e del suo Pane presenze di Cristo, contempliamo la sua gloria. La gloria di Dio è nel donare e non nel possedere; è nell’andare verso, non contro; nell’amare assieme Dio e il prossimo. In realtà il dono è il segreto della gioia e della vita tutta. Natale è luce che vince le tenebre.

E’ una lotta grande, un vero duello. Le tenebre sono quelle della malattia e della morte, che abbiamo visto così fortemente in questo tempo di pandemia. Tenebre sono anche quelle che hanno spento qualcosa dentro il cuore perché non è stato possibile salutare il proprio caro o per chi non ha lavoro, lo ha perso, non sa come farà dopo che le coperture sociali termineranno; sono quelle del doppio isolamento degli anziani negli istituti, ma anche le difficoltà che accompagnano i più di 500.000 alunni con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento come i tanti che non hanno avviato la didattica a distanza e sono rimasti fuori. Ecco, la luce del Natale viene in un mondo così, concreto, nella carne, dentro la storia.

Natale però illumina il problema della vita dopo la vita, del futuro ultimo, quello che spesso non vogliamo vedere per la vertigine del cielo o perché ci facciamo grandi con il piccolo o siamo catturati dal presente. Dio entra nel tempo perché il nostro tempo non finisca. Capiamo facilmente che Gesù è uomo, un uomo che rende umani, ma dimentichiamo che è Dio. Dove finisce la nostra vita quando si spegne la vita stessa?

Questo è il mistero vero del Natale che percorre la via contraria, cioè la vita senza tempo entra nel tempo, la vita eterna diventa finita, l’invisibile diventa concreto. “In principio”. All’inizio di tutto. “E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Dio, all’origine di tutto creatore di quel mistero che è il creato, che è la casa comune della terra, che è anche quel meccanismo delicatissimo che è il mio corpo, la mia mente, la mia anima, Colui che è prima di tutte le cose, l’origine della vita e della mia vita, il mistero di Dio che nessuno ha mai visto, ecco Gesù lo ha rivelato. Dio nasce per farci nascere al cielo, per farci conoscere la luce eterna e riconoscerla nel finito.

E’ l’infinito riflesso nell’umano, l’onnipotente che riconosciamo nell’umile. Quando saliamo in alto l’orizzonte si fa più largo. Tutta la nostra vita precipita in alto, verso il momento misterioso dell’incontro con la pienezza di questa luce. Lo abbiamo capito tragicamente in questi mesi, quando siamo stati raggiunti e travolti dall’ombra della morte, che in realtà ci accompagna sempre.

La pandemia ha ricordato in maniera globale che siamo tutti vulnerabili, che dobbiamo lottare per la vita, che questa ha un limite e che questo si presenta non desiderato, non scelto, ingiusto, disumano ma anche noto, atteso, sicuro. Non scappiamo! Non facciamo finta o minimizziamo! In realtà stiamo molto peggio ignorando il limite!

Quando riconosciamo che Gesù è la vita eterna viviamo meglio. Non che abbiamo capito tutto il mistero della vita e della vita dopo la vita, ma abbiamo capito il suo amore e sentiamo la sua presenza. Non interessa un po’ di vita, per andare avanti fin dove possibile, per vivacchiare! La vita vuole l’eternità, il “per sempre”.

Chi si è dovuto confrontare personalmente con la morte comprende di più il valore della vita, ne sciupa di meno e si pone il problema del futuro. Ecco, oggi, dopo la nascita di Gesù a Betlemme, non siamo più soli e l’incontro con il limite della vita incute sempre timore. Siamo liberati dalla paura perché Lui è con noi, sale sulla stessa barca e affronta le stesse tempeste. Natale libera anche dalla paura di Dio e ci riempie del timore di perdere quest’amore così vicino, tenero, di sciuparlo. Il nostro vero viaggio è dal basso della nostra condizione verso l’alto. Si parte da qui e si va verso Dio.

E’ in realtà il viaggio della vita, perché la vita cerca il suo futuro e cerca l’alto! Chi cerca le cose alte ha un cuore largo, non ridotto a piccinerie e meschinità, ma ha un cuore sempre molto concreto, perché chi va verso Dio va verso l’altro, perché l’amore per Dio è sempre intimamente unito a quello del prossimo. Dobbiamo compiere, come Dio, il viaggio dall’alto di noi stessi al basso del fratello, piegarci alle cose umili. Ecco, solo così capiamo dove siamo diretti. La vita e l’amore cercano sempre quello che non finisce, in tanti modi.

L’amore non è eterno fintanto che dura: l’amore dura perché è eterno. L’amore rende tutto amabile e prezioso, nostro senza possederlo. L’amore si comunica e dura nel tempo, non è mai perso, si trasforma. Sì, anche noi “abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia”. 

25/12/2020
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