messa della notte di Pasqua

bologna, Cattedrale

Questa lunga veglia – intessuta di preghiere, di sante letture, di riti sacramentali – vuol richiamarci l’intera storia dell’universo, per rivelarcela come una storia di amore e di salvezza: è l’iniziativa di un Dio che prima ci chiama all’esistenza; che poi ci insegue nei nostri sbandamenti; che alla fine ci raggiunge, ci prende e ci trasforma mediante il sacrificio e la vittoria del suo Figlio unigenito.

E così ci dispone a entrare e ad abitare per sempre nella sua casa di luce e nel suo Regno eterno.
Questa storia ha al suo centro un avvenimento che la domina tutta, che sollecita la nostra personale adesione di fede, che determina il senso e l’orientamento della nostra esistenza: è l’avvenimento della risurrezione di Gesù di Nazaret, il Crocifisso del Golgota che nella notte tra l’8 e il 9 aprile dell’anno 30 è ritornato alla vita.

Questo è il fatto che qui e in tutte le chiese del mondo in questa veglia viene annunciato e proclamato.

Gesù è vivo: è la notizia che ha cambiato il mondo. Gesù è veramente, realmente, fisicamente vivo: la Pasqua cristiana – nelle menti e nei cuori umani – non ha e non può avere contenuto diverso da questa persuasione certissima e indiscutibile.

Se non c’è questa persuasione, nella nostra mente e nei nostri cuori non c’è Pasqua in senso autentico e pieno.
Gesù è vivo non come talvolta si dicono vive nella nostra memoria le persone care defunte; o come, con un po’ di retorica, definiamo immortali i grandi pensatori o i grandi artisti. Che sono più che altro espressioni gentili e poetiche, ma senza alcuna plausibilità o consistenza.
Gesù è vivo in sé stesso e non solo nel ricordo altrui: è vivo nella realtà e non solo nella stima affettuosa dei suoi discepoli.

E’ vivo non per il fatto che l’anima non muore mai, ma perché l’intera sua natura di uomo (e dunque anche con le sue membra corporee, con il suo cuore di carne, con il suo respiro) è ridivenuta soggetto attivo di esperienza, di movimento, di attività.
E’ vivo non come era vivo Lazzaro, uscito sì dal sepolcro ma destinato ancora a morire. E’ vivo come uno che ha sconfitto definitivamente la morte; ce lo precisa san Paolo: “Cristo risuscitato dai morti non muore più, la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6,9).

Dio non colloca al centro della creazione e della storia il fatto della risurrezione del suo Figlio unigenito, ucciso sulla croce dalla malvagità umana, come qualcosa di occasionale e di secondario, qualcosa che si possa anche non prendere troppo in considerazione, qualcosa senza decisive conseguenze per noi; al contrario, Dio opera il prodigio pasquale perché, soprattutto a proposito di questo evento, noi abbiamo a esercitare la nostra libertà e a scegliere la nostra ultima sorte.

La Pasqua di Cristo è, da parte del Signore, una proposta offerta alla mente, al cuore, alla vita di ciascuna creatura: una proposta non facoltativa, una proposta alla quale non si può non rispondere, una proposta alla quale egli ci invita e ci sprona a rispondere positivamente.
La risposta positiva consiste nell’atto di fede pasquale: è l’atto di fede nella vittoria di Dio, cui bisogna tentare di far seguire la miglior coerenza nella nostra mentalità e nel nostro comportamento. Si tratta, come ci ha detto san Paolo, di “camminare in una vita nuova” (cfr.Rm 6,4).

Il Padre del cielo ci conceda di dire sul serio di sì al Signore risorto. E’ il sì che è stato detto dagli Apostoli, i quali dopo l’esperienza pasquale hanno cambiato il loro avvilimento in gioiosa speranza, la loro pusillanimità in testimonianza coraggiosa, il loro nativo egoismo nel dono della loro unica esistenza a vantaggio delle genti da evangelizzare.

Questa è la fede dei martiri che col loro sangue hanno fecondato le nostre terre e hanno qui suscitato il popolo dei credenti. E’ la fede dei nostri padri, che hanno segnato la nostra città con la costruzione di questa e di tutte le altre splendide chiese, colmate dalla presenza del Signore vivo che sta continuamente in mezzo a noi per rianimarci, per consolarci, per sorreggerci sulla strada che porta alla casa del Padre.

Proprio la fede ferma e coerente in Cristo risorto, liberamente accolta e successivamente confermata nell’itinerario che si sviluppa dalla rinascita battesimale, determina il nostro destino.
Il Signore, nelle ultime ore della sua permanenza tra noi, poco prima di salire al cielo, ce lo ha spiegato con estrema chiarezza: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,16).

In questa “santissima notte” vi auguro affettuosamente la buona Pasqua, nel convincimento che la Pasqua, per essere sul serio buona, deve essere prima di tutto “vera”.
La grazia della risurrezione di Cristo penetri profondamente nelle nostre coscienze, illumini le nostre intelligenze, colmi di pace i cuori, ci sospinga tutti con passi più risoluti e più animosi sulla via del rinnovamento.

19/04/2003
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