La Chiesa è gioia. A volte questa è solo uno spiraglio, che filtra nel buio inquietante e terribile delle tenebre ma illumina, perché “ci fa sentire infinitamente amati da Dio”. E nel buio la luce è più evidente! Altre volte, come oggi, è gioia manifesta, piena, bellezza che riempie tutta questa casa, la casa della Chiesa di Bologna e dei nostri cuori. Ed è già un motivo per ringraziare! È una gioia accompagnarvi davanti al Signore. Insieme. Perché la Chiesa è comunione, cioè una casa – e non un’azienda – dove le resistenze e le diffidenze generate dal nostro individualismo sono sconfitte da un amore per cui tutto ciò che è suo è nostro. Sì, il Padre lo condivide sempre, senza misure, con noi dissipatori e perduti come il figlio minore. Ama, per questo è pieno di gioia perché il figlio è tornato in vita e ciò dà il senso alla casa, che è per loro e perché tutti abbiano abbondanza, una vita piena. Ama, non calcola, non fa i confronti come il figlio maggiore, giusto e ferito, triste e respingente, che non sa fare festa perché non ama, e non capisce cosa significa misericordia e non sacrificio. Non sa riconoscere il fratello e, in fondo, resta solo lui, prigioniero dei suoi giudizi, del suo rancore che cancella la fraternità, del male che aveva subito. Ecco, oggi questa nostra casa – la sento e voglio tanto che tutti la sentiamo per quello che la Chiesa è, una famiglia, perché così ci tratta Dio e vuole che siamo con Lui e con il prossimo – accoglie la festa vostra e nostra, delle vostre famiglie e delle comunità che vi hanno generato alla vita e alla fede.
La Chiesa non è virtuale, tanto da pensare di poterle dare il significato e la presenza che vogliamo noi senza coinvolgere la nostra vita. La Chiesa è corpo, persone, nomi concreti, così come sono, con i loro limiti, contraddizioni, peccati, che sono impedimento per chi è attratto dalla pagliuzza e non dall’amore. Dio ci chiama così e dona la sua vita non per i sani ma per i malati, non per i giusti ma per i peccatori. E ci chiede di fare lo stesso e di non aspettare che uno stia bene o abbia offerto tutte le garanzie! Rischia, dona fiducia, perché ama, chiede di essere amato! Ama non per impadronirsi di noi, per imporsi o usarci. Ama e non ci lascia mai soli: ci cercherà sempre perché ama. Siamo noi a tenere la porta chiusa, ma Lui è fuori che bussa! Solo amando capiamo il suo mistero, che è anche quello della nostra vita, del suo senso, del fine e della fine. L’amore rende visibile quello che è invisibile. Lo sappiamo che le cose essenziali non si vedono ma sono quelle che fanno vedere. L’anima non si vede, eppure dona vita vera a tutto il corpo, il cuore, la mente. “Non vediamo il Signore stesso, ma vediamo gli effetti: così possiamo capire che Gesù è presente”, disse Papa Benedetto XVI. Sono proprio le cose invisibili le più profonde e importanti che rendono preziosa e bellissima la nostra povera vita. Il suo è amore pieno, non per meriti. Siamo sempre fragili e inadeguati. Lo scopriremo davanti ai problemi, a quelle persecuzioni di cui ci parla il Vangelo, che è tutt’altro che elisir di felicità a poco prezzo e senza il nostro coinvolgimento.
Non possiamo seguire Gesù senza amarlo, perché la sua forza richiede la nostra libera e personale scelta. Ci chiama Lui ma noi dobbiamo rispondere, altrimenti resta da solo Lui e anche noi. È il suo amore che ci fa desiderare di essere migliori, di cambiare, come avviene quando si ama. È questo il legame dei cristiani, che ci aiuta più di qualsiasi professionista a capire chi siamo, che ci giudica ma ci comprende, non ci asseconda nel nostro peccato ma ci ama per come siamo, e ci aiuta ad essere diversi. La vocazione è sua e vostra, è vostra e nostra, è dentro di noi, è il nostro io più vero e profondo che, però, ha senso e ne comprende il significato quando è in relazione col prossimo. La vocazione è scoprire liberamente – perché non si ama senza essere liberi e la libertà viene prima dell’amore, e il legame che ci unisce a Dio e alla Chiesa è garanzia di libertà non prigione – quello che desidero, che mi fa felice, che risponde alla mia domanda profonda. La vocazione è sentire cosa Dio ci chiede e ci chiederà, capendo quindi cosa ci stiamo a fare a questo mondo, e ci libera dalla paura di donare quello che siamo. Che gioia c’è a conservarsi? Che amore è possedere? Come facciamo a capire senza Dio e, invece, a farlo con la ricerca dei risultati, della carriera, del successo, della prestazione? Dio ama e chiede di amare: Lui, il prossimo, te stesso.
Invocheremo lo Spirito su di voi, che è Sapienza, quella forza che fa scoprire la vera ricchezza che abbiamo nel cuore e che il prossimo ugualmente ha, che fa cercare l’essenziale, che rende tutto bello perché in tutto scopre la presenza di Dio, la bellezza che “non tramonta.” Intelletto, per unire il cuore e la mente, per dare intelligenza all’amore e saper comunicare l’intelligenza spirituale del cuore che il Vangelo ci dona; Consiglio, per entrare nelle situazioni, per non essere mai indifferenti ma nemmeno superficiali, per volgere tutto al bene e guardare lontano, non essere consumisti di esperienze, poveri di vita, approssimativi e distruttivi. Fortezza, per resistere ai fallimenti e alle delusioni, per non scendere a compromessi con il male, per scegliere sempre il bene anche quando sembra inutile o troppo esigente, per dire sì quando è sì e no quando è no, come disse l’Abate Padre Edoardo, senza confondere l’uno con l’altro, cosa che a volte è facile anche nel cercare e vedere solo il male, credendo così di combatterlo e finendone invece alleati e prigionieri. Scienza, per contemplare il creato e le creature come doni e riflessi del Creatore, per illuminare con il Vangelo la vita di tutti i giorni. Pietà, perché la fiamma del suo amore sia custodita nella stanza del vostro cuore, e possiate tenerla in alto perché dia luce di amore e di umanità a tanti che la cercano, perché il mondo è diventato disumano e i cuori sono accecati dall’istinto e dall’ideologia, e perché possiate pregare con l’insistenza della vedova, con la fiducia dei bambini, con l’abbandono dei figli. Timor di Dio, conservatelo sempre, non la paura ma il rispetto, l’onore, la venerazione per un Padre che è la persona più importante della nostra vita, che ci aiuta sempre a capirla perché la Sua Parola “penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito” e “discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”, che spesso facciamo fatica a comprendere, e ci riconcilia perché ci presentiamo come siamo. “Tutto è nudo e scoperto agli occhi di Colui al quale noi dobbiamo rendere conto”, non vogliamo perdere il suo legame e che non vogliamo deludere, facendo la sua volontà che portiamo impressa nei nostri cuori.
Oggi nessuno si fa triste, scuro nel volto, perché capiamo che Gesù non chiede uno sforzo impossibile, duro, un sacrificio in più, ma solo amore. Se capiamo che ci ama diciamo volentieri: “Eccomi”. Così un cammello passa, la porta non è stretta, la povertà è ricchezza. Seguire Gesù non fa perdere ma trovare! Tutto è possibile a Dio. E vediamo, vedo, vedete, vedrete, farete vedere il cento volte tanto, in case, fratelli e sorelle, madri e figli, e campi. E noi abbiamo lasciato davvero poco! Certo, Gesù ci dice anche che non è un amore che evita il male ma lo affronta, che ciò significa anche “persecuzioni” ma pure la vita che non finisce e che inizia già oggi. Chi ama il Signore scopre il prossimo, diventa amico di tutti, come Francesco di Assisi! Non abbiamo paura dell’amore, che ci prenda troppo, che restiamo senza alternative. Dio non è un’entità, un amore impersonale ma un tu, perché amore vero non per farci star bene ma per farci amare, perché solo così stiamo bene. Quell’uomo cerca una regola e, invece, trova un amico. La nostra e la vostra regola sia sempre l’amore, con la libertà di questo ma, allo stesso tempo, con la radicalità e il sacrificio che questo volentieri fa vivere. Quell’uomo chiedeva qualcosa da vivere individualmente, da portarsi via, e viene raggiunto dalla proposta di seguire Gesù, di restare con Lui, di essere discepolo. Il tesoro nel cielo, che a volte potrà sembrarvi non ci sia, il cento volte tanto ve lo farà vedere, e dura per sempre perché dura quello che regaliamo. Le ricchezze del mondo occupano il cuore, lo soffocano, lo induriscono! Basta vedere dentro e fuori di noi: quanto poco amore e, invece, quanta attenzione al denaro, all’esibizione di sé, al vanto del proprio io, quanta ricerca sconsiderata per ottenerlo a tutti i costi! Non si può voler bene a qualcuno ed al denaro allo stesso tempo! Il ricco avrà pensato che quelle ricchezze erano la sua vita e che donarle significava perdere tutto, non essere più niente. Rivela che ha paura di essere se stesso, ha paura di amare perché il suo cuore erano le ricchezze! Donare non significa povertà, ma libertà. E questa non si trova con i compromessi, conservando un pezzo, aggiustando. Non stiamo bene perché abbiamo tanto, ma perché amiamo tanto! Cosa significa essere perfetti? Non è non sbagliare, avere tutte le risposte, ma servire e farsi amare. Questo è il primo passo, e ed quello, se Dio vuole, del presbiterato. Sempre servi, figli, fratelli, pensandosi per gli altri, lo siete e lo sarete! E vivetelo perché tanti trovino il loro servizio e abbiano gioia a donare, vedendovi.
Cari Riccardo, Samiel, caro Samuel della Società San Giovanni, il mondo è davvero un ospedale da campo. C’è tanta rassegnazione alla logica della guerra. La guerra crea solo sofferenza, angoscia, morte, ferite profondissime nel corpo e nella psiche. Ed è proprio vero che più accettiamo la mentalità della guerra per cui si annienta l’avversario, non si dialoga, si distrugge il nemico, non si cerca la via indispensabile del pensarsi insieme. E più sarà difficile difendere i princìpi autentici di uno Stato di diritto, della persona nel suo rispetto integrale, ma anche il rispetto del bene comune, che significa pure cercare sempre il massimo del consenso e non l’imposizione della maggioranza, per una casa comune dove i diritti e i doveri siano garantiti e dove si combatta con la legalità l’illegalità. E nell’ospedale spirituale si cura con l’amore di Gesù, parlando di Lui o facendo parlare il nostro amore, senza timore di apparire esagerati. Ecco, amate una Chiesa che sia una comunità di speranza e di amore. Prendete coraggiosamente il largo con le vele spiegate al soffio dello Spirito. Non abbiate paura! Costruiamo questa famiglia senza confini, non siate mai single che si pensano da soli o che impongono agli altri quello che pensano loro o che si costruiscono piccoli circoli! Vi accompagnino i santi del cielo e quelli della terra! E Maria, nostra Madre, ci protegga e ci insegni ad essere uniti e attenti verso tutti. Con fede umile e forte, con una speranza perseverante nelle prove, e con la convinzione di un amore che rende possibile a chi crede di vedere oggi il riflesso della vita che sarà, certi dell’amore infinito di Dio Trinità.