Messa per la memoria di san Tommaso D’Aquino

La memoria di san Tommaso d’Aquino è motivo di ringraziamento per il dono del suo carisma, così intimamente unito a quello della famiglia domenicana, e di questa tavola che ci nutre nella fraternità di Colui che si è fatto commensale e cibo per il nostro cammino, pane degli uomini e degli angeli. Gesù continua ad aprire gli occhi della nostra mente, a farci ardere il cuore nel petto, rendendo scrutabili “le imperscrutabili ricchezze”. Non possiamo conoscere San Tommaso se non attraverso la sua venerazione per l’Eucarestia, che tanto motiva il suo studio e la sua ricerca. È Cristo stesso che ci aiuta a scrutare le imperscrutabili ricchezze, mostrandocele vicine, offrendosi. Sono parole che i piccoli comprendono, e questo è sempre un monito per restare piccoli, anzi per esserne sempre più consapevoli ed evitare il rischio, sempre presente e così facile, di farsi e credersi sapienti e intelligenti. Sono queste le ricchezze che rendono ricco il credente, che accendono il mondo intorno perché illuminate dall’amore, che portano e aprono alla vera contemplazione del creato e ci fanno così intuire e conoscere il Creatore.

Le ricchezze diventano scrutabili con la preghiera e con lo studio. È l’atteggiamento di Maria, sorella di Marta: mettersi ai piedi di Gesù, senza il quale gli affanni, pure così inevitabili, ci fanno perdere la parte migliore e ci esauriscono. Ecco, allora scrutiamo le ricchezze unendo la fede e la ragione, la Parola e la storia, l’ortodossia e l’ortoprassi, la ricerca personale che trova il suo compimento nella comunione, cioè nel camminare assieme. Seguendo il Santo Padre Domenico scegliamo di annunciare a tutti le impenetrabili ricchezze di Cristo, ascoltando pertanto Dio e l’uomo. Sono le ricchezze che aiutano a comprendere la ricchezza che è ogni persona ed è una ricerca che ci aiuta a trovare le nostre migliori ricchezze. Conoscere Gesù ci apre al progetto eterno che egli attua. E Gesù non si conosce senza aprire il cuore, senza incontrarlo nella condivisione. Ci sia di monito quel “non vi conosco” che raggiunge chi era vicino ma distante con il cuore.

Capiamo bene allora l’invocazione di Gesù perché i suoi discepoli siano custoditi e siano una cosa sola, tra loro e con Lui. Per essere una cosa sola tra di noi dobbiamo conoscere Lui, cercarlo, seguirlo. Siamo custoditi se restiamo da soli con Lui nella preghiera e nello studio, contemplazione faccia a faccia, senza diaframmi, senza inganni, senza riserve, senza zone d’ombra perché illuminati interamente dalla tenera luce della misericordia. Non c’è niente di nascosto che non può essere amato, anche quello che nascondiamo a noi stessi, che non sappiamo comprendere o che abbiamo timore di riconoscere dentro di noi. La luce della sua misericordia è ben diversa da quella intermittente delle infinite e ingannevoli interpretazioni del nostro io, così come dalla verità abbacinante dei farisei, con la loro giustizia ipocrita e disumana. L’amore è scrutare noi Gesù e farci scrutare da Lui, lasciare che illumini tutto e tutti perché luce di amore intimo a noi stessi più di noi stessi e luce della ragione che illumina la nostra mente, anche quando questa misura la distanza tra il proprio desiderio e la capacità di realizzarlo, tra la propria fede e l’incredulità che ci accompagna sempre, tra la conoscenza e quello che resta avvolto nel mistero. Ed è proprio questa la nostra vera grande libertà.

Ma siamo custoditi anche quando custodiamo il prossimo, se non diventiamo del mondo, se non scappiamo dal mondo o ci costruiamo un mondo nostro, fosse solo l’infinito individualismo digitale, connesso con tutti e in realtà terribilmente solitario. Gesù non ci toglie dal mondo, anzi ci manda dentro il mondo, nella messe, nella difficoltà di entrare nelle case e di percorrere le strade, di riconoscersi vulnerabili e di incontrare la vita così com’è. E lo studio, sempre accompagnato da quell’incontro personale con il prossimo per il quale non c’è condizione che ci faccia ritenere esenti, è sempre anche un modo che aiuta ad incontrare la messe, a capirla, a rendere vicine le imperscrutabili ricchezze. La Chiesa non è se stessa proprio quando riduce il mondo al suo mondo, quando parla una lingua da iniziati, quando si chiude. La Chiesa è se stessa piuttosto quando esce come a Gerusalemme, quando si libera dalle protezioni che pensiamo la proteggano mentre in realtà la allontanano e diventano una prigione. La Chiesa parla la lingua che tutti comprendono e che arriva al cuore.

Gesù non ci toglie dal mondo ma ci custodisce dal maligno. E possiamo essere fuori dal mondo ma raggiunti ed esposti al maligno. Noi non temiamo chi può uccidere il corpo, ma l’anima. E siamo custoditi dal maligno perché suoi, perché pieni del suo amore, cioè del suo Spirito. Quindi anche nello studio, sempre accompagnato dall’incontro personale, nella ricerca interiore che diventa conoscenza e condivisione, aiutiamo Gesù a raggiungere tanti, perché siamo una cosa sola con i tanti che sono suoi e che noi dobbiamo raggiungere con il Vangelo. Siamo consacrati nella verità, cioè siamo suoi, santi, perché suoi, verità che non smettiamo di comprendere e che si rivelerà pienamente faccia a faccia, quando finalmente capiremo e ritroveremo tutto. Siamo santi per Lui non per noi. Siccome la verità è Cristo l’amore, siamo suoi e così siamo davvero noi stessi. Perdiamo noi stessi e così troviamo noi stessi. Camminiamo assieme non solo tra noi, ma con tutto il popolo nascosto, per comunicare la verità di sempre, ma che parla oggi.

Chi è toccato nel profondo dalla presenza dello Spirito di Gesù supera gli orizzonti del proprio egoismo e si apre ai veri valori dell’esistenza.  Il Papa ha detto che è necessaria «un’atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione e di fede». Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso è un mediocre. Sant’Agostino sintetizzava che «comprendi per credere e credi per comprendere». San Tommaso mostra quanta nuova vitalità deriva al pensiero umano dall’innesto dei principi e delle verità della fede cristiana. Quindi cerchiamo un pensiero aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo. San Tommaso, affermava papa Benedetto, «si interroga, studia per distinguere ciò che è valido da ciò che è dubbio o da rifiutare del tutto, mostrò che tra fede cristiana e ragione sussiste una naturale armonia, con rigore, acume e serena pacatezza». Lo faceva con la predicazione sia nei suoi sermoni a livello universitario sia a livello popolare. In questa predicazione al popolo colpisce la capacità di Tommaso di un discorso semplice, chiaro, gustoso. Aperto alle inesauribili novità dello Spirito. Si può fare teologia soltanto “in ginocchio”, altrimenti la teologia non solo perde l’anima, ma perde l’intelligenza e la capacità di interpretare cristianamente la realtà. Quanto è importante oggi una riflessione teologica e scientifica capace di andare oltre il «già saputo», perché insieme ad intellettuali, umanisti e scienziati, sappiamo affrontare il cambiamento d’epoca nel quale siamo immersi.

Tommaso alla fine della vita scriverà che «come la lucerna non può dare luce se non viene accesa dal fuoco, così la lucerna spirituale non illumina, se prima non arde ed è infiammata dal fuoco della carità». Aiutiamo a ritrovare Dio in un mondo irrazionale, come ha detto il Censis, come si vede in tante posizioni gridate, nella pancia che pensiamo risolva tutto. Con san Tommaso preghiamo così: «Concedi, o Dio, misericordia al misero, perdono al reo, vita a chi è morto, giustificazione all’empio, e di riconoscere Te mio Signore e di ringraziarti sempre di tutti i benefici elargitimi da te, e di fare questo con somma gratitudine di cuore. Accordami anche di benedirti sempre, di lodarti e di magnificarti in ogni cosa, e di fare questo con sommo giubilo e tripudio del cuore. E obbedendo a Te in tutto ed essendoti sottomesso, sia sempre ricreato dalla tua dolcissima e ineffabile soavità, stando alla tua mensa con i tuoi santi angeli e gli apostoli, sebbene del tutto indegno e ingrato. Tu che con il Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni, Dio, benedetto nei secoli. Amen».

Bologna, San Domenico
28/01/2022
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