Messa per Santa Barbara, Patrona del Corpo dei Vigili del Fuoco, Artiglieri e del Genio Ferrovieri

È una gioia celebrare assieme la vostra Patrona, con tre pezzi tutti importanti, come nel corpo ogni membro è utile e insostituibile: i Vigili del Fuoco, i Genieri e gli Artiglieri. I primi devono affrontare tutte le emergenze e prepararsi con grande professionalità per non esserne travolti, per non spaventarsi, per essere rapidi ed efficaci. Quanto è vero che nella tempesta delle tante forze che distruggono abbiamo bisogno di queste qualità! E quanto è sconsiderato, al contrario, il fatalismo, l’incoscienza che “andrà tutto bene” quando sappiamo, invece, che non andrà tutto bene e crediamo di poterci non preparare, non costruire con responsabilità un sistema di prevenzione! I Genieri devono inventare quello che non c’è, in particolare quelli ferrovieri, per comunicare, e ciò è indispensabile per essere efficaci e per aiutare gli altri. Essi devono essere versatili, cioè sapersi adattare e adattare. Non è anche questa una grande qualità, richiesta a tutti, non per fare di meno ma di più, e per permettere ad altri di fare e di affrontare sempre la tempesta? Gli Artiglieri hanno una funzione di sorveglianza, di ricerca per affrontare i rischi e la capacità di operare per la rivelazione di aree contaminate, tanto da essere importanti per le operazioni di supporto alla pace. La pace ha sempre bisogno della manutenzione e penso che proprio questo è indispensabile perché non resti un auspicio, perché il ripudio della guerra sia efficace, e soprattutto gli accordi, che possono essere l’unico modo per mettere fine ai conflitti e prevenirli, hanno bisogno proprio di supporto, convincente e efficace.

Ci prepariamo al Natale, al Giubileo, una grande opportunità che ci aiuta a compiere quello che viene definito il viaggio più difficile, quello dentro noi stessi, che possiamo scegliere solo noi. Ci aiuta chi conosce il nostro io più di noi stessi, perché intimo al nostro cuore, perché ci ama e illumina anche le parti più nascoste, inconfessate e inesplorate. Dio è intimo al nostro cuore più di qualsiasi interprete e tecnico perché ci ama. Il Giubileo indica la speranza come uno dei frutti del rinnovarsi. Abbiamo bisogno di speranza, di luce, di non arrenderci alle difficoltà, quelle personali, alle avversità che ci travolgono e rivelano come la nostra fragilità non sia un alieno che si è impadronito di noi ma che fa parte della nostra vita. Abbiamo bisogno di speranza per “vedere la spiga quando i miei occhi di carne non vedono che il seme che marcisce”, diceva don Primo Mazzolari. E se non vediamo la spiga finiamo per rendere la speranza un auspicio, indipendente da noi, tanto che svanisce appena si scontra con qualche problema. Così, difficilmente gettiamo il seme nel campo e restiamo soli con tante possibilità. Chi vuole salvare la sua vita la perde.

Abbiamo bisogno di Gesù. Dio nessuno lo ha mai visto, Gesù lo ha rivelato. Questa è la nostra fede, ed è una rivelazione sempre sorprendente, perché ci aiuta ad essere umani, fragili come siamo e non dei forti che non aiutano il prossimo, che posseggono e consumano, che guardano il mondo con indifferenza. Dio non fa così, e noi sì? Noi nutriamo l’io e Dio viene per noi, perché l’amore non è mai al singolare, ma crea il plurale, l’incontro, quello che ci fa capire chi siamo, e il valore che abbiamo. Che senso hanno i nostri pezzi se non conosciamo e amiamo il corpo per il quale esistiamo? Pare che S. Agostino dica che l’inferno è pieno di narcisisti, che annullano anche Dio e devono stare senza di lui per guardarsi e studiarsi, per affermarsi e non specchiarsi nell’altro. E fare così ci conduce inevitabilmente all’inferno del non amore.

Ecco il Natale! In realtà è Dio che ha fiducia di noi, che ci cerca, che si mostra, che ci fa vedere la Sua presenza, la Sua luce. È spirituale, certo, ma sappiamo che si vede bene solo con il cuore, come non si ascolta bene se non con il cuore, non si parla bene se non con il cuore. Dio, insomma, viene a darci cuore, a renderci capaci di amare e di amarci, di non restare in superficie, di non finire vittime delle cose, perché tutto è nostro se amiamo. La speranza è il più grande che si fa piccolo e richiede solo il cuore. Deve farsi largo nelle nebbie dello scetticismo, dei fallimenti, delle delusioni, delle paure. Ma la speranza umilmente ci libera dalle tristezze che sconsigliano l’impegno, la passione. Non c’è tanta speranza. Il mondo sembra sconsigliare di guardare al futuro per tenersi stretto più che possiamo il presente. Ma a che serve quello che abbiamo se non serve per qualcuno che verrà? Se non serve per chi non vediamo ma che vedremo solo se seguiremo Gesù che ama, gratuitamente, che dà fiducia, che paga sempre il prezzo della speranza? Fare, cioè, qualcosa quando ancora non vedo nulla, gettare il seme anche se sembra non convenga. È possibile a tutti. Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo.

Santa Barbara era debole, tradita da tutti, ma fortissima perché piena di amore. Tradita da chi avrebbe dovuto amarla, ma voleva solo possederla, imporre quello che voleva lui. Nel possesso, amplificato dallo scambiare l’amore per prestazione ed esibizione, si nasconde il seme di tanta violenza che, come ha detto ieri il papà di Giulia Cecchettin, porta ad un’amarissima sconfitta per tutti.

Alla fine Santa Barbara è condannata alla decapitazione ad opera del padre, che viene poi incenerito da un fulmine subito dopo. Chi di spada ferisce di spada perisce. Per questo motivo Santa Barbara viene assunta a Patrona di quanti trattano esplosivi o di coloro che sono esposti a morti improvvise, oltreché di tante categorie di lavoratori. Il male non vince ed è sempre distruttivo anche di chi lo compie. La nostra missione è sempre quella di salvare le persone, di proteggerle, di non lasciarlo fare ad altri ma di farlo noi, di affrontare il male e dominarlo. Ne abbiamo visto recentemente la forza nelle alluvioni, che chiedono di pensarsi assieme, perché siamo davvero tutti sulla stessa barca. E Dio sale su questa perché non si perda ma arrivi all’altra riva. Ma possiamo farlo solo insieme. “Nessuno di noi, da solo, potrebbe essere in grado di fare nulla, se non si lavorasse con un grandissimo gioco di squadra, ognuno con il suo ruolo e con un senso del dovere che va al di là del concetto di pubblico impiego e di un normale orario di servizio. Tutti noi viviamo pensando che l’obiettivo possa essere raggiunto in qualunque giorno e in qualunque ora dell’anno, spesso a discapito di quelli che vengono considerati aspetti personali”. Il Signore ci illumini con la sua speranza, con l’intercessione di Santa Barbara.

Bologna, Cattedrale
04/12/2024
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