Questa sera ringraziamo perché possiamo contemplare la vittoria del cristiano, come il seme di amore dona tanti frutti che durano per sempre. Ricordiamo il seme caduto in terra della vita di Sant’Elia Facchini, martire, testimone, la cui santità è un dono che ci viene offerto perché siamo confortati dalla sua testimonianza.
I santi, infatti, ci incoraggiano, dimostrano che è possibile vivere il Vangelo e non lasciarci infiacchire dal male che vuole farci credere che non vale niente fare qualcosa. La santità mette in circolo speranza e forza, mentre il male semina pessimismo, fa credere che possiamo stare bene conservando la nostra vita, curando la nostra immagine e non rendendo bello e importante colui che incontriamo.
In questo tempo di pandemia, poi, capiamo con più concretezza come l’amore di Gesù sempre ci chiama al bene e come il bene è universale. Capiamo nello scontro con il male perché Gesù è venuto a combattere con noi la pandemia ultima, quella della morte. Se la pandemia è il male che colpisce tutti, senza distinzioni, dai presidenti agli anziani scartati, l’amore di Gesù è il suo contrario: è un bene per tutti, senza distinzioni, senza pregiudizi, che difende tutti e riconosce in ognuno la bellezza di Dio, la sua immagine.
Sant’Elia visse proprio questo amore universale, diventando testimone fino in terre lontanissime. E allora una prima domanda: abbiamo un amore per tutti? Quante categorie ci condizionano, limitano, tracciano confini interiori che non superiamo, giustificano il nostro non amore, addirittura perfino l’odio. Sant’Elia Facchini partì da un luogo in fondo piccolo come Reno Centese. Si mise in cammino seguendo Gesù e San Francesco. Non si è mai così piccoli da non potere aiutare gli altri e ovunque. Il mondo è grande ma tutto inizia sempre da un luogo preciso, umile e si diventa grandi e capaci di amare tutti non perché si ci si crede tali o si è considerati importanti o ci si mette al centro, ma perché umili e quindi leggeri ci lasciamo innalzare da Dio.
Sant’Elia era già grande di età quando decise di partire per andare a Roma, all’isola di S. Bartolomeo, nel collegio delle Missioni. Adesso proprio in quella Basilica si venerano i tanti martiri del secolo scorso. Elia non aveva trovato un programma chiaro, sicuro, dettagliato su ogni particolare, come piace a noi per sentirci sicuri ed al quale subordiniamo le nostre scelte. Si affidava all’amore di Dio e questo lo rendeva forte. Amava Dio e San Francesco, la sua semplicità, il suo amore per gli altri, l’essere piccolo fratello universale.
Ricordando Sant’Elia e la Cina, preghiamo per questa nazione che è un continente, perché la chiesa che in essa vive, possa crescere nell’unità con il Vescovo di Roma, superare le difficoltà e seminare il Vangelo che dona sempre frutti originali e buoni per ogni terra.
La seconda domanda è la gioia nella prova. Non è affatto scontata, anzi. Gesù parla della beatitudine degli afflitti, non, ovviamente dell’afflizione! Il primo martire è Gesù stesso, esempio che imitiamo come dei bambini e degli innamorati per vincere come Lui il male. Il Signore non cerca la sofferenza, non vuole bere il calice amaro della prova, ma compie sempre la sua volontà. Questa è la forza nella prova.
Noi nella prova ci sentiamo vittimisti, in diritto di lamentarci, a volte di chiedere vendetta o di essere aggressivi, mentre Gesù perdona e non si lascia attaccare dal male. Il martire combatte il male con la forza dell’amore, l’unica che può vincere il nemico che è la morte. Attenzione, forza che può apparire perdente, inutile, eppure è l’unica che fa conservare la vita.
C’è sempre una prova. Gesù non ci nasconde questo. Chi segue Gesù affronta anche le difficoltà più grandi, le tante pandemie. Gesù non è un’assicurazione per la vita nel senso che ci toglie dai problemi, ma è Dio uomo che ci chiede di amarlo per vincere, con Lui, il male e di seguirlo nel suo amore per il Padre e per il prossimo. Lui per primo vive fino in fondo quel comandamento che ci chiede, che è il più grande e che i cristiani, tutti, sono chiamati a mettere in pratica: ama il Dio tuo con tutto il tuo cuore e il prossimo come te stesso.
Lo abbiamo visto in questa grande prova che è stata la pandemia! La prova ci prova, rivela i veri sentimenti e le fragilità del nostro cuore. Non si tratta di coraggio e nemmeno di coerenza, ma solo di amore, se ami per davvero o solo finché ti conviene; se ami o inganni, giochi; se ti leghi o possiede e usi; se ti serve per la tua immagine o è un legame che ti prende dentro e che non negozi perché ti è caro.
Il mondo vi odia, dice Gesù. Il mondo ci odia perché vuole che anche noi odiamo. Se siamo uguali al mondo il mondo non dirà nulla. Il mondo odia perché odia l’amore, gratuito, odia chi non risponde al male con il male, odia chi non sparla degli altri e cerca sempre il meglio che c’è in ognuno, odia chi perdona invece di odiare, odia chi unisce e non chi divide. Odia perché il male non sopporta l’amore. Il cristianesimo non cerca l’odio ma non si mette d’accordo per starsene tranquillo, non si fa gli affari propri.
Quale amore vero non chiede anche prove? La vita è piena di prove! Il benessere ci fa credere che possiamo vivere senza oppure ci blocchiamo alla prima delusione. Gesù ci insegna ad affrontarle e ci fa capire che in tutte le prove lui è lì con noi. Nella prova della pandemia abbiamo visto uomini che hanno amato gli altri, alcuni che hanno pagato di persona, con la vita ma che non vogliono essere chiamati eroi perché sanno che hanno fatto quello che andava fatto. Non salvano sé stessi ma solo per amare.
Sant’Elia Facchini voleva che gli altri incontrassero Gesù e lui ha lasciato l’immagine viva con la sua vita. Tutti siamo chiamati a farlo. Iniziamo da chi abbiamo vicino. Costruiamo ponti di amore, di attenzione. Iniziamo ad essere fratelli con tutti perché non cresca il seme della violenza che trova spazio quando l’altro è un nemico, uno sconosciuto, un pericolo. La forza di Sant’Elia fu quella di san Francesco che scrisse, ed è anche il nostro impegno e la nostra benedizione: “Dov’è carità e sapienza, ivi non è timore né ignoranza. Dove è pazienza e umiltà ivi non è ira né turbamento. Dove è povertà con letizia, ivi non è cupidigia né avarizia. Dove è quiete e meditazione, ivi non è affanno né dissipazione. Dove è timore del Signore a custodire la sua casa ivi il nemico non può trovare la via d’entrata. Dove è misericordia e discrezione ivi non è superfluità né durezza”.
E’ una questione di amore. Solo questo ci dona una forza alla quale nessuno può resistere, sorprendente, debole eppure capace di gesti e parole straordinarie. “Rapisca ti prego o Signore l’ardente dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato di morire per amore dell’amor mio”. Come Sant’Elia Facchini. Per amore tuo, quello che non finisce mai e dura in eterno e rende feconda e piena di frutti la nostra debole vita.