Natale del Signore

Bologna, Cattedrale

L’Anno Santo – cui con questo rito abbiamo dato inizio entro la vita ecclesiale bolognese – è nella sostanza un incontro particolare e particolarmente ricco di grazia con il Signore Gesù, il Verbo eterno di Dio che quasi duemila anni fa “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

Quest’anno benedetto – che illumina, impreziosisce e tenta di santificare la fine del secolo e del millennio – comincia nel contesto della festività natalizia: una ricorrenza che sempre tocca il cuore e suscita negli animi il desiderio, quasi la nostalgia, di una più grande bontà, di una migliore e più fraterna convivenza tra gli uomini, di giorni più sereni, di una più sicura e più stabile pace in ogni angolo della terra.

E’, per così dire, la valenza umana del Natale e la più facile da percepire; ed è già un grande dono. Abbiamo tutti bisogno – noi che quotidianamente dobbiamo misurarci con le durezze prosastiche dell’esistenza – di essere richiamati ogni tanto a più elevati pensieri, a sentimenti più degni, al fascino consolante della poesia. E’ giusto dunque che abbiamo a godere di questo aspetto più semplice e più immediato dell’antica solennità.

L’incontro con Cristo possiede sempre però anche una dimensione più seria e più impegnativa, se non altro perché ci invita a scegliere tra due opposte reazioni: quella di coloro, come gli abitanti di Betlemme, che pur essendo già “suoi” (perché egli è il Signore di tutti) gli si chiudono e non l’accolgono; e quella di coloro che invece fattivamente “credono nel suo nome” e così ricevono “il potere di diventare figli di Dio” (cf Gv 1,12), come ci ha detto l’evangelista.

Tutto ciò è specialmente evidente in questo Natale che inaugura l’anno giubilare.

Il Giubileo non può ridursi all’osservanza di qualche modalità prescritta, a gesti puramente esteriori, a formule di preghiera ripetute senz’anima; e nemmeno a pellegrinaggi che non si distinguessero abbastanza dalle gite turistiche. Il Giubileo è, nella sua accezione più autentica e primaria, un energico appello rivolto a ciascuno di noi perché si converta; cioè perché trovi il coraggio di cambiarsi in meglio di dentro; e quindi di togliere ogni incoerenza e ogni atteggiamento incompatibile col Vangelo, nonché di crescere nella fede e nella carità. In una parola, di dilatare il Regno di Dio negli spazi del proprio mondo interiore.

Un incontro particolarmente ricco di grazia, s’è detto: tutto comincia di qui. Appunto questo straordinario appuntamento con l’unico Salvatore nostro e di tutti può avviare efficacemente l’impresa della nostra rinascita e del nostro rinnovamento spirituale.

Prima di ogni altra cosa, dobbiamo conoscere e riconoscere colui che è nato a Betlemme per quello che egli è. Conoscere e riconoscere Cristo nella sua piena verità, senza lasciarci distrarre dalle frivole o interessate precomprensioni ideologiche del suo mistero né dalle chiacchiere vuote che si fanno su di lui o dalle arbitrarie rappresentazioni della sua vicenda.

Egli, secondo la parola ispirata di Pietro a Cesarea di Filippo, è “il Figlio del Dio vivente” (cf Mt 16,16). Dall’eternità è “irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza” (cf Eb 1,3), come abbiamo ascoltato. E’ colui che fin dal principio era presso Dio e “tutto è stato fatto per mezzo di lui” (cf Gv 1,2). Ed è nato nel tempo dalla Vergine Maria, divenendo uno di noi.

Proprio perché, rimanendo consostanziale all’Eterno, si è fatto partecipe della nostra condizione di miseria e di pena, assimilato in tutto a noi tranne che nel peccato, egli è il principio, la ragione, la causa del nostro riscatto.

L’intero anno che seguirà sia perciò preso dalla contemplazione di colui che è il “Festeggiato” del Duemila, così che giorno dopo giorno cresca nel nostro cuore la gratitudine e l’amore per lui. Facciamo nostri gli accenti appassionati e la limpida fede di san Clemente, terzo vescovo di Roma dopo san Pietro, che così scriveva ai cristiani di Corinto: “Questa è la via, fratelli carissimi, in cui troviamo la nostra salvezza: Gesù Cristo, mediatore del nostro sacrificio, difensore e aiuto della nostra debolezza. Per mezzo di lui possiamo guardare l’altezza dei cieli, per mezzo di lui contempliamo il volto purissimo e sublime di Dio, per lui sono stati aperti gli occhi del nostro cuore, per lui la nostra mente insensata e ottenebrata rifiorisce nella luce, per mezzo di lui il Padre ha voluto che noi gustassimo la conoscenza immortale” (Prima ai Corinzi 36,1-2).

Identici accenti e identica fede noi ritroviamo nel documento con cui Giovanni Paolo II indice il Giubileo: “La nascita di Gesù a Betlemme – egli dice – non è un fatto che si possa relegare nel passato. Dinanzi a lui, infatti, si pone l’intera storia umana: il nostro oggi e il futuro del mondo sono illuminati dalla sua presenza. Egli è il ‘Vivente’ (Ap 1,18), ‘colui che è, che era e che viene’ (Ap 1,4)…Incontrando Cristo ogni uomo scopre il mistero della propria vita. Gesù è la vera novità che supera ogni attesa dell’umanità e tale rimarrà per sempre, attraverso il succedersi delle epoche storiche. L’incarnazione del Figlio di Dio e la salvezza che egli ha operato con la sua morte e risurrezione sono dunque il vero criterio per giudicare la realtà temporale e ogni progetto che mira a rendere la vita dell’uomo sempre più umana” (Bolla di indizione 1).

E’ bello ed emozionante rilevare qui come dalla catttedra di Pietro alla fine del primo secolo e alla fine del secolo ventesimo ci venga proposto con l’identico entusiasmo l’identico insegnamento. Nella storia sempre cangiante di un’umanità incostante e ideologicamente volubile emerge il fenomeno del tutto singolare e imparagonabile di una Chiesa custode da venti secoli di una verità che non muta. Ed è naturale: poiché “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8), anche la sua Sposa partecipa e risplende della sua indefettibilità. Ed è per noi motivo di gioia e di fierezza – una fierezza e una gioia da riscoprire e ravvivare nel corso dell’Anno Santo – l’appartenenza alla realtà prodigiosa e santa della Chiesa Cattolica.

A Betlemme protagonista silenziosa e adorante dell’evento natalizio è Maria, che dà alla luce il Primogenito della nuova creazione. Sia lei a “intercedere con particolare intensità durante i prossimi mesi per il popolo cristiano, perché ottenga l’abbondanza della grazia e della misericordia, mentre gioisce per i duemila anni trascorsi dalla nascita del suo Salvatore” (ib. 14).

25/12/1999
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