1.«Anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri».
La celebrazione del santo Patrono è il momento più espressivo di una appartenenza: l’appartenenza a questa città di Bologna, al suo popolo ed alla sua cultura, alla sua storia e alla sua identità .
La parola di Dio dettaci dall’apostolo Paolo nella seconda lettura definisce questa appartenenza nel modo più forte possibile: «ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri».
Se ci chiediamo come Petronio generò un popolo, pose in essere un’identità culturale specifica, il popolo petroniano appunto e l’identità petroniana, troviamo la risposta nella pagina evangelica.
Nel sacro testo pur così breve ricorre varie volte l’espressione: uno solo. Dice «uno solo è il vostro maestro»; ed ancora: «uno solo è il Padre vostro, quello del cielo». Il santo Vescovo visse integralmente questa pagina, perché fu consapevole che nessun uomo può essere al centro unificante di tutto un popolo; che nessuna proposta puramente umana – nessun maestro umano – può divenire tessuto fortemente connettivo di una comunità umana, Egli generò questo popolo perché lo guidò vero l’unico centro unificante: Cristo Gesù. è in Cristo – ci ammonisce l’Apostolo – che «siamo un corpo solo». Petronio generò questo popolo perché testimoniò la presenza di una Paternità unica nella quale solamente ciascun uomo si sente fratello di ogni uomo: «non chiamate nessuno “Padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo».
La conseguenza che svela l’intima verità del rapporto fra gli uomini è immediata: nessun uomo può “innalzarsi”, sovra-porsi, dominare su nessun uomo, poiché anche «il più grande fra voi sia vostro servo». è così che Petronio si pone in mezzo al suo popolo. Si pose come colui che si sentiva mandato «a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri».
2.La celebrazione del nostro santo Patrono, celebrazione che custodisce viva la memoria della nascita spirituale di questa città , diventa luce e guida per la situazione attuale; per trovare risposte vere alle domande che anche oggi sorgono in ciascuno di noi.
Sembra incapace l’uomo occidentale di coordinare la cura della libertà individuale e la cura della relazione sociale: il bene della libertà col bene dell’umanità condivisa. Non c’è dubbio che in numerosi ambiti della vita, la difesa del primo valore è fatto a prescindere dal valore della relazione interpersonale, anzi – non raramente – a spese della medesima. Stiamo così costruendo una società umana che ignora l’ispirazione dell’odierna parola di Dio: «ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri». Una società , nel migliore dei casi, di egoismi coesistenti.
Il malessere spirituale di cui soffriamo è dovuto non ultimamente al fatto che da una parte non ci rassegniamo a che i nostri legami siano riducibili al consumo e allo scambio di beni, e dall’altra, sperimentiamo che una libertà che ci estranea gli uni agli altri è distruttiva della nostra beatitudine.
Il nostro Patrono ha fondato una “città spirituale”, ha definito la nostra identità alla luce della parola di Dio appena ascoltata: siamo chiamati ad essere un popolo che afferma i valori della persona nella solidarietà sociale, e che genera solidarietà perché è consapevole della dignità di ogni persona. L’essere membra gli uni degli altri non ci conduce alla perdita di se stessi ma al contrario ci solidifica nella nostra identità .
Da ciò deriva una conseguenza di enorme importanza per la costruzione della nostra vita associata, ed è il rispetto del principio di sussidiarietà , esplicitazione necessaria della solidarietà . Sarà sufficiente in questo contesto ricordare che il principio di sussidiarietà implica che ogni persona e società da essa fondata hanno autonomia e diritti propri che ogni soggetto pubblico deve riconoscere, tutelare, promuovere. Implica che il soggetto pubblico non deve prevaricare sulle società minori, ma rispettarne la natura e i compiti. Implica che lo Stato in tutte le sue espressioni non deve sostituirsi alle società minori, ma aiutarle e promuoverle entro la necessaria cooperazione al bene comune di cui è responsabile l’autorità pubblica, evitando cooptazioni subordinate e meramente esecutive.
Saremo capaci di costruire una città sempre fedele alla sua identità più profonda? Penso che ne abbiamo la capacità . è la sfida che vogliamo raccogliere ancora una volta dalla celebrazione del nostro santo Patrono. Alla sua intercessione ci affidiamo.