Messa inizio celebrazioni del 150° nascita di Santa Teresa del Bambino Gesù

Nell’Epifania del Signore abbiamo contemplato la sua presenza nel mondo. La luce risplende nelle tenebre, guida nell’incertezza ed è consolazione in un tempo di tanta paura e dolore. Tanto dolore! È sempre il nostro dolore, perché ci riguarda individualmente, perché il loro dolore è il nostro dolore. L’Ucraina, e con essa tutti gli altri pezzi della guerra mondiale, è “nostra”. La presenza di Dio non l’abbiamo trovata in qualcuno che si impone e risolve tutto, ma nella fragilità di un bambino, da aiutare, difendere, custodire. Il re di Davide di cui è apparsa la stella, e che sarà crocifisso sempre per amore, continua a condurci a Betlemme dove si rivela. La stella ci porta alla concretezza della presenza. Gesù non resta distante, imprendibile, un’entità astratta, senza volto e senza storia, indefinita. La presenza di Gesù la adoriamo e contempliamo deposta sull’altare, corpo che si spezza con la sua parola, e la veneriamo in quello dei suoi fratelli più piccoli. La luce del suo amore è affidata a noi perché, luminosi, teniamo in alto la lampada della nostra fede e del nostro amore, non la nascondiamo sotto il moggio dell’amore per noi stessi. È luce che riflette la sua luce. Nelle tenebre della solitudine, in questa nebbia fitta che avvolge la terra, il Signore ci chiede di illuminare tanti che chiedono attraverso noi di «vedere» la luce dell’amore di Dio. Portiamo noi il bene e la cura, proprio come Gesù che passa «beneficando e risanando».

Egli si mette in fila per farsi battezzare. Giovanni si stupisce di questa scelta. Il perdono che chiede perdono? Il santo che si riconosce peccatore? Giovanni parla di Lui! Gesù gli chiede di lasciar fare, di affidarsi, non di imporre quello che pensava, le sue convinzioni ragionevoli, ma di ascoltare quello che pensa lui. Le persone andavano da lui perché si riconoscevano peccatori, bisognosi di cambiare, di farlo loro e non di esigerlo dagli altri, smettendo di giudicare o di esercitarsi negli infiniti confronti (bisogna esercitarsi a capire cosa ci unisce!). Chiedevano a Giovanni Battista il battesimo perché sentivano l’urgenza di vivere quella richiesta: «Pietà di me o Dio». «Purificami nella tua misericordia», perché il loro peccato gli pesava, avevano necessità di perdono, di un nuovo inizio. Davanti a tanto male e a tante complicità non dovrebbe essere questa anche la nostra richiesta? Quando non sentiamo il peccato, o ci sentiamo addirittura in credito, diventiamo facilmente come i farisei, complici del male. «Cosa dobbiamo fare?», chiedevano a Giovanni Battista per cambiare.

Ecco, Gesù si mette in fila con persone così, che preparano insieme a Giovanni la strada al Signore. Gesù si abbassa fino in fondo, per insegnarci ad essere uomini veri, non sepolcri imbiancati, adulatori di se stessi, cercatori affannati di primi posti e dei saluti nelle piazza, privi di amore e di vita vera. Gesù ci insegna a cercare amore vero donandolo, non prendendolo. Noi, invece, facilmente scappiamo dal nostro peccato. Lui ci aiuta ad affrontarlo, a non avere paura di cambiare, a credere possibile un nuovo inizio. Mettendosi in fila si immerge tutto nella nostra umanità. Ci insegna che gli uomini veri non sono quelli che si credono a posto o che restano sempre gli stessi, ma chi cambia, chiede perdono per essere migliore, per non perdere il dono che Dio gli ha offerto. Il Padre indica Gesù, l’amato. Il suo titolo è anche il nostro: siamo amati e diventiamo amanti. È Lui e noi siamo come Lui.

Essere di Gesù significa essere liberi, legati a Lui e al prossimo, affrancati dall’amore per noi stessi che rende vana la nostra vita. La sicurezza – quella che pensiamo indispensabile, senza la quale ci sentiamo smarriti e che a furia di cercare diventiamo insicuri perché non la troveremo mai – è solo Gesù, il suo amore. L’Amore che si abbassa così tanto da non vergognarsi di chiedere perdono per essere come noi, e per aiutarci a non vergognarci di chiedere perdono. Dio non ci offre un’altra interpretazione per il nostro io ma ci offre il suo amore, dice che siamo suoi in un legame non di possesso ma di amore, e che per Lui possiamo essere diversi! Il battesimo ci rende suoi perché è «ponte che

Egli ha costruito tra sé e noi, strada per la quale si rende a noi accessibile; arcobaleno divino sulla nostra vita, promessa del grande sì di Dio, porta della speranza e, nello stesso tempo, segno che ci indica il cammino da percorrere in modo attivo e gioioso per incontrarlo e sentirci da Lui amati». Non guardiamo più un cielo chiuso, muto e irraggiungibile, ma aperto, con una voce che si rivolge a noi e con un Padre che ci ama. Siamo amati. Siamo suoi, senza preferenze di persone in questo mondo pieno di classi, di distinzioni, di ingiustizie. Siamo immersi in Dio stesso. Dio non è lontano! Noi siamo in Dio e Dio è in noi. Diceva Papa Benedetto: «Alla questione: “C’è Dio?”, la risposta è: “C’è ed è con noi; c’entra nella nostra vita questa vicinanza di Dio, questo essere in Dio stesso, che non è una stella lontana, ma è l’ambiente della mia vita”». Essere suoi, amati, ci fa essere di noi stessi, perché siamo quando siamo amati, e siamo quando amiamo! Chi crede davvero non è mai una monade, ma una comunità di amati, uniti nella comunione dei santi. È mia e nostra, perché «quello che è mio è tuo» nella casa di Dio.

Oggi ci uniamo alla memoria grata per i 150 anni dalla nascita di Teresa di Lisieux, Maria Francesca, storia così singolare che il Consiglio esecutivo dell’Unesco ne onora ufficialmente la memoria inserendola tra le persone che hanno lavorato nei campi della pace, dell’educazione, della scienza, delle scienze sociali e della comunicazione, patrimonio dell’umanità. S. Teresa ci mostra che essere piccoli non significa essere insignificanti. Piccoli si diventa, imparando dal Signore, lasciandoci aiutare dal Figlio che ci insegna ad essere uomini veri, imitandolo, come dei bambini, sentendo soprattutto il suo amore per noi. Anzi. Spesso pensiamo il contrario e cerchiamo nella grandezza l’importanza, oppure pensiamo che essere insignificanti sia essere piccoli! Al contrario Santa Teresina, piccola, si prende responsabilità, si assume le situazioni, si apre al mondo, non perché ha capito tutto o ha tutte le risposte, ma perché ama.

La sua storia è solo storia di amore con Gesù. Si è sentita sua e ci insegna ad esserlo. Sposa di Gesù e madre delle anime, di tutte, ad iniziare dai lontani, dai disperati, dagli atei del mondo moderno, chiamati da lei “fratelli”. È una “Sorella universale” sempre da un punto piccolo, Lisieux. «Gesù Ti amo». «Solo questo permette di affrontare la notte». Ecco l’atteggiamento che dobbiamo avere oggi nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, corpo da amare, non da giudicare: «Nel Cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’Amore, così sarò tutto!». «Tutto è grazia», «In Cielo desidererò la stessa cosa che in terra: amare Gesù e farlo amare».

Santa Teresa, insegnaci ad essere piccoli come te, fratelli e sorelle universali, per portare ovunque la luce della tua presenza. Amen

Bologna, chiesa dei Santi Giuseppe e Teresa
08/01/2023
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