Omelia nella S. Messa della notte di Natale

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama”. Questo è il grido che risuona in questa notte santa che rischiara con tenera luce la notte degli uomini. Natale non è una bella notizia per un mondo distratto e dimentico. Non c’è niente di buono nel buio delle tenebre del mondo, di ogni violenza, dell’indifferenza, del banale pensare a sé (l’egoismo sdrucciolo che canta il poeta). E c’è un immenso e dolente bisogno di pace in un mondo che vive i pezzi della guerra mondiale. Noi siamo usciti proprio di notte perché abbiamo bisogno di luce, per la nostra vita e per i poveri che sono nella disperazione. “Il popolo che camminava nelle tenebre” ha bisogno di vedere questa “grande luce”. Gesù nasce di notte perché è la luce nel buio e perché nessuno sia perduto nell’insignificanza, nel nulla. “Chi glielo fa fare a Dio di venire in un mondo così cattivo?” mi ha chiesto un bambino pochi giorni fa. Aveva ragione. Noi ci teniamo alla larga dei problemi,pensando di stare bene evitandoli, convinti di poterci salvare prudentemente da soli, sperando che non capiti a noi. Dio ci ama e non può restare lontano. Chi ama non può guardare a distanza! Per questo viene. Viene per le terribili notti buie di Aleppo e di tutte le città avvolte dalle tenebre di morte della guerra che cancella l’umanità dal cuore. Viene per le notti della sofferenza e della solitudine, per la disoccupazione, per quelli la cui vita non vale più niente tanto che anche loro stessi pensano non abbia significato. Viene per la notte della violenza che arma le mani assassine del terrorismo. Dio nasce perché ha speranza. Non aspetta che tutto sia risolto; non giudica e aspetta di verificare se ce la facciamo da soli; non dice come Caino “a me che importa”; non ha paura di sporcarsi con la nostra umanità, di essere incompreso, di perdere tempo con noi. Lui sì, si fa prossimo venendoci incontro come siamo, confusi, incerti, presuntuosi, complici assurdamente delle stesse tenebre che sono la nostra condanna. Natale è speranza. Dio nasce e così non può più tornare indietro, perché la sua speranza è una scelta definitiva per noi. Non rimane virtuale riservandosi sempre un’altra possibilità, come fanno gli uomini. Dio vuole che la speranza sia definitiva, non un’illusione che serve per tirarci su ma senza vincere il buio del male. Natale libera dalla rassegnazione, sottile o volgare, intelligente o rozza, ma che ci convince che non bisogna aspettarsi più nulla, che possiamo solo conservare quello che già è nostro. Natale è speranza che il mondo cambi e quindi invita a mettere tutto il cuore e l’intelligenza perché questo avvenga. E’ speranza che il povero diventi il mio prossimo, lo straniero uno dei fratelli, l’anziano scartato un amico prezioso e una compagnia cara di cui anche noi in realtà abbiamo bisogno. E’ la speranza che chi non ha posto lo trovi, che il peccatore sia riconciliato, che il violento diventi pacifico. Non si può vivere senza speranza. Non c’è vita senza speranza.
Per vivere la speranza del Natale dobbiamo essere umili, piegarci, proprio come occorre per entrare nella Basilica della Natività a Betlemme. Solo gli umili incontrano Gesù bambino e sono avvolti dalla gioia che unisce terra e cielo. I pastori sono gli umili. Essi non pensano a sé stessi. Vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Solo fuori dalla bolla di sapone e solo vegliando sui fratelli, specie i più deboli, possiamo andare a Betlemme. I grandi cercano la gioia nelle cose grandi, nell’affermazione di sé, nei palazzi del potere di Gerusalemme dove pensano di diventare importanti e si vendono per un po’ di considerazione. Ma lì non nasce nulla. Dio si fa umile, piccolo, si regala e lo trovano gli umili. Impariamo anche noi a fare lo stesso per comunicare ad altri la luce del Natale con i piccoli gesti, possibili a tutti, di accoglienza, di tenerezza, di protezione per chi è lasciato fuori, forestiero, spogliato della sua dignità, escluso. “Sii la ragione del sorriso di qualcuno”, ha detto un giovane profugo. L’amore ci fa vedere in ogni uomo o donna il fratello, con l’articolo determinativo, la sorella, quella persona, unica, bella perché amata, con i suoi difetti, i suoi sogni, le speranze, da aiutare come è, ad iniziare dai fratelli più piccoli del piccolo e commovente Bambino Gesù. Umile è chi non guarda l’altro con la distanza e la freddezza dell’operatore, ma con la premura del fratello, con la tenerezza di una madre. Non siamo chiamati ad essere dei volontari, ma dei fratelli! Ricordiamoci che possiede l’amore chi lo serve, perché l’importante non è ciò che si è ma ciò che si offre, diceva Raul Follereau. Lui amava ripetere che la più’ grande disgrazia che possa capitare è quella di non essere utili a nessuno, e che la nostra vita non serva a niente. Aveva ragione. Che ci facciamo con la nostra vita se non la doniamo, se non cerchiamo amicizia andando incontro, regalando generosità? Chesterton diceva che “gli angeli possano volare perché non si prendono troppo sul serio”. Umile è chi diventa leggero perché libero di amare, condividere, fare proprio tutto ciò che è del fratello. Sant’Agostino, ed è la scelta che Dio rivela nel suo Natale in questo mondo, invitava ad accogliere Gesù: “Chi vuole fare posto al Signore non deve appagarsi del suo bene particolare, ma deve preoccuparsi del bene comune. Come fecero i primi credenti: i loro beni particolari li fecero diventare beni comuni. Perdettero forse ciò che essi avevano per loro stessi? Se essi fossero stati soli a possederli, ciascuno non avrebbe posseduto che il suo bene proprio. Ma nel momento in cui uno mette in comune ciò che ha di proprio, diventa suo anche ciò che appartiene agli altri”. Ecco la via dell’umile: mettere in comune, condividere, sfuggendo alla paura che ci fa conservare e vivere per sé, non confondendo amore con possesso. Lui, Dio, lo fa con noi. Noi possiamo farlo scegliendo l’umiltà e iniziando da chi è più povero. In questo anno Eucaristico contempliamo il Natale della carne di Dio che nasce e che ci viene offerta nel suo Corpo e nella sua Parola, presenza che ci genera a figli e ci dona la forza per condividere il cibo terreno!E’ questa la via della gioia per tutti gli uomini che Egli ama e che scoprono come sono amati.  Il contrario è l’uomo che si fa grande da solo, vero peccato originale di coloro che confidano tristemente solo nella propria forza per essere grandi. Buon Natale, mistero di amore che accende la speranza in un mondo tenebroso e ci indica la via dell’umiltà per trovare noi stessi e Dio, per combattere il male e cambiare il mondo.
Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama.

24/12/2016
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