Per i trent’anni dalla strage del Pilastro

Bologna, chiesa di Santa Caterina del Pilastro

Non mi è possibile essere presente oggi in un ricordo che è per me tra i più cari, così come a tutti i bolognesi e a tutto il nostro paese. Non si dimentica. Trenta anni. Sembra ieri. Il dolore ci riporta sempre a quei momenti drammatici. Chi non li ha vissuti può farli suoi guardando le lacrime dei parenti, lo sconcerto di allora e le tante domande, le cicatrici che segnano un’intera città.

Dobbiamo ricordare. Papa Francesco nella sua ultima enciclica ha scritto (FT 250-252): “Il perdono non implica il dimenticare. Quanti perdonano davvero non dimenticano, ma rinunciano ad essere dominati dalla stessa forza distruttiva che ha fatto loro del male. Il perdono è proprio quello che permette di cercare la giustizia senza cadere nel circolo vizioso della vendetta né nell’ingiustizia di dimenticare”.

Avevano poco più di venti anni. Quanti anni rubati! Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini. Con loro vorrei ricordassimo tutte le 24 vittime e gli oltre 100 feriti. Il loro sacrificio ci chiede da che parte stare, senza dubbi, senza ambiguità e incertezze inaccettabili.

Colpire chi serve la casa comune vuol dire che siamo tutti in pericolo e tutti siamo colpiti. Viviamo in un momento particolare, di emergenza per tutti e quindi di responsabilità di ognuno! Penso a quanti nei vari servizi devono aiutare il funzionamento delle istituzioni, cioè le pareti che reggono la nostra comunità.

Esse non sono mai di parte, perché sono comuni. Non possono essere piegate a interessi di gruppo o di singoli. Qualche volta pensiamo, purtroppo, che le cose comuni non sono di nessuno! No! Ce ne accorgiamo in queste settimane, nel bene e nel male.

Il bene comune è il bene di ciascuno e chi lo serve è serve tutti e se lo facciamo tutti miglioriamo le condizioni di ciascuno. Le vittime ci affidano le loro speranze, ci chiedono di non tradirle e anche di non smettere di sperare che chi uccide o si prende gioco dell’umanità non deve prevalere. Gli alberi che il generale Angrisani ha scelto di pianare in loro memoria ci aiutano a capire come la vita è un seme che da frutto se si pensa per gli altri e viene donata per combattere il male.

Grazie ragazzi per il vostro sacrificio e anche nella vostra memoria cerchiamo di rendere forte la nostra città degli uomini per disarmare i violenti e perché a tutti sia garantito sicurezza e speranza.

Dio della vita, che ha dato la vita per combattere il male, vi accolga nella sua casa di amore pieno.

04/01/2021
condividi su