S. Messa per il 70° anniversario dell’uccisione del Servo di Dio Giuseppe Fanin

Secondo Thomas Merton, un monaco scomparso proprio cinquanta anni or sono, che univa preghiera e impegno per la pace e per liberare il mondo dall’incubo dell’atomica, vi sono tre risposte all’amore per gli altri: una ci dice che dobbiamo amare soltanto noi stessi; un’altra che dobbiamo amare solo gli altri; una terza che nell’amore per gli altri cerchiamo semplicemente il modo migliore per amare noi stessi. E’ vero: dobbiamo amarci per potere essere capaci di amare gli altri; dobbiamo trovare noi stessi col darci agli altri. Non scopri la tua missione, cioè cosa fai a questo mondo, senza amare! Scrive Papa Francesco nella Gaudete et Exultate (24): “Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita”.  Non si ama il Signore con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza senza amare il prossimo come se stessi. Non c’è amore per noi stessi senza il prossimo, ignorandolo, selezionandolo, come se c’è un prossimo che ha accesso e che accetto e un altro che ho il diritto di rifiutare o di non considerare tale. Il prossimo è colui che sarebbe un nemico senza amarlo, che lo diventa se assecondo la paura, che non conosco perché non mi riguarda. Al contrario tutto ci riguarda, tutto è prossimo se uniamo i tre amori, quello per noi stessi, per l’altro, per il primo Altro, il primo prossimo, Dio. E solo se sentiamo l’amore di Dio per noi siamo capaci, forti, per amare il prossimo qualsiasi esso sia. Gesù propone un mondo riconciliato: amare noi stessi, come tutti desideriamo, ma liberi dalla deformazione che avviene quando non amiamo iDio e il prossimo. E non un amore qualsiasi, cangiante, provvisorio, sclerotico, ma pieno, con “tutto”, trattando l’altro come un altro me. Certo che “vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici» perché solo l’amore mi apre il presente e mi fa immaginare e costruire il futuro, vedere quello che ancora non c’è e che proprio l’amore inizia a realizzare. Il benessere ci illude di potere amare noi stessi senza gli altri anzi, ce li mette contro facendoci credere che possiamo farne a meno o che stiamo bene quando non ci sono perché imitano il benessere o ne sono concorrenti. Il benessere stordisce, fa credere di star bene senza il prossimo, senza la forza che chiede anche i sacrifici e sopportazione. Il benessere fa credere che possiamo amare senza mente, senza lo sforzo per rendere l’amore intelligenza, riflessione, competenza, professione. Il nostro non vuole essere un amore intellettuale, solo razionale, ma insieme, mente e cuore. L’intelligenza senza cuore finisce per essere terribile, per produrre delle certezze, delle parole che allontanano invece di avvicinare, che fanno credere a posto ma senza cuore, appunto. L’amore ha bisogno della mente perché il cuore trovi profondità, intelligenza, perché i sentimenti divengano una scelta, un progetto, una cultura. E poi bisogna amare con tutta la forza, perché l’amore richiesto non è consolatorio, un passatempo; non è un entusiasmo che finisce, un ennesimo sentimento narcisista, per stare bene noi, perché ha una forza straordinaria, che ci supera, che ci rende capaci di gesti straordinari.
Oggi ricordiamo i santi Vitali e Agricola, nostri fondatori, padrone e schiavo perché l’amore ci rende uguali all’altro e l’altro uguale a me, finalmente fratelli, che si pensano assieme. Furono fortissimi non per coraggio, ma per amore. E’ una coincidenza eloquente che oggi ricordiamo Giuseppe Fanin, anche lui cristiano, che ebbe un amore più forte delle intimidazioni violente che non lo resero violento, delle minacce che non lo convinsero a difendersi da vero uomo di pace e di non violenza, discepolo di quel Gesù che impone di rimettere la spada nel fodero e di offrire l’altra guancia. Fanin è rimasto non violento fino alla fine. L’egoismo ci mette contro Dio, perché ci fa credere di essere importanti senza di Lui, anzi proprio perché liberi da Lui, e così anche contro noi stessi, perché in realtà l’egoismo non ci fa fare proprio  nostri interessi! Ci separa dal fratello. Questa divisione non può essere sanata da un amore che raggiunga tutte e due le parti e le riunisce insieme. Amare noi stessi significa accettare di vivere la vita come un dono davvero immenso e come un bene, non per quello che ci dà, ma per quello che ci rende capaci di dare agli altri. Se viviamo non per noi ma per gli altri saremo capaci di guardare in faccia le nostre limitazioni e di accettarle. Fino a quando facciamo del nostro io il centro di tutto le nostre fragilità, mancanze, limiti rimarranno a torturarci o come una macchia che non si può nascondere. Se viviamo invece per gli altri scopriremo a poco a poco il nostro valore. Solo donando, non prendendo. Caino amava Abele. Era suo fratello, ma lo ha ucciso perché amava di più se stesso. Non è importante che tu ami “molto”. Importa che tu “ami di più”, diceva un certo Paul Yazigi, che era Vescovo ad Aleppo, uomo santo, scomparso ormai da tanti anni inghiottito in quella macchina di morte che è la guerra. “Il fatto di amare veramente qualcuno non significa che lo amiamo “molto”, ma che lo amiamo, anche poco, ma “più” di noi stessi”. Chi si apre all’amore di Dio, riconosce che è suo, diventa capace di amare tanto, davvero tutti, iniziando ad amare quelli che il Signore incontra, perché l’amore non è mai virtuale, ma molto, molto concreto. Preferire l’altro a se stessi è la santa scelta. Tu ami Dio? Allora ama come lui ed lasciati insegnare da Lui, lasciandoti amare da Lui e quindi dicendo si a quello che vuole e scoprendo quell’amore unico e irripetibile, il tuo vero io che Dio ti ha messo dentro e che scopri amando.  Amare è il comandamento. Non obbedire solo; non eseguire. Amare, come Dio ci ha reso capaci, «Ognuno per la sua via», dice il Concilio. Ognuno faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui perché tutti siamo chiamati ad essere testimoni, ciascuno con la sua unica e irripetibile capacità. Ma se non amiamo, ricordiamolo, togliamo qualcosa agli altri! E anche a noi stessi! L’amore supera tutte le regole e le osserva tutte, ma per amore. Il nostro cuore non può essere diviso, come qualche volta facciamo, in tanti amori, che alla fine portano all’unico amore, quello per noi stessi, penosa conseguenza delle nostre paure e vera condanna della nostra vita. E l’amore ha delle regole, certo, ma lo rendiamo fastidioso, pesante, limitante se rispettiamo le regole ma non amiamo. Amare è un impegno coinvolgente, appassionante, sempre nuovo, capace di sprigionare energie dalla nostra vita, di renderla luminosa, piena di gioia, forte tanto da cambiare il mondo e vincere il nemico, il male, che non ci vuole capaci di amare e ci persuade ad amare solo noi stessi. Dio vuole, principalmente, essere amato. E’ una richiesta che ci riporta alle origini, quando il male non si era insinuato e tutto era pienezza di amore. L’amore per Dio dona senso a tutti i nostri amori, li permette, anzi, li allarga, ne dona dei nuovi inaspettati, incredibili, perfino con i nostri nemici! L’amore per Dio rende piena la vita e non la riduce!
Fanin ha amato tanto, di più delle sue paure e dei suoi calcoli, ha cercato di ascoltare quello che Dio voleva da Lui. Ha pregato e ha ascoltato e ha reso questo difesa dei diritti dei più deboli, i braccianti, mettendo al centro la persona e non l’ideologia, quello che serviva, che era utile a loro. Ha testimoniato fino in fondo un animo pacifico, avendo scelto di non girare armato quando quelli della sua stessa parte gli avevano consigliato di girare armato. Che lezione a noi spesso così aggressivi anche quando abbiamo tutto, armati di qualche tasto per giudicare in maniera impietosa o cancellare, oppure armati di giudizi taglienti con la spada della nostra lingua! Non dobbiamo disarmarci, chiedere perdono e darlo anche se qualcuno non ce lo chiede? E quanto sarebbe importante che anche la stessa memoria di Fanin, pur a distanza di tanti anni, (ma i semi della violenza sono sempre nascosti e quindi pericolosi e crescono quando non di perdonano) portasse ad una vera riconciliazione tra vittime e assassini, che disarmi qualsiasi ragione a qualsiasi violenza, sempre. L’atteggiamento della famiglia di Fanin, che senza incertezza ha sempre donato il perdono, credo proprio interpretando la volontà di Giuseppe che poi è quella di Gesù, è di grande esempio. Giuseppe amava Dio con la preghiera e con seguirlo nella sua chiarissima vocazione, nella scelta per la purezza (cioè essere pieno di Lui). Ha amato il prossimo, come quando lui stesso malato ricoverato a Castel Franco, andava invece di pensare a sé ad assistere gli anziani della casa di riposo e a farlo con gesti umili, tagliando loro le unghie e lavando i piedi! “Io amo te di un amore che giunge fino a Dio”, scrisse a Lidia la fidanzata. Ma lo stesso era per i braccianti che amava come se stesso.
Le ultime parole conosciute di Thomas Merton, poco prima di morire folgorato a Bangkok, sono state: «Penso che oggi è importante lasciare che Dio viva in noi in modo che gli altri possano sentire Dio e credano in Dio perché sentono Dio vivere in noi». Per questo la chiara testimonianza di Fanin ancora tanto attrae e produce frutti di amore! Come sempre avviene per la santità.
O Dio, Padre di misericordia, che hai donato al tuo Servo Giuseppe Fanin l’ideale della giovinezza esemplare, la forza della testimonianza disarmata, la volontà di amarti preferendo a qualunque ricchezza e alla stessa vita la somiglianza al Cristo sofferente e umiliato, e gli hai concesso di sigillare con il sangue il suo impegno per la libertà e la giustizia del lavoro, ti chiediamo di ravvivare in noi la stessa Fede e la stessa carità perché possiamo diffondere il messaggio di riconciliazione e di salvezza che emana dal suo esempio. Per Cristo nostro Signore. Amen”.

04/11/2018
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