Santa Messa del giorno di Pasqua

La Pasqua non è un giorno fuori dal tempo. Anzi. E’ proprio dalla Pasqua che calcoliamo il nostro tempo ordinario. La domenica è la conclusione dei nostri giorni, che li riassume tutti, dove troviamo la luce e il senso. Vediamo oggi Cristo, stella del mattino che non conosce tramonto, risuscitato dai morti che “fa risplendere sugli uomini la sua luce serena che mai si spegne”, come si canta nella Liturgia della Veglia. La mattina di Pasqua, mi scriveva una donna di una certa età, sua nonna appena sentiva il suono a distesa delle campane, la chiamava e le faceva pulire gli occhi con l’acqua. Si, è vero, dobbiamo pulire gli occhi dalla rassegnazione, dalle abitudini, aprirli bene, per vedere le cose che non si vedono eppure quelle che spiegano tutto e danno luce liberando dalla penombra della mediocrità, dalla paura che rende tutto grigio, dal poco amore che toglie ogni sapore. Ho pensato che è l’acqua benedetta che in ricordo del battesimo ha asperso questa notte l’assemblea della nostra famiglia, rinnovando le promesse battesimali. Oggi l’innocenza è restituita al peccatore, senza merito, solo per amore. Niente è perduto con la Pasqua! Tutto rinasce!
Noi siamo proprio nella condizione dei discepoli di Emmaus. Lo capiamo ancora di più in questo anno del Congresso Eucaristico che ci aiuta a contemplare la meraviglia, mai compresa del tutto, sempre nuova, della sua presenza in mezzo a noi. L’Eucarestia ci apre gli occhi. Gesù condivide il nostro pane e lo rende pane di vita che non finisce; lo moltiplica perché sia per tutti. E’ lui che offre e spezza se stesso per nutrire il nostro cuore così lento e tardo. Cristo è con noi nella sua Eucarestia, “mistero della fede” che ci aiuta ad annunciare la sua morte, a proclamare la sua resurrezione, nell’attesa della sua venuta. In fondo anche a noi come a quei due – che stanno assieme ma sono spenti, come a volte la nostra fraternità – ci sembra sempre che non valga la pena fare qualcosa, cercare, soffrire.  Non lo diciamo in maniera esplicita, ma con la rassegnazione pratica, perdendo infinite occasioni,  rimandando, con il ricorso istintivo a chiuderci nelle nostre Emmaus così simili a quei divani di cui parla Papa Francesco, comode e tristi certezze in un mondo difficile, pericoloso, duro, impietoso, imprevedibile, che uccide soprattutto la speranza, consigliando a ciascuno un’unica via possibile, quasi indispensabile quella del “salva te stesso, pensa per te, cerca qualcosa che non costi tanto e che non chieda niente, che liberi dalla sofferenza  che Gesù ha accettato per sé e in realtà per noi, unico modo per vincere per davvero il male. L’antica e sempre attraente tentazione di una felicità a tutti i costi, fosse anche quella della dipendenza, cercando di essere quelli che non si è e di stare bene come si vuole ma non si può. La felicità di Gesù è quella di chi soffre, non di chi ride. E’ quella del chicco di grano che deve morire, perdersi nella terra, per potere dare vita e non restare solo.
Gesù anche da risorto non smette di servire. Infatti è Lui che cambia i programmi per assecondare la richiesta di quei due discepoli che finalmente invece di subire iniziano a scegliere, invece di chiudersi si aprono, invece di guardare indietro nella tristezza e nella rassegnazione, sempre segno di egocentrismo e di preoccupazione per sé, si accorgono del prossimo e imparano a chiedere “resta”. “Non andare lontano”, “il giorno finisce per noi e per te”, “vogliamo che tu resti qui, per te e per noi!”. Imparano a insistere, smettono di accontentarsi. Hanno capito che loro hanno bisogno di Lui e non si vergognano di chiedere; hanno capito che Lui cercava proprio loro, che la sua parola è un amore più forte delle delusioni e dell’incredulità. Gesù non risponde dicendo: “Ho da fare, debbo pensare a me, non posso perdere tempo, se non hai capito ancora peggio per te, sei troppo peccatore, non vale la pena”. Gesù resta e si mette di nuovo a tavola. E finalmente nella condivisione si aprono gli occhi. La condivisione è sia quella eucaristica sia quella del prossimo. Spezza il pane lui e ci insegna a spezzarlo noi. Saremo beati se mettiamo in pratica il suo comandamento. Nel contemplare quel mistero della fede e nel diventare noi uomini eucaristici che rendono grazie con il loro amore, si aprono gli occhi e riconosciamo il Signore. E’ vero: ci arde il cuore nel petto quando amiamo i poveri. Si aprono gli occhi quando ascoltiamo la sua Parola! E possiamo fare ardere il cuore a tanti, con la nostra vita! Mettiamo al centro il pellegrino che ci parla in questo anno del Congresso, che si concluderà proprio con la Domenica della Parola che sarà celebrata il 1 ottobre dal successore di Pietro. Non si può vivere Pasqua con un amore mediocre. Chi ascolta la Parola impara a spezzare il pane. La Parola la capiamo ascoltandola e camminando con essa, fuori, nel cammino vero che è sempre in uscita verso gli altri e si farà lei largo nelle nostre durezze. Diceva San Gregorio: “La parola di Dio crescerà con te, perché dalla parola di Dio ricaverai profitto nella misura in cui tu stesso progredirai in essa. Via via che uno progredisce verso le altezze la parola gli parla di cose sempre più alte. Il testo vola con te”. Come per i due discepoli di Emmaus.
Essi sono tristi. Come non capirli! Pensano che il problema sia la croce, come per noi questa settimana iniziata con tanta sofferenza, quella dei nostri fratelli cristiani copti in Egitto o quella di Aleppo (70 bambini morti!) o nel mare mediterraneo, strage infinita. Quante sconsolanti notizie di morte! Qualcuno pensa che Papa Francesco faccia venire i profughi! Questi vengono, scappano dalla guerra e dalle sue terribili sorelle, non li ferma nulla perché hanno bisogno di vita e forse ci aiutano a cercarla. Il Papa ci ricorda di essere umani e di sapere riconoscere in essi Cristo. Tocca a noi farlo in maniera intelligente, possibile, guardando al futuro nostro e loro assieme. E’ vero c’è tanta sofferenza. Gesù lo aveva sempre detto e ce lo spiega. Il problema è nostro, perché cerchiamo un re vittorioso, non mite ed umile, non un servo sofferente. Gesù non ci ha ingannato. Siamo noi che non gli abbiamo creduto, pensando che la debolezza sia la sconfitta, che la compassione debba lasciare spazio al giudizio, che la misericordia confonda la legge e la verità. I due parlano tra loro, non hanno attenzione per il pellegrino. Come noi. Sappiamo tutto ma non abbiamo capito. Siamo schiavi della tristezza e parliamo sfiduciati, magari piangendoci addosso (quanto ci piace e quanto ci fa sentire dalla parte giusta!). E’ la “logica inutile e inconcludente della paura”, che rende la speranza lontana, impossibile e solo il male convincente e definitivo. Ma il male si sconfigge! Non è l’ultima parola! Il mondo può cambiare, ma noi dobbiamo essere tenaci e con un cuore sveglio e rapido!  C’è bisogno di uomini di resurrezione, non di rassegnati, magari intelligenti, ipercritici, senza passione. Ad Emmaus troviamo nuova passione e fretta. I due si rendono conto finalmente che non hanno tempo da perdere. Tornano indietro, ritrovano la comunità, dalla quale si isolavano. Sì, la resurrezione e l’eucarestia, pane vivo, dell’oggi non del passato, pane del futuro, ci restituiscono il noi che è la comunità ce non sentivano più. 
Gesù non smette di condividere. E’ il suo vero sacrificio. Ogni eucarestia, Pasqua della settimana, ci insegna a farlo e ci chiede di farlo. Noi, suoi commensali saremo capaci di sacrificarci, donando la nostra vita per amore, cioè condividendola? I due discepoli hanno una forza nuova, inaspettata. Adesso sanno che troveranno intimidazioni del male, cattiveria, sofferenza, ma non hanno più paura, perché pieni dell’amore che finalmente hanno capito personalmente. Questa è la Pasqua! “Cristo è risorto”. Prendiamo noi gioco del male e non viceversa! Facciamolo in fretta perché il male fa soffrire tanti! Facciamolo assieme perché siamo una comunità di fratelli, che sperimentano la forza che Gesù ci ha lasciato e che insieme possiamo compiere i miracoli dell’amore. Stiamo dalla parte di Gesù, pronti anche a pagare il prezzo che serve, ma per la vita, non per sopravvivere; per l’amore non per il grigio salvare se stessi.
Mane nobiscum, Domine! Resta con noi, perché davvero ci sei necessario, perché non vinca la notte della cattiveria, della sofferenza, della violenza. Resta con noi ed insegnaci a riconoscerti semplicemente nell’amore che ci regali, nell’amarci vicendevolmente e nel donarci agli altri, soprattutto a chi ha più bisogno. Resta, Signore, perché possiamo camminare nella tua via che unisce la terra ed il cielo ed essere viandanti che spezzano amore per chi è solo, triste, povero. Resta con noi, perché si fa sera. Questa è la pasqua! Prepara per noi un’anima pura, affinché abitandola, tu, nostro vero re di amore ne faccia un cielo. Il cielo che si apre quando ti amiamo. Cristo è risorto e non muore più Alleluia! Amen

16/04/2017
condividi su