Scuola della fede [2]: Metti Gesù nella tua vita, e vivrai una vita vera. La responsabilità di se stessi

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            Nella catechesi introduttiva scorsa abbiamo constatato come l'incontro con Cristo cambi la vita. Non è stato solo un momento della propria esistenza: è stato un inizio. Zaccheo ha continuato a fare il pubblicano, ma non rubava più.

E. Stein è entrata in Carmelo.

            In questa catechesi cercheremo di rispondere alla seguente domanda: come può la persona incontrata ricostruire la sua vita? Dovrete prestare attenzione. Se mi seguite, vi conduco alla scoperta di una dimensione della vostra persona semplicemente stupenda.

1.        [Atto e Persona]. Partiamo da una costatazione molto semplice. Ci sono attività che accadono nella nostra persona, ma che non sono della nostra persona. In questo momento nella vostra persona esiste l'attività cardiaca; se avete mangiato da poco esiste l'attività digestiva. Sono dinamismi, quello del cuore e quello dello stomaco, che non sono messi in azione dalla persona in cui sono.

            Pensate ora al giovane incontrato da Gesù: «se ne andò triste», dice il Vangelo. L'attività di voltar le spalle a Gesù ed andarsene è uguale, è equiparabile all'attività cardiaca o digestiva? Non è difficile capire che sono profondamente diverse. In che cosa?

            L'atto del giovane è un atto della sua persona. Che cosa significa “della sua persona”? Al fondo, un atto di libertà. Vedete che muovendo i primi passi della nostra Catechesi siamo già arrivati ad una grandiosa scoperta: è mediante la sua libertà che la persona entra in azione; che la persona agisce. Un grande filosofo ha scritto: «La qualificazione originaria fondamentale dell'uomo è la libertà» [C. Fabro, Libro dell'esistenza e della libertà vagabonda, PIEMME, Casale Monferrato 2000, 177].

            Procediamo, partendo ancora da una costatazione. Se uno pensa un triangolo, non diventa un triangolo; se uno compie un furto, diventa un ladro. Se uno pensa spesso alla dottrina cristina, non diventa cristiano fino a quando non decide di diventarlo. Non si può essere cristiani, senza aver mai deciso di diventarlo.

            Fate bene attenzione, perché questo è un fatto centrale nella nostra vita. Il pensare non mi fa divenire ciò che penso; la decisione della libertà – l'atto libero – mi fa diventare ciò che decido. In questo senso, la decisione della libertà è creativa.

            Fermatevi un momento a riflettere e capirete perché i Padri della Chiesa dicevano che noi siamo immagine di Dio soprattutto perché siamo liberi. Dicevano che ciascuno è padre e madre di se stesso.

            Dunque ciascuno diventa ciò che decide nei e con i suoi atti liberi. Ora dobbiamo un momento fermarci su questo fatto: la persona umana attraverso i suoi atti forma se stessa.

            Provate ora a mettervi davanti due persone che si sono realizzate mediante i loro atti: A. Hitler e M. Teresa. Se voi le confrontate provate come un “senso di disgusto” verso la prima; un “senso di meraviglia, stupore” nei confronti della seconda.

            Quando vivete questa esperienza, non difficile da provare, in essa voi avete percepito una verità molto profonda riguardante non più solamente Hitler e M. Teresa, ma anche ciascuno di noi, ogni persona umana. La verità è la seguente: possiamo realizzarci bene o possiamo realizzarci male; possiamo vivere una vita buona o possiamo vivere una vita cattiva. Possiamo infatti agire bene e possiamo agire male; è l'atto [della libertà], come abbiamo visto, che realizza la persona. E ciò può accadere bene o male.

            Alcune considerazioni prima di passare oltre. L'io-persona è immortale. Quindi nel tempo con i suoi atti, ciascuno di noi costruisce il proprio volto eterno.

            Il quotidiano non è mai banale se non siamo noi a renderlo tale. Il quotidiano è fatto di atti, scelte, decisioni mediante le quali la persona costruisce il suo destino eterno.

            «Compiere un'azione» non significa solamente far accadere qualcosa all'esterno. Un muratore compie l'azione di costruire una casa; accade qualcosa all'esterno: sorge una nuova casa. Significa anche e soprattutto proseguire nella costruzione della persona, di se stesso; il muratore non fa solo accadere qualcosa di esterno, ma anche e soprattutto lavora per una dignitosa esistenza della famiglia. Compie cioè un atto che è in sé bello, giusto, buono e quindi si realizza bene.

            Il lavoro, come ogni atto della persona, ha una dimensione oggettiva, produttrice, esteriore; ma soprattutto una dimensione soggettiva, auto-realizzatrice, interiore. Questa ultima considerazione ci apre la strada per fare un passo avanti nella nostra riflessione.

2.        [Persona e coscienza]. Ora andiamo un po' nel difficile, ma se prestate attenzione scoprirete delle verità riguardanti la vostra vita veramente affascinati.

            Partiamo da un dato già acquisito nel numero precedente: compiendo un atto, l'uomo realizza in esso se stesso; diventa, come persona, buono o cattivo.

            Domandiamoci: in base a che cosa ognuno di noi discerne ciò che è bene da ciò che è male, dunque da un auto-realizzazione buona o cattiva?

            Partiamo da un esempio. Noi sappiamo distinguere un cibo dolce da un cibo amaro perché abbiamo il “senso del gusto”. Sappiamo conoscere i colori distinguendoli perché abbiamo il “senso della vista”. Esiste anche un “senso del bene/del male” mediante il quale sappiamo distinguere un atto buono da un atto cattivo? Esiste ed è la coscienza morale. E' l'occhio interiore di cui parlava anche Gesù.

            Il compito della coscienza consiste nel conoscere la verità circa il bene o il male di ciò che sto facendo, e nel farmi “sentire” il dovere corrispondente a questo bene/male. Fate bene attenzione. La funzione della coscienza non è semplicemente dire: il furto è male oppure aiutare un povero è bene. La funzione cioè della coscienza non è di farci conoscere una verità di carattere generale. Ma è di coinvolgere nel giudizio la persona; nel legare/obb-ligare la libertà della persona concreta alla verità circa il bene. Vi faccio un esempio.

            L'apostolo Pietro, lo ricordate, nella sera della Passione interrogato se faceva parte degli amici di Gesù, negò e spergiurò perfino di non averne sentito parlare. Possiamo dire che semplicemente Pietro ha negato la verità di un dato di fatto? Certamente, ma non soprattutto. Pietro negando quella verità, prevaricando contro quella verità, in quel momento ed in quel contesto, ha tradito l'amico: ha compiuto un atto indegno della sua persona. Ha deturpato, degradato se stesso; ha prevaricato contro se stesso. Infatti, Pietro che afferma che non conosce Gesù, che al contrario conosceva molto bene, devia non solo da una verità ben nota a tutti. Egli, lui Pietro, non altri, devia anche da se stesso.

            Riflettete a lungo su questo fatto, e comprenderete che la coscienza ha la funzione non di insegnarvi semplicemente delle regole da osservare. Ha la funzione di mostrare alla persona la verità delle scelte che sta per compiere, delle decisioni che sta per prendere, in ordine alla realizzazione di se stessi. La coscienza ti dice: l'atto che stai per compiere non ti realizza veramente, ti degrada come persona. La coscienza, quindi si esprime in un giudizio: l'atto che stai per compiere è buono. Ma il giudizio della coscienza rapporta la verità conosciuta colla libertà, nella forma del dovere. Il dovere è l'esperienza della dipendenza della nostra libertà dalla verità circa ciò che è bene/ciò che è male, insegnatoci dalla nostra coscienza.

            Ciò che ti intima la tua coscienza riguarda la tua persona come tale. Ubbidendo/disobbedendo ad essa, l'uomo diventa buono o cattivo, semplicemente come uomo. La realizzazione o la non-realizzazione di se stessi passa attraverso il giudizio che la coscienza dà su ciò che stiamo decidendo.

            La coscienza non è infallibile; può sbagliare. Può essere una coscienza falsa. Essa dunque deve essere educata. Spero di ritornare su questo punto. Mi limito ad accennare un aspetto del vastissimo tema dell'educazione della coscienza morale alla verità.

            Le radici di una coscienza falsa sono molte. Ne accenno alcune, così che le estirpiate dalla vostra persona.

            – Il conformismo a “ciò che si dice, a ciò che si fa…” è radice di molti errori nella vostra coscienza: identificare il vero con ciò che pensa la maggioranza, ed il falso la minoranza: la minoranza sbaglia sempre!

            – La mancanza di “modelli”. Comprendo che non ne siate responsabili. Non sempre noi adulti siamo per voi modelli di coscienze rette. Ma esistono ancora i santi. Leggete la vita dei santi canonizzati.

            – I peccati contro la castità obnubilano in particolare l'occhio interiore.

S. Tommaso scrive: «dall'uso sregolato della sessualità nasce la cecità della mente, tale che impedisce quasi totalmente la conoscenza dei beni spirituali» [2,2,q. 15, a.3].

3.        [Coscienza ed incontro con Gesù]. Ripercorriamo il percorso fatto. (a) Esiste una differenza essenziale tra ciò che accade nella persona ma non è della persona, e ciò che è della persona. (b) E' pienamente della persona l'atto della libertà: la scelta e la decisone.  (c) Attraverso l'atto della libertà, la persona costruisce se stessa: diventa padre e madre di se stessa. (d) Nell'edificazione di se stessa, nel cammino verso la realizzazione di se stessa, la persona è guidata dalla coscienza, la quale, purtroppo, può anche sbagliare od indicare vie false.

            A questo punto, voi forse vi chiederete: che cosa c'entra tutto questo con l'incontro con Gesù?

            Parto da un testo molto bello della S. Scrittura. «Mosè, divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato. Questo perché stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto» [Eb 11, 24-26].

            Confrontate Mosè con Pietro. Mosè si trova a dover scegliere fra una vita a corte, di onori e di potere e una vita di condivisone col suo popolo, disonorato e disprezzato. Esattamente Pietro: si trova a dover scegliere tra salvarsi la vita tradendo l'amico, o obbedire alla verità mettendo a rischio la sua vita.

            Mosè, la coscienza di Mosè ha “sentito” essere “ricchezza maggiore” stare dalla parte dell'oppresso piuttosto che dalla parte dell'oppressore: e obbedì al giudizio della sua coscienza. Pietro tradì se stesso prevaricando contro la verità.

            Perché Zaccheo decide di cambiare vita? Perché l'incontro con Gesù ha illuminato la sua coscienza. E Zaccheo “sente” che la vita vera non è rubare, ma condividere.

            L'incontro con Gesù è una luce che illumina la coscienza della persona. Essa comincia a giudicare non essere vero bene, cioè che non può realizzare se  stessa, se non vivendo con Gesù.

            Ora capite perché ho parlato dell'atto della persona, dell'atto della libertà illuminato dalla luce della coscienza. O l'incontro avviene a questo livello o non avviene affatto. E' nella profondità della persona che Gesù entra.

           

 

30/10/2013
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