Solenne Pontificale nella solennità di Sant’Agata

Siamo entrati nel Giubileo, tempo opportuno che la Chiesa ci offre per fare memoria, cioè per non vivere di sole emozioni, senza interiorità, prigionieri del presente. E per ringraziare, cioè riconoscere i tanti doni ricevuti e chi ce li ha mandati, perché altrimenti “ero felice e non lo sapevo”, perché avere i capelli contati ci riempie di gioia e ci rende consapevoli del tanto amore che ci ha protetto, della fiducia ricevuta, e anche per smettere di lamentarci e sentirci vittime. È tempo per cambiare, cioè per essere migliori, lasciando le cose che non servono o che ci fanno male, e trasformare le occasioni in opportunità, per rendere migliore questo mondo a partire da quello che io posso, dalla mia goccia di oceano. È un tempo di speranza, per affrontare le difficoltà e vedere oggi il futuro che desideriamo e che Dio vuole.

Il nostro è un tempo segnato dalla rassegnazione. Il fatalismo, che è il contrario della speranza, ci fa sprecare tante opportunità e nascondere i talenti che pure ci sono affidati e che togliamo agli altri, oltre a perderli noi. Questo tempo mette paura, pieno di incertezza e di rabbia, segnato com’è dalla violenza, dalla guerra, dalla disillusione, dalle manifestazioni delle conseguenze dell’indifferenza. La pandemia della guerra minaccia la nostra vita e ne rivela la sua radicale fragilità. Siamo, spesso, ancor più deboli perché cerchiamo una forza e una sicurezza che non troviamo e che non saranno mai sufficienti. È la speranza che ci dà forza, non viceversa! E la speranza non dobbiamo andare a cercarla lontano, ma nel nostro cuore. Non è una fortuna straordinaria, un azzardo riuscito, ma è nella vita di tutti i giorni!

Non è degli eroi ma degli innamorati! Non è di chi incute paura per la sua forza, chi fa così ricordiamoci che è sempre un vigliacco, ma di chi ha un cuore buono perché ama. Dove troviamo speranza per affrontare le prove? Perché la speranza non significa evitare le difficoltà ma affrontarle per vincerle! Cosa ci offre il Signore e cosa significa oggi essere cristiani che rendono ragione della speranza che è in loro? Ecco, capiamo proprio quanto ci aiuta la nostra Sant’Agata, debole e fortissima, che ci spiega con la sua vita come essere più forti del male, non dando lezioni o istruzioni per l’uso senza aiutarci.

Il male sconsiglia sempre di fare qualcosa per il prossimo, fa credere che tanto tutto è inutile, riempie di confronti e di vanagloria, persuade che l’unica via è “salva te stesso”, “pensa per te”. E poi si resta soli, perché chi vuole conservare la propria vita la perde e solo chi la dona la trova. I martiri sono coloro che non fanno lezioni ma vivono l’amore. “Sono presenti in tutte le epoche e sono numerosi, forse più che mai, ai nostri giorni, quali confessori della vita che non conosce fine. Abbiamo bisogno di custodire la loro testimonianza per rendere feconda la nostra speranza”.

Sant’Agata ci aiuta a essere insieme, ci fa sentire comunità, ci rende davvero cittadini, cioè non spettatori o, peggio approfittatori che, perché disinteressati al prossimo, prendono invece di servire, e vivono come isole pensando solo a sé. La santità genera santità, come avviene per Sant’Agata. È la gioia di questi giorni, giorno che ci fanno sentire quello che dobbiamo essere sempre: comunità dove ognuno è attento al prossimo, perché la comunione è circolare.

La speranza non significa affatto non avere problemi ma, come dice l’Apostolo “nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche” vivere quell’amore che ci rende più forti. Non importa se siamo sconosciuti al mondo e alle sue ingannevoli leggi di successo, perché quello che importa è che siamo noti al Signore e al prossimo. Siamo afflitti, ma sempre lieti.

E Sant’Agata ci rende viva la definizione dell’Apostolo: siamo poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e che, invece, possiede tutto! Niente vale senza l’amore, che non ha prezzo, che si regala senza calcolo e rende tutto prezioso! Sì, perché questo è il segreto dei piccoli come Sant’Agata, grande nell’amore perché ha avuto paura di chi fa perdere l’anima.Quinziano è il grande che vuole imporre la sua legge, che non sa amare ma solo possedere e rende l’altro un oggetto. È la logica violenta e intollerante della forza del mondo.

È credere di trovare felicità nell’affermazione di sé annullando il prossimo, quella che porta poi alla corruzione e al piegare tutto, anche la propria dignità, all’interesse materiale. Quinziano è l’idolatria delle cose che diventano più importanti delle persone, è il culto del proprio io che ha sempre bisogno di protagonismo, di conferme e rassicurazioni, a qualsiasi prezzo, rincorrendo gli inganni dell’affermazione individuale. Sant’Agata non si piega a questo e ama fino alla fine, e così ci insegna la bellezza dell’amore. La vera libertà di Sant’Agata è essere saldamente fondata in Cristo, àncora che ci rende forti nella tempesta, che permette di resistere alle minacce. Non di meno, ma di più, perché chi ama possiede tutto nell’amore.

Spesso uno dei motivi delle nostre paure è la domanda su cosa sarà di noi dopo la morte. “Con Gesù al di là di questa soglia c’è la vita eterna, che consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del suo amore infinito. Quanto adesso viviamo nella speranza, allora lo vedremo nella realtà”.

La speranza è sapere che saremo felici, perché la felicità è la vocazione dell’essere umano e Dio vuole che gli uomini siano felici, tanto che insegna l’unica via per esserlo qui e per trovare quello che non finisce: l’amore. La felicità! “Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più, in una spirale di avidità in cui l’animo umano non è mai sazio, ma sempre più vuoto. Abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore, così da poter dire, già ora: «Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi». La speranza della vita dopo la morte ci rende forti e ci fa essere felici in questa vita!”

Per questo i cristiani non sono soprattutto quelli che “parlano” di Dio, ma quelli che riverberano la bellezza del Suo amore, il modo nuovo di vivere ogni cosa. E questo è possibile a tutti. Ecco la bellezza di Sant’Agata, che ci dona, riverbero della bellezza di Dio. Cosa ci è chiesto? Essere innamorati di Gesù e amici dei poveri.

Tutti possiamo essere un riverbero dell’amore di Dio! Se visiti un ammalato solo per amore, se aiuti un povero, se visiti un carcerato, sempre solo con la bellezza dell’amore, lui vedrà l’amore di Dio. Questo non è un obbligo, è una necessità difficile da contenere se nel cuore, com’era Sant’Agata, siamo innamorati di Gesù. «Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo» (Ger 20,9).

San Gregorio Magno tesse questo elogio: «La santissima vergine Agata con vittoriosa pazienza, non spaventata dalle minacce, né sconfitta dalle torture, trionfò sulla diabolica crudeltà e rimase salda nella fede».  La pazienza è necessaria per la speranza, così necessaria per non lasciarsi sopraffare dalle prove, vincendo così la tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione.

C’ è tanto buio da illuminare, tanta solitudine da vincere, tanta sofferenza da consolare, tante ferite da guarire. Solo un amore così può fare questo. Ringrazio Sant’Agata, donna di speranza fortissima e piena di luce. Questa luce che rende tutto bello perché amato doniamola ai più poveri. Sarà bellissimo e pieno di umanità il pranzo di quella famiglia che è quella di Gesù: chi ascolta e mette in pratica il Vangelo con i suoi fratelli più piccoli. Solo per amore. Sant’Agata ci parla di Cristo tanto che ci risulta di non dover fare un grande sforzo per amarlo, ci porta a Lui e ce lo fa capire. Ti chiede di avere il coraggio di raccontare agli altri come è un bene averlo incontrato: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32).

Sant’Agata ci fa sentire una comunità perché “l’amore per i fratelli della propria comunità è come un carburante che alimenta la nostra amicizia con Gesù. Gli atti d’amore verso i fratelli di comunità possono essere il modo migliore, o talvolta l’unico possibile, di esprimere agli altri l’amore di Gesù Cristo. Sono i gesti piccoli, feriali, ordinari, possibili a tutti che mostrano la grandezza dell’amore”. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35).

“È un amore che diventa servizio comunitario. Egli ti propone di trovarlo anche lì, in ogni fratello e in ogni sorella, soprattutto nei più poveri, disprezzati e abbandonati della società. Che bell’incontro! Gesù ci manda a diffondere il bene. È una vocazione di servizio: farai del bene come puoi, con il tuo lavoro ovunque tu sia, potrai sentire che Lui ti chiama e ti manda a vivere questa missione sulla terra” (DV, 213). “Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre. Solo il Suo amore renderà possibile una nuova umanità” (DV 218).

Chiamanula cu Grazia e cu cori Taliatila chi è bedda, avi du occhi ca parunu du stiddi e na ucca ca pari na rosa. Pa Patruna di Catania vergini, martiri e miracolosa Semu tutti devoti, tutti cittadini. Evviva Sant’Agata!

Catania, Basilica Cattedrale
05/02/2025
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