solenne veglia pasquale e della santa messa di pasqua “della notte”

Bologna, Cattedrale

Questa è un’assemblea di persone libere e contente; contente perché “liberate”: liberate grazie a colui che è stato crocifisso per noi e per noi è ritornato alla vita. E’ la notte più santa e più fausta di tutte le notti, perché in essa si è compiuto e continuamente si compie il nostro riscatto: riscatto che è passaggio (Pasqua significa proprio “passaggio”) dalle tenebre alla luce, dall’errore alla verità, dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio, dal peso delle molte tristezze e dei troppi giorni senza speranza alla consapevolezza di un destino eterno di felicità, dalla morte alla vita risorta.

I riti, che si succedono in questa lunga contemplazione, rievocano, quasi sceneggiandolo nell’eloquente varietà dei simboli, l’unico, multiforme, onnicomprensivo evento della nostra salvezza.

A ben guardare, ciò che qui si svolge non è propriamente una vigilia di attesa, è già la festa; non è una preparazione alla Pasqua, è già la Pasqua in tutta la sua verità: la Pasqua di Cristo, la Pasqua nostra, la Pasqua dell’universo, che stanotte ricordiamo, esaltiamo, riviviamo, nell’intelligenza della fede e nella gioia.

Quattro momenti scandiscono, incalzandosi, la nostra notturna celebrazione, che nell’anno cristiano è eminente e centrale: la liturgia della luce, con l’ampia e ispirata lode del cero, figura del Vincitore di ogni nostra oscurità e di ogni nostro malessere; la liturgia della divina parola, che ripercorre le diverse fasi del discorso di Dio agli uomini e la storia dei suoi interventi salvifici; la liturgia del battesimo di alcuni nostri fratelli e di alcune nostre sorelle, che richiama e ravviva in tutti noi la consapevolezza che, in virtù della nostra rinascita “dall’acqua e dallo Spirito”, “siamo stati sepolti nella morte di Cristo, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (cfr. Rm 6,3-4), come ci ha detto san Paolo; e, infine, la liturgia eucaristica, che rende veramente presente in mezzo noi il Signore crocifisso e risorto, col suo unico sacrificio che ci innesta e ci compagina nella realtà della Chiesa, suo corpo, facendoci unitamente a lui eredi del Regno dei cieli.

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Una cosa non va mai dimenticata: colui che risorge è lo stesso che è stato appeso alla croce ed è spirato. Egli, pur nell’entusiasmo degli incontri pasquali, si fa riconoscere dai suoi esibendo le sue cicatrici: la sua passione e la sua morte non sono cancellate dal suo stato di gloria. La sua immolazione e la sua risurrezione sono le due facce dello stesso mistero che ci ha rinnovati.

Gli apostoli l’hanno capito bene. Sono andati in tutto il mondo come annunciatori dell’incredibile trionfo di Gesù di Nazaret sulla grande nemica dell’uomo, che è la morte; ma in questo giubilante messaggio non hanno mai censurato o velato i fatti tragici e la sconfitta del Venerdì Santo. Al contrario, nelle loro catechesi (che poi daranno origine ai quattro vangeli) proprio a quei fatti hanno dato lo spazio più ampio dell’intera narrazione.

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Appunto per questo la Pasqua del Signore si offre a noi come una prospettiva e una guida integrale per il nostro pellegrinaggio terreno. In essa si chiarisce e si proclama che esistenza autentica e piena è quella di chi vive per Dio nell’obbedienza alla sua volontà; è quella di chi si fida di lui, che è Padre, e a lui consegna fiduciosamente la sua unica vita, sicuro di riaverla alla fine trasfigurata e perenne; è quella di chi, animato da questa affettuosa donazione al Padre, si spende per i fratelli amandoli, come Cristo, “sino alla fine” (cfr. Gv 13,1).

Questo è la vera significazione della Pasqua e l’indole profonda dell’intera vita cristiana. Noi l’abbiamo già sacramentalmente assimilata e fatta nostra nel battesimo, quando – ci insegna ancora san Paolo – “battezzati nella morte di Cristo” e “consepolti insieme con lui” (cfr. Rm 6,3-4), siamo stati “risuscitati”, “convivificati” e “cointronizzati” con lui (cfr. Ef 2,5-6).

Adesso che cosa dobbiamo fare?

Dobbiamo quotidianamente inverare e attualizzare il nostro battesimo, conquistando a poco a poco una conformità sempre più grande al Signore crocifisso e risorto. Bisogna che concretamente miriamo a una consonanza totale con lui, al punto da arrivare a vedere le cose con i suoi occhi; da giudicare le situazioni, gli accadimenti, le teorie che da più parti ci vengono proposte, con la sua mentalità; da fare nostra senza riserve la sua concezione circa il matrimonio, la famiglia, la vita sessuale, l’uso dei beni della terra, l’attenzione fattiva ai più sfortunati; da condividere la sua stessa generosa e illuminata capacità di amare i fratelli; da avvicinare insomma il più possibile le nostre idee, i nostri desideri, le nostre tensioni, i nostri comportamenti agli ideali che ci sono da lui proposti nel suo Vangelo.

Come si vede, la Pasqua intesa e vissuta così (come realizzazione del nostro battesimo) è la sola realtà in grado di dare una risposta adeguata e saziante a tutti i nostri interrogativi esistenziali.

30/03/2002
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