solennità della beata vergine di san Luca – giubileo di ordinazione sacerdotale

Bologna, Cattedrale

Maggio, il mese di Maria, è il mese in cui i cuori si allargano: l’inverno è definitivamente alle spalle, la primavera è al suo colmo, il bello stabile – se non è già arrrivato – è almeno alle porte.
E’ vero che i metereologi – in contraddizione con i poeti – ci informano che spesso è il mese più piovoso dell’anno. Ma i temporali di maggio non hanno mai insidiato il nostro convincimento se non altro dell’imminenza di una stagione migliore.
Così come la festa dell’ascensione del Crocifisso Risorto – anche se è da noi celebrata mentre siamo alle prese con le molte tristezze e le molte paure della vicenda terrena – viene puntuale ogni anno a garantirci che il Figlio unico di Maria, che è anche l’Unigenito del Padre, è l’irreversibile Signore della storia e dei cuori.
Questa infusione di incoraggiamento e di gioia a Bologna viene confermata e rinvigorita con femminile dolcezza dalla Madonna di San Luca, patrona della nostra città e della nostra diocesi, che proprio in connessione con la liturgia dell’Ascensione discende immancabilmente tra noi.
Discende con il suo carico di speranza, perché ella sa che soprattutto di speranza noi abbiamo oggi un estremo bisogno. Non noi soltanto: non è solo la nostra città e la nostra nazione, ma è l’Europa e l’umanità intera ad avvertire, in mezzo a troppe nubi e a troppe tempeste, la voglia di un po’ di sereno.
Siamo come presi in una morsa: da un lato c’è l’assalto di una estranea prepotenza, che oggettivamente mette in pericolo la nostra civiltà, della quale essa non ha assimilato i princìpi e i valori fondamentali, nonché la minaccia di un terrorismo che non riconosce alcuna barriera morale alle sue imprese scellerate; dall’altro lato c’è, per così dire, un’autonoma estenuazione tra noi di quegli stessi princìpi e di quegli stessi valori, che si vanno stemperando in un relativismo scettico e in un libertarismo senza significazione e senza ideali. In questa morsa noi siamo angustiati e smarriti.
Non possiamo dimenticare però che, nei frangenti più drammatici, i cristiani – e segnatamente i nostri padri – hanno ritrovato forza interiore e auspicio di rinascita appunto rivolgendosi a lei, la “senza peccato”, che non abbandona mai quanti la invocano nel pericolo, anche quando essi non siano incolpevoli; rivolgendosi a lei, che non disconosce mai il suo legame e la sua solidarietà con tutti i figli di Adamo.
* * *
“In quei giorni Maria si mise in viaggio” (Lc 1.39). Questo viaggio, lungo le nostre strade polverose, intrapreso appena le è stata rivelata l’altissima missione assegnatale dal disegno del Padre, non si è più concluso: la Madre di Gesù e madre nostra non ha più finito di accompagnarsi, itinerante silenziosa e sollecita, al faticoso procedere della “nazione santa” e dell’umanità intera sui tortuosi sentieri della storia.
Noi la sentiamo vicina, pellegrina con noi: ogni nostra afflizione è da lei condivisa, ogni nostra ansia è da lei tramutata in un’implorazione capace di far tremare il cuore del suo Figlio onnipotente.
Ella è la madre del Re, ma si affianca alla nostra povertà con la discrezione e l’umiltà dei poveri. E’ la “serva del Signore”, ma con efficacia autorevole sa soccorrere i suoi figli spossati, sa guidarli nelle incertezze, sa rianimarli nelle contrarietà e nei disagi.
Un poeta ucraino, scampato agli orrori del “gulag”, ha evocato con incantevole semplicità l’icona della Vergine in cammino, delineandola come una viandante povera e dignitosa, avvenente e modesta, con l’animo così grande che tutti i nostri mali vi trovano spazio:
“E la Madonna andava
con l’abito consunto dai bucati.
Andava, il volto sotto il velo,
portando seco le pene del mondo”.
(Aleksander Galiç)

* * *

Pio XI – tra i Successori di Pietro uno dei più coraggiosi e illuminati – ricordando nel 1931 il XV centenario del Concilio di Efeso, così ha scritto a proposito della Madre di Dio: “Se alla Chiesa si prepareranno giorni più difficili, se la fede verrà scossa perché la carità sarà raffreddata, se i costumi privati e pubblici peggioreranno, se qualche sciagura minaccerà la famiglia cattolica e la società civile, a lei ricorreremo supplicando istantemente il suo celeste aiuto” (Enciclica Lux veritatis).
Se queste si possono dire “parole profetiche” (termine per la verità un po’ abusato nella cristianità odierna), bisogna riconoscere che la “profezia” si sta compiendo sotto i nostri occhi. E’ dunque giunto il tempo, intravisto da quel Pastore realista e lungimirante, di ricorrere a Maria con più intensa preghiera e con più vibrata fiducia.
La fede oggi è “scossa” nella sua stessa base, quando – per non compromettere le buone relazioni coi non credenti o per evitare di essere accusati di essere “politicamente scorretti” – non proclamiamo più a voce alta, chiara, insistente (“opportune et importune”, direbbe san Paolo) che Gesù Cristo, risorto e oggi veramente, realmente, fisicamente vivo, è l’unico necessario Salvatore di tutti senza alcuna eccezione. Quasi che la redenzione dell’umanità possa dipendere dall’amabilità del nostro dialogo, invece che dalla conoscenza della verità che ci è stata rivelata e dall’aprirsi del cuore alla grazia divina.
Non una ma molte sciagure minacciano “la famiglia cattolica e la società civile”: dal prevalere dell’individualismo egoistico, che ha ispirato e motivato la legislazione e la pratica divorzistica, al rifiuto insipiente di trasmettere la vita, all’aborto, allo scardinamento della morale sessuale, all’esaltazione irragionevole di ogni aberrazione.
Ma si può forse pensare che il male più grande stia nella “carità raffreddata” dei credenti e persino dei praticanti: un raffreddamento che inibisce il coraggio di annunciare impavidamente il Vangelo e di sfidare senza ambiguità e reticenze la cultura anticristiana dominante; che spegne la gioia e la fierezza dell’appartenenza ecclesiale; che illanguidisce l’affetto schietto e operoso per la Chiesa, la Sposa amata di Cristo e la madre nostra amantissima, la quale con la sua santità trascendente ci riscatta da ogni nostra incoerenza e da ogni nostra manchevolezza.
La Vergine Maria – da noi appassionatamente contemplata nella cara effigie della Madonna di San Luca e sollecitata in questi giorni dalle nostre invocazioni – ci consola, ci rianima, ci rassicura del trionfo, che è già in atto, del Figlio suo crocifisso e risorto, e di quanti a lui si mantengono congiunti con un’adesione sincera e fattiva: “Questa – ci dice – è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5,4).

09/05/2002
condividi su