solennità dell’assunzione

Bologna, Cattedrale

“Una donna vestita di sole” ( Ap 12,19). Al fastigio dell’universo – quasi a coronamento e a sintesi di ogni bellezza, di ogni positività, di ogni valore che sparsamente traluce da tutti gli angoli dell’universo, anche da quelli che sembrano più opachi e intristiti – il disegno del Padre ha collocato una donna: “una donna vestita di sole”. Ecco lo stupefacente messaggio di verità e di gioia che ci è offerto da questa antica e sempre gratificante festa dell’Assunzione di Maria.

Questo disegno è un capolavoro di sapienza e di fantasia, e nasce dal cuore stesso di Dio.

Allo splendore di questo disegno divino, come riprovevole ed esecrando appare ogni avvilimento, ogni disistima, ogni sfruttamento, ogni indegna strumentalizzazione pubblicitaria della femminilità! E sono aberrazioni che si ritrovano con frequenza nella vicenda umana, nelle costumanze dei popoli, anche nella società dei nostri giorni che pur si lusinga di essere emancipata ed emancipante.

Alla luce di questo disegno divino, insipiente e miserabile si dimostrerebbe anche un femminismo che cercasse assurdamente il proprio riscatto nel contrapporre al tradizionale egoismo maschile un nuovo e magari più petulante egoismo femminile; o che, invece di individuare ed esaltare le missioni proprie e più adatte all’uno e all’altro sesso, tutto volesse uniformare e appiattire. E finisse così col non capire e non rispettare più il vario e affascinante gioco della vita come è stato pensato dal Creatore.

Maria è arrivata alla gloria di una regalità trascendente (cf Ap 12,1: “sul suo capo una corona di dodici stelle”), proprio obbedendo al progetto del Padre e procedendo su un cammino esistenziale che è lontanissimo da ogni proposta mondana di promozione.

Tutto in lei comincia da un atteggiamento interiore di perfetta donazione: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto ” (Lc 1,46). Non ha detto: “Io sono mia”, secondo l’egoistico programma che ai nostri tempi si è sentito spesso enunciare. Ha detto: “Io sono tua”.

“Io sono tua”: è l’esclamazione davvero femminile di un’anima verginale che si vuol consegnare totalmente a colui che l’ha scelta. E su questa strada è divenuta supremamente feconda: ha generato al mondo e alla storia l’Unigenito eterno del Padre.

“Quando venne la pienezza del tempo – scrive san Paolo – Dio mandò il suo Figlio nato da donna” (Gal 4,4). “Nato da donna”: appunto attraverso la femminilità umana la Divinità infinita e ineffabile ha voluto entrare nell’umanità e saldarsi ad essa per rinnovarla e salvarla. E’ difficile immaginare una più alta glorificazione della donna, della sua specifica funzione, del suo seducente mistero.

“Io sono la serva” (cf Lc 1,38), ha detto all’ambasciatore celeste la semplice e sconosciuta fanciulla di Nazaret. E Dio chiama colei che si è detta “serva” a diventare la madre del Re: “Colui che nascerà da te sarà grande” E il suo regno non avrà mai fine” (cf Lc 1, 31-33).

Divenendo per amore “serva” dell’Altissimo, perciò stesso Maria estende il suo servizio e la sua carità anche al “prossimo”, e va “in fretta” ad aiutare Elisabetta. E così meriterà di essere salutata da Elisabetta come “la madre dl mio Signore” (cf Lc 1,43), cioè la madre del Dio d’Israele.

Sul Calvario, sotto la croce, la Vergine invera fino in fondo la sua femminilità, assaporando nella sua anima trafitta quella sofferenza, che si accompagna alla generazione e che alla nascita di Gesù le era stata risparmiata. In tal modo, il suo affetto oblativo si dilata fino a raggiungere l’umanità intera. “Donna, ecco tuo figlio” (cf Gv 19,26); ed eravamo tutti rappresentati dal giovane apostolo che in quel momento, appunto come figlio, le viene affidato.

“Donna”: ritorna ancora una volta il termine espressivo della femminilità; e viene solennemente rievocato addirittura dal Salvatore crocifisso. In quel momento, l’arcana energia che c’è nell’intimo di ogni figlia di Eva viene elevata a essere – nelle donne che accettano di riconoscere nella Madonna il loro più adeguato modello – una forza di redenzione e di elevazione per tutta la stirpe di Adamo.

Su questo percorso, tracciato per lei e per tutte le sue sorelle dalla misericordia del Padre, Maria è pervenuta a un trionfo così eccelso da essere inimmaginabile; il trionfo cosmico che celebriamo nell’odierna solennità: “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).

Ogni donna – che sia degna di questa qualifica – è in qualche modo glorificata con lei. Ogni donna trova in lei l’invito e l’esempio a vivere generosamente la sua particolare vocazione. Ogni donna, che non si lasci annebbiare gli occhi e il cuore dalle mille futilità imperanti, trova una giusta ragione per associarsi alla Madre di Dio nell’inno di gratitudine e per dire con lei: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” (Lc 1,46-47).

15/08/2000
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