Solennità di Pentecoste

Gesù ci ha chiamato per rispondere a quella sete di acqua viva che è nel nostro cuore e in quello di ogni uomo. A chi crede, a colui che incontra il suo Spirito, “dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Il discepolo che “sente” l’amore con il cuore e lo capisce con la fede è un assetato che ha trovato l’acqua buona del Vangelo, che ha incontrato Gesù e scopre di avere nel suo cuore una sorgente di amore che può donare speranza, fiducia, sollievo ai tanti che come lui hanno sete di futuro, di certezze che non deludono. Un cristiano pieno dello Spirito di Dio e vuoto del proprio orgoglio può compiere le cose grandi di Dio, quelle che rendono l’uomo capace dei “prodigi” dell’amore più forte del male, che non si arrende, che supera i limiti, che non si piega alla logica della convenienza e del proprio interesse. Non disprezziamo mai i piccoli gesti di amore, perché è da questi che tutto inizia a cambiare, per chi li riceve e per chi li offre. A volte pensiamo i prodigi dell’amore come grandi gesti straordinari, che richiedono virtù e capacità particolari. No. Prodigio è anche solo un vestito donato a chi vediamo spogliato di dignità dal pregiudizio o dall’ignoranza; è un bicchiere d’acqua offerto a chi ha sete di attenzione e comprensione; è una visita a quel malato che è perduto nel naufragio della malattia o della vecchiaia; è accogliere con umanità e speranza un uomo diventato straniero perché lontano da casa che cerca qualcuno che lo tratti da uomo, che lo riconosca come fratello o figlio. L’amore rende grandi le cose piccole. Da un gesto che può apparire minimo nasce tanta intelligenza, perché amare chiede sempre migliorare per trovare risposte sempre più efficaci e per rendere preziosa la vita che Dio ci ha affidato, la nostra e quella del prossimo.
Anche Pentecoste inizia da umili e peccatori uomini galilei. La prima comunità si trovava insieme in preghiera. Non avevano ancora lo Spirito. Senza l’amore di Dio “la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi”. Non basta essere insieme: dobbiamo lascare spazio a Dio, leggere la sua Parola che genera in noi lo Spirito e uomini nuovi. Con i discepoli c’era Maria. Non si è mai cristiani da soli, orfani, eroi o protagonisti unici. Maria è affidata ai discepoli e loro a lei. Che tristezza il cristiano che pensa di potere contare solo su di sé, sulle proprie capacità, che è individualista e finisce per ridurre la Comunità a palcoscenico per la propria considerazione! Il figlio, infatti, circonda di affetto sua madre e insieme a lei i fratelli, prova la dolce protezione di essere suo, impara da lei ad essere sensibile, attento. Amiamo sempre questa madre che è la Chiesa e che sono le nostre comunità! Circondiamola di venerazione e protezione, non accettiamo pensieri e discussioni divisivi, non facciamo mancare il nostro entusiasmo, che tanto ci incoraggia e ci edifica. Papa Francesco ha voluto che il lunedì dopo Pentecoste venga celebrata la festa di Maria Madre della Chiesa per sentire la sua protezione su tutte le nostre Comunità, per ringraziare di questa madre, per chiedere che anche noi crediamo all’adempimento della Parola e, come Lei, restiamo sotto la le tante croci dei suoi figli provati dal male. Maria ci aiuti a contemplare e difendere sempre quello che unisce e non accettare mai tra noi quello che divide.
A Pentecoste scende lo Spirito su tutti. Nessuno degli apostoli è escluso. L’unità permette la forza di ciascuno, esattamente il contrario di quello che avviene nel mondo, per cui per affermarsi dobbiamo essere unici, distinguerci, essere se stessi senza gli altri o addirittura contro di loro. Tutti possiamo e siamo chiamati ad essere un dono per gli altri e esserlo così come siamo. Lo Spirito del Signore ci fa capire quanto siamo amati, perché Lui viene ad abitare proprio nel nostro cuore, si confonde con la creta della nostra fragilità e ci rende santi nonostante il nostro peccato. Come è successo domenica scorsa, durante l’Ascesa della Vergine di San Luca: il vento aveva spazzato via l’inquinamento e si potevano vedere bene i particolari, si distingueva da lontano quello che esisteva lo stesso ma rimaneva nascosto ai nostri occhi. I colori apparivano caldi, accesi non grigi e spenti. Ecco così vede un uomo pieno di Spirito! Riconosce i segni della presenza di Dio e scruta con attenzione il mondo! Cerchiamo di essere santi, viviamo il suo amore nella nostra vita per vedere e capire con profondità la città degli uomini e gli uomini. Non lasciamoci invecchiare o intiepidire; non teniamo inerte lo Spirito in noi perché l’amore è una forza grande; non accontentiamoci della mediocrità perché l’amore ci rende migliori e vuole sempre di più, il magis.
Così capiamo cosa stiamo a fare in questo mondo. Il male ci seduce con l’egoismo, deformazione dell’amore per noi stessi che ci separa dal fratello. Non possiamo amare noi stessi se non amiamo gli altri e non possiamo amare gli altri se non amiamo noi stessi. Diceva Merton: “Cosa vuol dire amare noi stessi nella giusta maniera? Accettare di vivere la vita come un dono davvero immenso e come un bene, non per quello che ci dà, ma per quello che ci rende capaci di dare agli altri”. Ecco perché lo Spirito, il suo amore, riempie il nostro cuore, sana le nostre ferite, libera dal peccato, rende nuovo ciò che è vecchio e ci rende fratelli, non tutti uguali, ognuno diverso ma non solo, unito nel vincolo dell’amore gli uni per gli altri. Lo Spirito ci rende grandi e rende più buoni e felici quelli che lo accolgono. Lo Spirito rende santi non perché diventiamo perfetti o dobbiamo fare finta di esserlo. Non aiutare priva gli altri del dono che abbiamo solo noi! “Il Signore porterà a compimento la tua missione sulla terra anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere”.
A Pentecoste il primo cambiamento degli apostoli fu parlare le lingue degli uomini. Questo avviene, però, solo dopo avere iniziato a parlare agli altri!  I discepoli non debbono passare il tempo a studiare le lingue, ma a farsi riempire dallo Spirito, leggendo la Parola di Dio! Gli apostoli stessi si sorprendono, perché la loro lingua è quella di sempre, sono galilei e si sente, ma diventa comprensibile a tutti perché piena di amore. La Chiesa e i cristiani parlano questa lingua che abbatte tutte le frontiere. Quanto c’è bisogno di parlarla, mettendo sotto le scarpe il nostro orgoglio. Questo significa essere santi e così, come a Pentecoste, nessuno ci sarà più straniero e scopriremo tanti fratelli in coloro che sembravano estranei, lontani.
Signore continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo. Vieni, Santo Spirito, rendi ognuno di noi un raggio del tuo amore. Vieni, luce dei cuori, rendici santi perché attraverso la nostra umanità tanti possano conoscere il tuo amore appassionato e personale per ciascuno. Tu che sei consolatore perfetto, che non hai paura di diventare ospite dolce della nostra anima, che entri nella spelonca del nostro cuore e sei dolcissimo sollievo, insegnaci ad essere miti ed amabili verso tutti, forti e autentici testimoni del tuo amore. Maria, Madre della Chiesa renda le nostre Comunità famiglie unite e ciascuno di noi attento alla fraternità. Nella Babele di questo mondo di egocentrici, dove gli altri si capiscono poco perché parlano sopra gli altri, piena di barriere che non permettono una relazione fraterna, donaci Signore di parlare con tutti e sempre l’unica lingua di Dio, l’amore.
Vieni Spirito Santo.

20/05/2015
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