trigesimo di Carlo Salizzoni

Bologna, Cattedrale

A distanza di un mese è più facile ripensare con serenità alla morte di una persona cara. Il rammarico e il dolore per il distacco subìto restano ancora vivi e pungenti; ma si fanno anche più pacati e meglio disposti a lasciarsi avvolgere e trasfigurare dalla speranza cristiana. Diventa allora quasi naturale e spontaneo – quando si tratta di un cristiano come Carlo Salizzoni – associare alla preghiera per il suffragio del defunto e per il conforto di quanti gli hanno voluto bene anche l’orazione di ringraziamento al Padre, che alla sua famiglia, alla comunità dei credenti, alla nostra città ha fatto il dono di un’esistenza esemplare e feconda di bene come la sua.

Così questa eucaristia – restando connotata, come tutti i riti funebri, dalla mestizia del ricordo e del rimpianto – diventa in un senso ancora più intenso e pieno una “eucaristia”, cioè una commossa e sincera “azione di grazie”.
Carlo Salizzoni, è stato un uomo dalla fede limpida e forte, dalla certa e gioiosa appartenenza ecclesiale, dalla militanza apostolica senza tentennamenti e senza eclissi.
La sua religione era illuminata dalla verità evangelica, era sorretta dalla fedeltà alla preghiera e agli atti di culto, era riscaldata da un operoso amore per i fratelli. Ma al tempo stesso egli è stato sempre guidato dalla persuasione che l’ascolto della parola di Dio, la liturgia, la carità, non potevano non incarnarsi ed esprimersi nella testimonianza fattiva in tutti i campi e particolarmente nella vita sociale e civile.

Sotto questo profilo, egli ha continuato degnamente quella gloriosa tradizione del cattolicesimo bolognese che può ravvisare in Giovanni Acquaderni il suo capo scuola e la figura più rappresentativa e più alta.
La nostra Chiesa è fiera e lieta di aver generato dei figli come questi; e ha verso di loro un grande debito di riconoscenza.
E ne propone il modello alle nuove generazioni. Questa è un’eredità ancora oggi preziosa; è una lezione di vita di cui i nostri tempi avvertono un particolare bisogno.
Discepolo docile del Signore, Carlo Salizzoni è vissuto ed è morto nella splendida certezza che la vita dell’uomo non finisce qui sulla terra, e tutti ci attende un destino di risurrezione. E ancora una volta oggi la parola di Dio ha ravvivato in tutti noi questa bellissima persuasione.

Proprio questo convincimento spiega e giustifica questo nostro radunarci in preghiera, anche dopo che le onoranze funebri sono già state tutte compiute. PerchÈ – come abbiamo ascoltato – se non avessimo ferma fiducia che i defunti saranno risuscitati, sarebbe vano e superfluo pregare per i morti (cf 2 Mac 12,44).
In questa speranza ci rinvigorisce la stessa parola del Signore Gesù, unico nostro Maestro e unico Salvatore di tutti. Chi con gli occhi di una fede viva “vede” Gesù (lo “vede” nella Chiesa, che è il Cristo che cammina nella storia; lo “vede” nella sua presenza eucaristica; lo “vede” nei fratelli), dopo la morte lo incontra in una gioia senza fine. Come ci ha detto lui: “chiunque vede il Figlio e crede in lui, ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Gv 6.40).

18/02/1998
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