Veglia di preghiera per la pace in Ucraina

Gesù ci manda a lavorare questa messe abbondante, che è evidentemente il suo interesse. Senza vedere la messe, e quindi sentire la gioia di potere lavorare, non ci andremmo, lo faremmo svogliatamente, senza fretta, per forza. Spesso pensiamo non ci sia nulla da raccogliere; crediamo si possa aspettare perché non ci rendiamo conto dell’attesa e della sofferenza; a volte ci sentiamo in diritto di lamentarci e recriminare. Quando non ci accorgiamo della messe o pensiamo non ci riguardi, finiamo per occuparci solo del nostro piccolo, cerchiamo e ci accontentiamo di qualche rapida soddisfazione per verificare le nostre capacità, per garantire il nostro benessere individuale. Se vediamo con gli occhi dell’amore, quelli di Gesù, la messe abbondante, sentiamo la gioia di potere fare qualcosa, capiamo il motivo per cui vale la pena sacrificarsi, aspettiamo come i contadini durante i lunghi e freddi inverni perché sappiamo che quei campi biondeggeranno.

La messe in questo mondo chiede di essere raccolta. Sono le tante attese di futuro, di consolazione, di sicurezza, di luce nel buio, insomma di quel regno di pace e giustizia quando e dove il lupo sarà accanto all’agnello, le lance saranno trasformate in falci e nessuno si eserciterà più nell’arte della guerra. La creazione geme e soffre, come nell’attesa di un parto. E la sofferenza fa piangere, mette fretta perché aspettare vuol dire tanto dolore in più e tanta, tanta povertà, accompagnata da tutte le sorelle della guerra, quelle che spengono la vita e la segnano definitivamente anche dopo la fine della guerra stessa.

Gesù ci manda nella grande messe del mondo. Non dice: scappa, cerca un riparo, costruisci un mondo a parte dove stare tranquilli e dove vivere secondo il Regno. Ci manda sapendo che alcuni continueranno come prima e non accoglieranno. La prima parola che ci insegna a pronunciare è pace. È quella che dobbiamo portare, perché senza la pace la vita è sempre minacciata, perde qualsiasi valore, diventa oggetto privo di significato, un nemico da abbattere.  In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. In qualsiasi e per prima cosa. Non c’è nessun estraneo, nessuno che non meriti la pace, non c’è un nemico da evitare o da condannare. Vuol dire che tutti hanno diritto alla pace e che non ci può essere pace se anche un solo pezzo della nostra casa comune brucia. È la prima parola da dire e da “fare”. Come per la pandemia: solo una cura di tutto il mondo può sconfiggerla, perché tutto è collegato. Ogni pezzo della terza guerra mondiale ci riguarda, perché frutto dello stesso virus antico, nascosto nel cuore dell’uomo, ancor più pericoloso quando appare innocuo o fa credere di essere facilmente controllabile. Tutto ci riguarda direttamente.

Oggi preghiamo per l’Ucraina, percorsa da tanti, troppi anni, dalla violenza. E, come sempre, se non si cerca la guarigione si finisce per peggiorare. Non possiamo mai accontentarci di tenere bassa l’intensità della violenza, perché dobbiamo spegnerla e risolverne le cause. Non basta solo contenere la violenza, (anche se è certamente importante e auspicabile), perché questa deve essere guarita, e non possiamo mai accettare che sia un destino. Occorre fermare la violenza ma anche disinquinare i cuori da tutto ciò che li intossica, che favorisce lo scontro, che nutre il pregiudizio. Occorre togliere con pazienza i tanti semi di inimicizia, che hanno radici lunghissime e una memoria che li coltiva. «Solo chi ama il lupo può parlare al lupo», diceva Mazzolari, cioè solo chi non ha il cuore segnato dalla divisione, chi sa vedere nel nemico il fratello ci può parlare e vedere in lui quello che è, il mio fratello. A volte ci vuole molto tempo e insistenza.

Dobbiamo cercare ovunque la via del dialogo e distruggere ogni seme di odio e di divisione che ci sia in noi. Dobbiamo distruggere i nostri arsenali, riempire le trincee scavate per difenderci e attaccare, per chiedere di fermarsi. La via principale è la preghiera, seguita dall’attenzione al prossimo che include sempre anche il nemico. Dobbiamo chiederci se facciamo abbastanza noi per costruire la pace e non perdere tempo, riconciliarci ed avere un cuore riconciliato perché solo così possiamo chiedere e ottenere pace. Il lupo è sempre dentro di noi ma il lupo non è un destino e lo posso combattere, sconfiggere nell’artigianato della pace che Gesù ci affida. Le scintille di violenza possono provocare incendi che in cuori così infiammabili nessuno può controllare. È quindi scellerato giocare con la violenza. Chi pensa di trarre qualche vantaggio ricordi che perde tutto, perché dalla guerra tutti escono sconfitti.

Le logiche della violenza, con il loro archivio di torti e di ragioni, devono trovare alleanze di pace e quindi cuori e menti di pace. Dobbiamo essere costruttori di fratelli tutti, che è il vero artigianato della pace, quello per cui tutto nella vita di tutti i giorni ci riguarda. Così pregheremo con maggiore convinzione Dio di ispirare propositi di dialogo. Fermatevi e fermiamoci finché siamo in tempo. Pace: questo chiediamo con la forza dei piccoli, con il coraggio di volere essere fratelli tutti nell’unica casa comune. Gli operai della pace sono davvero pochi. Preghiamo perché tanti aiutino il Signore a difendere e cercare il dono della pace. La Theotókos, la “Regina del mondo”, la “Mediatrice”, la “Speranza dei disperati”, “l’Arca animata di Dio”, la “Gloria di tutto l’universo”, il “Rifugio dei peccatori”, la Mater Dolorosa protegga e aiuti tutti a perdonare e chiedere perdono, a cercare e difendere la pace e a scongiurare la violenza e la guerra.

Bologna, basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano
26/01/2022
condividi su