Quanto è importante la visita, incontrarsi, guardarsi, ascoltarsi, pregare insieme! Quanta gioia! La visita ci cambia, ci fa vedere la comunione e capire che anche quando siamo soli in verità non siamo soli perché qualcuno è legato a noi. Non basta dirlo, saperlo con la testa: dobbiamo viverlo anche con il cuore, con tutti i nostri sensi e con il sesto senso che è l’amore, quello che li accende e li fa vivere tutti. Dio ci visita, anzi, viene proprio per starci vicino. Non va più via, resta tutti i giorni, ci invita a confidare nella Sua presenza. Gesù non resta invisibile! Gli uomini spesso sì, purtroppo ci sono ma non si vedono, si fanno “di nebbia”, diventano in bianco e nero e perdono tutti i colori, come cantavano i bambini. Guardate, qualche volta stiamo anche vicini gli uni agli altri, eppure abbiamo il cuore lontano, siamo assenti perché non ci vogliamo bene. Per questo dobbiamo iniziare con la benevolenza, cioè guardarci con attenzione, con riguardo, cercando il bene e smettendo di essere paurosi e aggressivi come coloro che mettono paura, oppure più semplicemente come quelli che non fanno accadere proprio nulla! Dio si fa vicino e il nostro amore riflette quello che Lui ha acceso ed è, come abbiamo detto, la corrente elettrica che si vede attraverso la luce che genera, la forza che fa parlare, l’energia che diventa amore, gesto, fatto. Ecco cos’è la Chiesa.
La famiglia di Dio, la sua comunità, dove impariamo da Lui, che è amore, cosa significa amare. Perché tutti lo possiamo fare, lo abbiamo in dotazione, ma possiamo anche capire quanto male facciamo e quanto dobbiamo imparare ad amare! Non vogliamo smettere di amarci e non vogliamo farlo solo in alcuni momenti. Durante l’alluvione – che poi dura mesi e non finisce quando l’acqua è andata via! – abbiamo visto la sofferenza evidente e abbiamo capito quella nascosta, la paura che resta, i ricordi che sono andati via insieme a tanti beni. In quei giorni vi è stata anche tanta vicinanza. Guardate, ne abbiamo bisogno sempre, pure quando non si vede l’acqua che ci minaccia in maniera incredibile, che cambia tutto e non ci fa riconoscere più la nostra vita. Avviene così anche con la malattia quando non riconosco più il mio corpo diventato un altro, o quando non c’è più una persona amata che l’ha portata via l’alluvione del male, o quando ci sentiamo vuoti e senza difese. Ecco perché Dio ha mandato Suo Figlio a visitarci, anzi a stare con noi. Dio lo sa che siamo fragili. Gli uomini lo dimenticano, tanto che si ignorano, non si aiutano, arrivano a farsi la guerra che distrugge tutto e tutti. Invece di pensarsi insieme, si pensano ognuno per conto proprio e il più forte dice “si fa come dico io”, dimenticando che la forza di Dio e dell’uomo è solo l’amore e l’amore non è mai contro ma insieme, non è mai mai senza, ma è sempre con. Aiutiamo Dio facendo come Lui. Non facciamo mai mancare aiuto a chi è sommerso dalla sofferenza, dalle difficoltà. E doniamo non solo il nostro aiuto – verrebbe da dire ci mancherebbe altro e, purtroppo, manca! – ma il nostro amore. Noi non possiamo darci solo una mano! Dobbiamo darci il cuore, perché dandolo lo troviamo, capiamo di averlo e a cosa serve, vediamo anche il cuore degli altri, perché se non si dà cuore questo resta invisibile. La regola dell’amore però non sono io, ciò che fa bene a me. No. Quello che fa bene agli altri fa bene a me!
La casa di Dio è una casa per tutti. Qualcuno, allora e oggi, questa cosa non la capisce proprio, non la vuole capire, e i più ossessivi non si danno pace. Qualcuno semplicemente perché non vuole proprio voler bene, o pensa di voler bene solo come gli pare a lui e solo con quelli che vuole lui, non vuole imparare ad amare quelli che invece condanna perché li giudica male, e dei quali non ne vuol sentire nemmeno parlare. Sono sempre nostri fratelli! Solo che noi ce lo dimentichiamo e pensiamo che ormai non lo sono più o non se lo meritano, sono dei condannati, possiamo chiudergli la porta in faccia. Mormoravano perché Gesù accoglieva i peccatori. Pensavano male, sembrava loro una confusione, che non c’era più giustizia o che il Padre fosse troppo buono, che invece doveva giudicare e siccome il Padre non lo faceva sembrava opportunismo, cedevolezza, tradimento della legge. A chi mormora non gli importa ovviamente dei peccatori, anche perché loro pensano di non esserlo. Ed è proprio questo il loro e il nostro problema. Pensano di non avere bisogno della misericordia e, invece, di amare giudicano. Gesù e suo Padre amano e questo è il loro giudizio.
Inizia tutto con l’inquietudine del figlio più piccolo. Inizia quando per essere se stesso deve dire mio, come se non lo fosse già perché la regola di quella casa, che è la regola dell’amore, è: tutto quello che è mio è tuo! Ma è sempre anche mio! È amore: insieme mio e tuo! Lui invece voleva dire solo mio e basta. Solo mio. Purtroppo anche l’altro fratello pensa lo stesso, ma non lo dice. Si vede solo alla fine, perché non ama né il Padre né il fratello. Ama solo se stesso, il suo capretto, quello che fa lui. L’unico che ama tutti è il Padre, Dio. “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Dovrebbe mettersi a discutere: ma cosa ti spetta? Il fratello avrebbe iniziato a discutere e sarebbero finiti in tribunale, sicuramente, come quegli altri due fratelli che non si volevano mettere d’accordo perché non sapevano più dire mio e nostro assieme, perché avevano perso il Padre, aveva vinto la divisione e non si amavano più.
Il Padre è costretto a dividere. Mi ha sempre colpito. Poteva costringerlo a stare a casa. Lo lascia libero. Non si ama se non si sceglie, non si ama per obbligo. Se si ama poi vengono i legami, ne ho bisogno, li cerco e accetto anche gli obblighi. Il Padre non ci obbliga a restare, perché non sarebbe amore, sarebbe trattarci non da figli ma da schiavi. Il figlio se ne va e sperpera. E sapete perché? Perché non aveva legami, aveva solo il legame con se stesso e finisce prigioniero di tanti! Dissoluto significa proprio questo: senza legami! E così diventa schiavo. Il legame del Padre, invisibile ma quello più forte, è l’amore. Il figlio invece sperimenta che il mondo ha interesse solo per le cose e che non vali più niente senza soldi! La vita sono i soldi e i soldi sono la vita. Non gli davano le carrube, quelle di cui si nutrivano i porci, perché non conveniva. E così si sente uno scarto. Non si sente: è uno scarto, la sua vita non vale. Che mondo terribile! Per la prima volta capisce che ha bisogno della casa del Padre. Nessuno gli dava nulla: l’indifferenza è proprio cattiva. Ritornò in sé. Pensava di essere in sé dicendo mio. In realtà ritrova se stesso ricordando il Padre e la casa. Lì c’è il pane e sapete perché? Pane in abbondanza. Per tutti! Perché la regola, quella del Padre, è la condivisione che non fa mancare niente a nessuno, perché se c’è il Padre ci si pensa insieme. Il Padre lo vede da lontano. A me ha sempre commosso questo Padre che non si vergogna di corrergli incontro appena lo vede. Corre, corre come può, non vede l’ora, non aspettava altro. È suo figlio. È mio figlio! È tornato! In genere è il figlio che butta le braccia al collo. No: è un Padre che ama e ci fa sentire subito che siamo suoi. Non ci fa aspettare. Non è mica un giudice: “Dimmi cosa hai fatto? Pagherà il giusto!” Non è un direttore di azienda: “Adesso ti metto alla prova”, oppure “mi dispiace ma qui non c’è più posto per uno come te, ho tanti altri che aspettano e tu non mi servi proprio”, oppure “dopo quello che mi hai fatto vai proprio all’ultimo posto così vediamo se questa volta capisci!” No! È un Padre e lui è suo figlio. Siamo suoi figli! Non ci tratta come un garzone. L’avrà guardato, avrà detto finalmente, non sai quanto stavo male, non sai quanto mi dispiaceva, ti ho sempre pensato, non ho mai sciolto il legame di amore con te anche se eri lontano. Sei mio figlio e io sono tuo Padre, ti amo. Ecco la festa. Impariamo a farla, aiutando il Padre e non facendo come il fratello maggiore, giudice, direttore di azienda e che, in fondo, dice anche lui mio e non capisce che tutto, tutto è già suo nell’amore. Non bisogna essere perfetti, o credersi perfetti, mettendosi ad accusare gli altri. Bisogna amare come il Padre che rende il figlio quello che è e che ci insegna anche ad essere fratelli. La speranza del Padre è che tutti abbiano in abbondanza il pane dell’amore. Il mondo è pieno di persone che hanno fame e che cercano la casa del Padre. Noi possiamo essere un po’ di quella festa condividendo il nostro amore e non facendo come il fratello maggiore che non gli interessa nulla. Portiamo l’amore del Padre, specie chi è nella carestia e non vale nulla per gli altri. Come hanno cantato i bambini, vedremo nel nostro cuore e nel cuore del prossimo un po’ di Paradiso anche quaggiù!
