XXXIII Domenica per annum (A)

1. Leggendo e meditando attentamente la parabola evangelica, vediamo che i suoi momenti principali sono due: il gesto del padrone di affidare ai suoi servi una certa somma di denaro, e il rendiconto finale. Prestiamo anche attenzione ad un particolare importante: fra l’affido e il rendiconto corre «molto tempo».

Portiamo subito la nostra riflessione sul «rendiconto finale», che occupa quasi tutto il racconto evangelico. Esso mette in risalto il comportamento opposto rispettivamente dei primi due servi e del terzo: fedeltà, operosità ed impegno da una parte; malvagità, neghittosità ed indolenza dall’altra. Pertanto la «sentenza-decisione finale» è opposta. Ai primi due è detto: “prendi parte alla gioia del tuo padrone”;

al terzo: “gettatelo fuori nelle tenebre”. Come vedete, è un racconto che inizia con un fatto comune ai tre, la consegna di una somma di denaro, ma poi si sviluppa tutto sul contrasto.

Ma che cosa ha voluto dire il Signore? Che cosa ha voluto insegnarci con questo racconto? Non è poi così difficile a sapersi, se siamo docili ed attenti alla sua parola.

Iniziamo proprio dal gesto che sta all’origine di tutto il racconto: «consegnò loro i suoi beni». Anche all’inizio della tua vita sta una «consegna». C’è un testo della S. Scrittura che dice: “Egli [il Signore] da principio creò l’uomo e lo consegnò in mano del suo proprio volere” (Sir 15,14). Dunque, ciascuno di noi è stato «consegnato» a se stesso: alla sua libertà. La propria persona è come

un «capitale» che può essere messo a frutto. Di che cosa è fatto questo «capitale»? delle ricchezze proprie della nostra umanità. E’ la ricchezza della nostra intelligenza; è la ricchezza della nostra capacità di amare; è la ricchezza della nostra capacità di lavorare. Forze messe a disposizione della nostra libertà. Noi cristiani poi siamo stati arricchiti in un modo infinitamente superiore: ci è stata

donata la vita stessa di Dio.

In conseguenza di questa «consegna di noi stessi a noi stessi» inizia e si svolge tutta la nostra vita. E ciascuno di noi ha due modi fondamentali di viverla: o come i due primi servi che impiegano il capitale ricevuto o come il terzo servo che non mette a frutto niente. Proviamo ad applicare questo alle ricchezze, ai talenti di cui è dotata la nostra persona.

Il talento della nostra intelligenza. Tu lo metti a frutto quando non restringendoti alla sola realtà sensibile, tu vuoi capire fino in fondo il significato della tua vita; tu lo sotterri quando ti rendi schiavo dell’opinione della maggioranza e ritieni di scarso interesse il sapere come «stanno veramente le cose». Chi è schiavo della “dittatura del relativismo” sotterra il talento dell’intelligenza.

Il talento della nostra capacità di amare. Tu lo metti a frutto quando cerchi di realizzarti attraverso il dono sincero di te stesso agli altri; tu lo sotterri quando confondi amore e piacere e ti riduci ad essere trascinato dalle emozioni e dalle passioni. Chi riduce la propria libertà a mera spontaneità sotterra il talento della sua volontà.

Il tesoro sublime della nostra vita in Cristo. E’ l’apostolo Paolo che nella seconda lettura ci insegna come mettere a frutto la nostra vita in Cristo.

La pagina evangelica è veramente straordinaria. Essa mostra alla persona umana la sua vera grandezza, la sua dignità incomparabile. La dignità della persona consiste nella sua libertà, sviluppando la propria umanità in Cristo. La dignità delle persone consiste nel fatto che poi ognuno di noi deve rendere conto di se stesso davanti al tribunale di Dio per tutto quello che avrà fatto.

2. Nel realizzare questo “programma”, nel mettere a frutto il prezioso capitale della propria umanità, l’uomo non è solo. Non deve fare affidamento solo su se stesso. Cristo gli dona il suo stesso Spirito. è lo Spirito Santo che rigenera la nostra umanità, che la fa fruttificare in ogni opera buona.

Lo Spirito che vi viene donato è luce che vuole tenere desta la vostra intelligenza; è forza che rende robusta la vostra volontà; è, in una parola, Colui che dona la vera libertà. Vi dona cioè la capacità di agire e vivere secondo scelte consapevoli, mossi cioè da convinzioni vere, e non per ciechi impulsi o coazioni esterne o come pecore nel gregge della maggioranza. Siete pienamente rigenerati dallo Spirito Santo a vita vera e piena.

 

 

13/11/2005
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