XXXIII DOMENICA PER ANNUM (B)
 [S. Giorgio in Piano: 19-11-06

1. «Cristo avendo offerto un solo sacrificio per i peccati un volta per sempre si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai soltanto che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi». Queste parole, appena udite dalla seconda lettura, narrano l’intera storia della nostra salvezza: ciò che Cristo ha fatto e sofferto «una volta per sempre» per noi.

Egli ha percorso la via già preannunciata dai profeti: morì perché gli uomini preferirono le tenebre alla luce [cfr. Gv 1,5.10]; perché i suoi quando, quando venne nella sua casa, non lo accolsero [cfr. Gv 1,11]. Egli ha offerto la sua vita come «un solo sacrificio per i peccati». Ma attraverso la sua morte, Egli è entrato nella Vita gloriosa del Padre. A causa della sua morte [cfr. Fil 2,7], Cristo «si è assiso alla destra di Dio». Ha acquisito un modo di esistere nella sua umanità completamente diverso dalla forma corruttibile, mortale di questo mondo. La sua natura umana, nella Risurrezione, fu interamente pervasa e resa eternamente vivente da quella gloria che egli aveva prima che il mondo fosse [cfr. Gv 14,6]. Ci ha appena detto la parola di Dio: «si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai soltanto che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi». Siede alla destra di Dio, costituito vero Signore di questo mondo, degli angeli e degli uomini, di tutto.

Questo è il cammino percorso da Cristo, che il testo della seconda lettura ci ha mirabilmente riassunto. E noi suoi discepoli? Che ne è di noi che in Lui crediamo? Di noi che viviamo in questo mondo, in mezzo a difficoltà di ogni genere? La celebrazione eucaristica odierna vuole fare luce sulla nostra condizione attuale, svelarcene l’intimo significato.

Recitando il Simbolo della nostra fede, dopo aver professato la verità di quanto la parola di Dio ci ha appena detto: «… è salito al cielo, siede alla destra del Padre», noi aggiungiamo: «E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà mai fine». La nostra fede nel Cristo risorto che vive nella gloria diventa fede nel Cristo che deve ritornare: la fede nel Signore genera sempre nel nostro cuore la speranza nel futuro ritorno  del Signore. La nostra vita di credenti, la vita stessa della Chiesa intera è tutta tesa tra l’ascensione di Cristo al cielo e il suo ultimo ritorno: la nostra vita si pone nell’intervallo di tempo fra il passato e il futuro, improntata da quanto Cristo ha già fatto per noi e dall’attesa della sua venuta. Che questa sia la nostra reale condizione è mirabilmente spiegato in un brano della lettera scritta da S. Paolo a Tito: «E’ apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini [= ecco quanto è già accaduto!], che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere  con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo [= ecco l’imperativo per il presente!], nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo [= ecco l’avvenimento futuro!]» [1,11-13]. Questa è la nostra reale condizione: in forza dei sacramenti noi siamo  «già» partecipi della vita divina in Cristo [cfr. Ef 2,6], ma siamo «non ancora»  liberati pienamente. Questa è la reale condizione del mondo nel suo insieme: esso è già stato scardinato nel suo male e nella sua ingiustizia, anche se la sua definitiva redenzione è ancora attesa.

2. Cari fedeli, sono venuto oggi a celebrare con voi i divini Misteri in occasione del 20.mo anniversario della fondazione del SAV.

Una delle più gravi ingiustizie che l’uomo possa compiere è l’uccisione di un innocente. E tale è l’aborto, che il Concilio Vaticano II non esita a qualificare «abominevole delitto».

Gesù assiso alla destra del Padre opera ora attraverso i suoi discepoli, che non si rassegnano all’ingiustizia e si impegnano per la salvezza di innocenti, per ristabilire una cultura della vita.

Realtà come il SAV pongono dentro al tessuto della società umana quei germi di rinnovamento della nostra convivenza civile che deve mettere alla sua base il rispetto assoluto ed incondizionato di ogni persona umana.

Realtà come il SAV contestano salutarmente e nella concretezza della vita quotidiana quell’idea di esperienza corrotta di libertà, intesa come facoltà di scelta autonoma senza nessun orientamento che la preceda e la giudichi.

Realtà come il SAV sono preziose perché rendono presente dentro la storia dell’uomo il dono più prezioso fattoci dal Signore: il dono della capacità di amare che ci sostiene e ci fornisce la forza e la gioia di stare dalla parte dei più umili e deboli.

 

19/11/2006
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