Messa nell’anniversario della morte di Giorgio La Pira

Firenze, basilica di San Marco

E’ una gioia profonda, per me e per noi tutti, ricordare il venerabile Giorgio La Pira. Ne abbiamo bisogno. Le sue parole, rese vere da tutta la sua vita, hanno molto da dirci oggi, per aiutarci a discernere il nostro tempo, per non restare indecisi e mediocri, ma scegliere cosa fare. E’ un incontro che non ci lascia come siamo. La santità non invecchia ed è quella luce nella notte che orienta e fa alzare lo sguardo. Per orientarsi sulla terra, infatti, dobbiamo cercare le cose alte, altrimenti conta solo quello che siamo noi, oggi e tutto ruota attorno a sé.

Se non si cercano le cose alte si diventa solo amministratori del proprio e sempre più catturati dalle cose irrimediabilmente piccole. Certo, queste ci fanno credere facilmente affannati e importanti, ma sempre dentro un mondo piccolo, alla fine un po’ meschino, rivolto al passato e al non al futuro. La crisi che viviamo ci impone oggi di scegliere il domani, che inizia con quello che facciamo o non facciamo. Troveremo futuro solo se cerchiamo Dio e se pensiamo non a noi ma a chi viene dopo di noi. Altrimenti ci accontentiamo di conservare quello che abbiamo e di ritornare noi a come eravamo. Il futuro viene se perdiamo quello che siamo e abbiamo per qualcun altro e non ce lo teniamo stretto: finirebbe con noi!

Per La Pira e tutta la sua generazione la crisi fu la guerra e le macerie che questa aveva provocato. Non oso paragonarle alle nostre. Manteniamo le proporzioni e conserviamo la vergogna che il nostro diffuso vittimismo, il narcisismo e il pessimismo fa perdere! Aveva chiarissimo, La Pira, che le persone sono sulla stessa barca, che solo insieme si vincono le pandemie. Non voleva che la fraternità diventasse al più un’espressione romantica! (FT 109)

Aveva chiaro quanto è decisivo cercare la pace per combattere il seme mai sconfitto dell’odio e della guerra. Per questo giovane scriveva a Bargellini: “Allora, caro Piero, il programma èchiaro: farci santi noi per fare santi gli altri”. E’ questione di amore e di vita, non di perfezione individuale. La Pira ci aiuta ad essere santi, pieni cioè dell’umile forza di Gesù. Cercava di essere santo amando Cristo e per questo era umile, appassionato, irresistibile nella sua forza di amore con la quale trascinava anche i recalcitranti a scegliere, a compromettersi nei suoi progetti, ad aiutarlo in tante iniziative, a cercare le risposte concrete per le domande che conosceva, ascoltava, faceva sue lui che era un mistico che se avesse potuto sarebbe rimasto a pregare il suo Signore nella sua cella. Dossetti parlò della sua “inesausta capacità di speranza e amore” e di quanto dovesse al suo “fascino di purezza e di contemplazione”.

Era laico e cristiano. Davanti a tutti e scegliendo di parlare con tutti – lo dico in una stagione in cui qualcuno pensa che dialogare sia perdere identità, e pensa di difendere la Chiesa chiudendosi perché ha paura di  andare oltre il confine che abbiamo tracciato da soli, dimenticando come il Signore ci manda fino ai confini ultimi della terra, quindi senza confine – si presentava così: “Io sono un credente cristiano e dunque parto da un’ipotesi di lavoro che, per me, non è soltanto di fede religiosa ma razionalmente scientifica.Credo nella presenza di Dio nella storia e dunque nell’incarnazione e nella resurrezione di Cristo dopo la morte in croce; credo che la resurrezione di Cristo è un evento di salvezza che attrae a sé i secoli e le nazioni. Credo dunque nella forza storica della preghiera. Quindi secondo questa logica ho deciso di dare un contributo alla coesistenza pacifica Est-Ovest come dice il Signor Krusciov, facendo un ponte di preghiera fra Occidente e Oriente per sostenere, come posso, la grande edificazione di pace nella quale tutti siamo impegnati”.

Così parlò al Cremlino, nel 1959. Al Cremlino! A qualcuno sicuramente parole come queste parvero un tradimento, una pericolosa complicità con il nemico o un’ingenuità irresponsabile per come poteva essere strumentalizzato. La verità, spesso, meno se ne ha e più la si usa per chiudersi e giudicare, come i farisei che pensavano di averla e difenderla accusando gli altri.

La verità è Cristo, da adorare nella sua presenza eucaristico e da testimoniare e cercare nei segni dei tempi. Voleva proprio quello che indica Papa Francesco nella sua ultima enciclica – La Pira è l’esempio di Fratelli Tutti – “essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità […] per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione” (FT 276).

Firenze, e così può esserlo ogni città degli uomini, non era per lui un deposito straordinario di storia e bellezza ma luogo di incontro e solidarietà, telaio di incontri, amicizie, dove tessere i tanti fili indispensabili per rappezzare un mondo così diviso e incomunicabile, allora tra i due blocchi. E in realtà era anche telaio per annodare i fili altrimenti dispersi di una città che cresceva e che lui voleva vivibile e bella per tutti. Città e mondo, locale e universale: guai a non vivere insieme queste due dimensioni! Che accadrebbe? Cosa accade già? Guai a lasciare scollegate le periferie, a non ascoltarle, a non cercare risposte, a lasciarle “brutte” perché diventano deposito di rabbia, invivibili e pericolose per tutti.

Oggi non si tratta di costruire un altro Isolotto ma certamente di porsi con efficacia il nodo della casa, ricordando come disse la Pira proprio il giorno dell’inaugurazione del nuovo quartiere che “la città è una grande casa per una grande famiglia” perché la “stessa urbanistica è fatta per una finalità profondamente umana e cristiana; stabilire, cementare, accrescere, fra i membri della città, una comunione fraterna di vita”. Voleva ci si sentisse “membri della stessa famiglia” e sognava che in essa “la pace, l’amicizia, la cristiana fraternità, fioriscano come fiorisce l’ulivo a primavera!”.

Sogno e realtà. Diceva di sé: “Reverenda Madre, sono un po’ sognatore? Forse. Ma il cristianesimo tutto è un sogno: il dolcissimo sogno di un Dio fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio! Se questo sogno è reale perché non sarebbero reali gli altri sogni che sono ad esso essenzialmente collegati?”.

Oggi non starebbe fermo un momento La Pira pensando al suo Mediterraneo, che è sempre Mare Nostro, mentre è diventato di nessuno. Non a caso è proprio pensando a La Pira che il Cardinale Bassetti – a voi e a me molto caro e per il quale vi chiedo di pregare perché si ristabilisca presto – immaginò il recente incontro di Bari. La santità aiuta la santità. La Pira non accetterebbe certo che il Mare Nostro sia ridotto ad un cimitero, attraversato da un muro di divisione invisibile e tragico o che l’altra sponda, che è anche quella nostra, sia teatro – da anni, da anni! -di violenze inaudite, con complicità e cause da cercare lì, certo, ma anche in quest’altra riva! Che pena avrebbe e come si dannerebbe a cercare soluzioni e incontri!

Ascoltava tutti perché ascoltava Cristo. Parlava con tutti perché era pieno di Gesù e non aveva paura dei suoi avversari, “bisogna guardarli con fede e sicurezza negli occhi”. Altro che buonista e ingenuo! Umile non aveva bisogno di esibirsi, non curava la sua immagine, parlava al cuore e alla mente e così permetteva che non si ascoltasse la pancia e sapeva rispondere alle domande vere delle persone che serviva.

Politica era servizio, non esercizio di potere. Sento ben applicate a lui le parole dell’Apostolo ai Filippesi che ci sono state annunziate: “Noi, che celebriamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci vantiamo in Cristo Gesù senza porre fiducia nella carne, sebbene anche in essa io possa confidare”. Ecco il segreto di La Pira, innamorato di Dio e per questo innamorato dell’uomo, mistico e concreto come deve essere un cristiano, che cerca il cielo e per questo trova la terra, che contempla il volto di Dio e lo trova nell’uomo, anche il più lontano da Dio secondo gli uomini, ma in realtà egli stesso sempre riflesso del mistero di amore che è all’origine di tutto.

Oggi ci aiuta a capire cosa vuol dire Papa Francesco quando chiede a tutti di avere uno sguardo contemplativo sulla città, perché certamente la sua contemplazione del Signore era popolata dei volti, delle storie, delle sofferenze che incontrava e cercava. Viveva, come scrive Papa Francesco in Fratelli Tutti “l’amore politico” (FT180) e non pensava fosse ingenuità o utopia. “Riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale che includa tutti non sono mere utopie. Qualunque impegno in tale direzione diventa un esercizio alto della carità” (FT 186). “È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica” (FT187).

Questa carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi, che sta dietro ogni azione compiuta in loro favore”. Ecco La Pira, quello che lui ha vissuto e che Papa Francesco ci ripropone. Seguendo il suo maestro andava sempre a cercare la pecora perduta, fosse nella disperazione di non avere casa, di non potersi curare o nell’angoscia di non avere lavoro. Noi sentiamo la mancanza di quella pecora? Abbiamo molte ragioni a chiuderci per contare le 99 e in fondo qualcuno potrebbe accusare di mettere a rischio loro lasciandole sole. In realtà difende le pecore sapere che se qualcuna di essa si perde il pastore le va a cercare!

La Pira pregava con queste parole, che facciamo nostre: “O buon Gesù, io Ti raccomando tutti coloro che piangono e soffrono, e tutti quelli che fanno piangere e soffrire. Ti raccomando i fanciulli abbandonati, la gioventù nello scandalo e nel pericolo, la vecchiaia nel bisogno, tutti coloro che soffrono nella povertà. Ti raccomando chi piange la morte dei suoi cari, chi cerca lavoro e non lo trova, chi soffre nella solitudine, gli ammalati, gli handicappati, le vittime della droga e dell’alcool, i carcerati, i deportati, gli immigrati, gli oppressi, coloro che sono in guerra, i profughi, confortali! O Signore, aiutali, benedicili. Ti raccomando la nostra terra. Ti raccomando il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti, le Suore, i Missionari, le famiglie. Ti raccomando quelli che ancora non ti conoscono e tutti coloro che sono lontani dalla Chiesa. Forma, O Signore, un solo ovile, con un solo pastore”.

Tutti fratelli. Amen

05/11/2020
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