Omelia per la Giornata della Parola

Bologna, cattedrale di San Pietro

“Verbum Domini”. Per volontà di Papa Francesco questa domenica è la festa del Verbum Domini, della Parola di Dio, che, insieme al Corpus Domini, offerto e spezzato sull’altare come cibo di vita eterna è il seme che diventa carne quando raggiunge la terra buona del nostro cuore che lo fa rientrare in sé rendendolo capace di donare amore.

“Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non ‘una volta all’anno’, ma ‘una volta per tutto l’anno’, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti”. Urgente, perché cosa ci succede quando non ascoltiamo la Parola? Tutto diventa relativo a noi, perdiamo il senso della Chiesa, che si riempie delle parole degli uomini. E noi, la leggiamo? Conquistiamo per lei uno spazio tra le tante parole che affollano la nostra vita?

Veneriamo il Verbum Domini per manifestare gratitudine a Dio, stupore per una Parola sempre nuova, perché non finiamo mai di capirla, parola di amore di quel mistero di amore che è Dio. Sì, Tu solo hai parole di vita eterna! Se siamo docili alla Parola troveremo il senso di tutte le altre parole. Essa penetra come spada a doppio taglio, (Eb 4,12) “fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”. La Parola è la seconda “P” insieme al Pane e ai Poveri che Papa Francesco ci indicò qui a Bologna, in quella che fu la prima domenica della Parola.

Una “P” aiuta a vivere l’altra e non può mancarne nessuna. Cosa diventa il pane eucaristico senza ascoltarne la voce e aprire il nostro cuore a quanto ci insegna? Una devozione lontana da noi. Cosa diventa la Parola senza il nutrimento della sua presenza reale, che ci unisce a Lui e ai fratelli o senza metterla in pratica amando il povero concreto nel quale vediamo e onoriamo il Corpo stesso di Cristo? Cosa diventano i poveri quando dimentichiamo il suo Corpo o la sua voce, che ci donano un amore tanto più grande delle nostre paure e misure avare?

La Parola è rivolta a ciascuno ed è possibile per tutti. Anzi, i piccoli la comprendono e la vivono, mentre i sapienti e gli intelligenti non la conoscono e la rendono difficile e lontana dalla vita. Essa ci fa sentire amati da Dio e ci insegna a vedere ed amare il prossimo. È parola e quindi possiamo facilmente sciuparla, lasciarla inerte, perderla, confondendola con le tante parole che possiamo scegliere e piegare al nostro piacimento.

Non è una esortazione morale o una legge ma un amore che ci chiede di amare Dio e di amare il prossimo. Se non diamo spazio, anche fisico, nelle nostre giornate alla Parola, finiamo ingannati dagli affanni e dalle parole vuote, come Marta, che non sa ascoltare e diventa piena di sé, tanto da credere che Gesù non la capisce. L’opposto della Parola, però non è il silenzio, anzi, così necessario per ascoltarla, ma sono le parole senza vita e che ci lasciano prigionieri dell’amore per noi stessi.

La Parola è l’acqua buona che se la beviamo ci rende una sorgente per tanti che hanno sete di un amore vero. Non la capiamo in astratto ma vivendola, obbedendo all’amore – obbedienza che è giogo dolce e leggero – imparando, come dei bambini a parlare ascoltandola. Lo capiamo con il Vangelo di oggi. Gesù ci chiama a seguirlo. È l’inizio e sempre un nuovo inizio, ma sarà anche la fine dei nostri giorni perché egli ci dirà nell’ultima ora: “Seguimi, stai con me, mi fido di te, ho bisogno della tua vicinanza e del tuo lavoro”. Dio ha bisogno di noi e noi abbiamo bisogno, tanto, di Lui!

Gesù non fa discorsi difficili, complicati, tanto che solo alcun possono capirli e viverli. La Parola appare impossibile se non ne capisco l’amore o la rendo una legge e non un incontro. Quei pescatori lasciano tutto e diventano familiari di Gesù, che sono coloro che ascoltano e mettono in pratica la parola. Non i perfetti, ma chi ascolta, peccatore com’è, la Parola che lo chiama e si umilia a metterla in pratica, non si accontenta orgogliosamente dei suoi sentimenti. No, non si può essere cristiani senza ascoltare e mettere in pratica la sua parola, senza ascoltarla oggi, perché oggi possa dare frutti nel nostro presente. Da soli è difficile. Aiutiamoci insieme a leggerla e viverla.

Questa Festa della Parola Papa Francesco l’ha posta fissa nella terza domenica del tempo ordinario, per legarla alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani oltre che all’inizio della predicazione di Gesù. Ha scritto: “La Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a un’unità autentica e solida”. Quando la parola di Gesù non è al centro facilmente lo diventano gli uomini con il loro “io sono” per cui iniziano le divisioni. Se ascoltiamo la Parola e ci sottomettiamo ad essa troveremo quello che ci unisce gli uni gli altri e capiamo che siamo tutti di Cristo, insieme agli atri.

I frutti del vivere per sè, di non ascoltare, di imporsi sugli altri, di fare crescere la divisione. E questa è sempre frutto del maligno. Guai a cercarla e a non difendere istintivamente la Chiesa e la parola di Dio. In questi giorni di preghiera per l’unità dei cristiani abbiamo visto le conseguenze amare di tanta divisione, e come le diversità, senza la Parola di Dio, diventano Babele dove ognuno parla per se e sopra gli altri. Se siamo pieni della parola di Dio e del suo Spirito che ci aiuta a capirla, sappiamo parlare tutti la stessa lingua che non cancella le diversità, ma le unisce.

Vi esorto fratelli… a essere unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire” (1Cor 1,10). Ricordava Papa Benedetto nell’Esortazione “Verbum Domini”: “San Girolamo, grande «innamorato» della Parola di Dio, si domandava: «Come si potrebbe vivere senza la scienza delle Scritture, attraverso le quali si impara a conoscere Cristo stesso, che è la vita dei credenti?». Così egli consigliò la matrona romana Leta per l’educazione della figlia: «Assicurati che essa studi ogni giorno qualche passo della Scrittura … Alla preghiera faccia seguire la lettura, e alla lettura la preghiera … Che invece dei gioielli e dei vestiti di seta, essa ami i Libri divini”.

Se ricevessi una lettera di un imperatore terreno, non indugeresti, non riposeresti, non concederesti sonno ai tuoi occhi, se prima non avessi conosciuto ciò che l’imperatore terreno ti avesse scritto. Ora non trascurare di leggere la lettera di Dio” ammoniva Gregorio Magno. Lo raccomanderò ai nostri fratelli che tra poco istituisco come Lettori, che ricordano a tutti noi di essere lettori della Parola restando in sua compagnia e lettori nel senso di annunziarla a tutti. Si ascolta per parlare, si riceve per donare.

Dirò ai lettori: “Ricevi il libro delle sante Scritture e trasmetti fedelmente la parola di Dio, perché germogli e fruttifichi nel cuore degli uomini”.  È sulla sua Parola che possiamo gettare sempre le reti nel mare confuso di questo mondo, sicuri che il suo seme, anche quando ci sembra, ed è piccolo, darà frutti grandi. Quanti attendono il Vangelo di amore di Dio!

“Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”.

26/01/2020
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