Veglia missionaria

Bologna. cattedrale

“Chi manderò”. “Eccomi, manda me” (Is 6,8). Ecco la nostra preghiera – perché questa sera è un incontro di ascolto e invocazione – e la nostra scelta, perché non basta chiedere se poi non prendiamo la nostra responsabilità. In realtà il vero impegno lo prende Dio che ci manda e si fida di noi! Dio ci coinvolge nella sua passione: è contento di avere operai per una messe che già biondeggia, lavoratori per la vigna che ci fa capire che è anche nostra e per la quale vuole frutti abbondanti.

Dio non impartisce ordini ma coinvolge nella sua passione di amore. Dio stesso è il primo missionario perché esce da se stesso e ci viene incontro. Gesù è mandato: tesse fraternità tra gli uomini e tra gli uomini e Dio con i fili di un’amicizia che è una rete, relazione che nessuno può spezzare. Chi ci separerà? Bisogna tessere, perché altrimenti se non c’è fraternità c’è divisione e indifferenza! Senza relazione c’è solitudine.

Gesù ci aiuta a scoprire il prossimo e a farlo per amore, solo per gratuito amore, libero dalla impietosa legge dell’interesse. A volte sembra inutile tessere fraternità, perché il divisore vuole dimostrare che l’amore è un’illusione o che addirittura ci faccia stare peggio. In realtà i fili di amicizia diventano il mistero della presenza di Gesù in mezzo a noi, il sacramento della fraternità. Non scandalizziamoci se sono fili concreti, non virtuali o teorici o ideologici, che ingannano perché irraggiungibili, distanti dalla vita e per questo attraenti. I reali sono sempre più difficili, a volte fastidiosi ma sempre umani e concreti. La comunione è un tessuto che non è mai definitivo e perfetto se non quando saremo una cosa sola pienamente amati da Dio.

Le pandemie ci hanno mostrato le conseguenze della distruzione del tessuto: pensavamo di essere diversi dagli altri, non ci interessava se stavano male e in fondo sembrava uguale se Gesù parlava loro oppure no. Il male è sempre una pandemia, anche quando riguarda uno solo, perché tutto il corpo soffre e tutto il tessuto viene lacerato. Noi siamo chiamati a fare il contrario della pandemia: tessere fraternità universale, con il filo del nostro amore, della nostra attenzione, della solidarietà. Un filo ci sembra poca cosa, ma se è in una trama diventa indispensabile e importante. E’ una tessitura di fraternità con chiunque, perché non accettiamo di avere relazione solo con una parte (la propria), perché per noi non ci sono prima gli uni e poi gli altri perché Gesù chiama tutti ma inizia dagli ultimi e dai più piccoli. Ecco la missione del cristiano oggi in un mondo lacerato da distanziamenti decretati e non, che in realtà imponiamo con l’individualismo.

Solo insieme troviamo noi stessi. San Francesco (FT4) “non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio. Aveva compreso che «Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). In questo modo è stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna, perché «solo l’uomo che accetta di avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento, non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle a essere maggiormente sé stesse, si fa realmente padre». In quel mondo pieno di torri di guardia e di mura difensive, le città vivevano guerre sanguinose tra famiglie potenti, mentre crescevano le zone miserabili delle periferie escluse. Là Francesco ricevette dentro di sé la vera pace, si liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e cercò di vivere in armonia con tutti”.

Gesù non chiede sacrifici ma misericordia. Vuole cuore sia per chi prova misericordia e sia per chi la riceve e può così capire chi è. La missione nasce da questa compassione. Per questo il cristiano è missionario. E i missionari – e questa sera ricordo con affetto e riconoscenza tutti i nostri missionari e missionarie sparse nel mondo che appartengono alla nostra Chiesa di Bologna e in particolare don Davide Marcheselli che partirà per una delle zone più sofferenti del mondo – ci ricordano che il mondo è uno e che chi ama può sentirsi a casa ovunque. (TF87). “Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza «se non attraverso un dono sincero di sé.

E ugualmente non giunge a riconoscere a fondo la propria verità se non nell’incontro con gli altri: «Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro». Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della sua vita senza volti concreti da amare. Qui sta un segreto dell’autentica esistenza umana, perché «la vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte”.

Frère Roger, fondatore della Comunità di Taizè, diceva: “Gesù non ti dice ‘sii te stesso’, ma ‘seguimi!’”. Noi sentiamo, in tanti modi, l’invito insistente e pervasivo ad essere se stessi, senza amicizia vera, individualmente. Abbiamo bisogno di incontrare qualcuno attraente perché pieno di amore e che ci aiuta a seguire, che ci chiede di alzarci dal nostro io perché solo camminando dietro a Lui troviamo noi stessi. Di questo abbiamo bisogno! La scelta è nostra, certo, solo nostra, ma è per seguire e legarsi a Gesù, non per studiarsi all’infinito o consumare il prossimo per nutrire il proprio io senza uscire da sé come quando si inizia ad amare. Non trovo chi sono prendendo, ma donando; non da solo, ma insieme, non chiudendomi, ma aprendomi.

I missionari, e li ringraziamo, ci aiutano a vedere che è possibile per tutti tessere fraternità che noi possiamo rafforzare con la nostra preghiera, anzitutto, e poi con la solidarietà, le visite, i viaggi, la corrispondenza, il servizio civile, i corridoi umanitari e i corridoi universitari e con tutti i modi di essere vicini e costruire amicizia! La barca è una sola e i missionari ci aiutano a capirlo e a viverlo. Allargano i confini a volte davvero così piccini del nostro cuore.

Gesù ci manda tutti e a tutti, non qualcuno e solo per qualcuno, in una misura limitata. Meno si ama e più si pensa di potere arrivare a pochi e la misura diventa avara. Dio, che è amore, vuole «che tutti gli uomini siano salvati» (1 Tm 2, 4) e invia ad «andate e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28, 19). Dice Papa Francesco: “Sa che noi siamo testardi nel ripetere “mio” e “nostro”: le mie cose, la nostra gente, la nostra comunità…, e Lui non si stanca di ripetere: “tutti”. Tutti, perché nessuno è escluso dal suo cuore, dalla sua salvezza; tutti, perché il nostro cuore vada oltre le dogane umane, oltre i particolarismi fondati sugli egoismi che non piacciono a Dio. Tutti, perché ciascuno è un tesoro prezioso e il senso della vita è donare agli altri questo tesoro. Ecco la missione: salire sul monte a pregare per tutti e scendere dal monte per farsi dono a tutti”.  Questa è la missione: illuminare i cuori e seminare speranza con una vita accesa di amore, in un mondo di luci intermittenti, limitate, ingannatrici, che abbagliano o abbandonano.

Illuminiamo chi è nel buio della solitudine, dell’angoscia, dell’isolamento con la tenera lampada del nostro cuore. Seminiamo con larghezza nei cuori degli uomini il seme del vangelo, scoprendo come ognuno è una missione su questa terra, trovando così la nostra e aiutando il fratello a scoprire la sua. Ogni incontro può essere l’inizio di un’amicizia che genera la presenza di Gesù.

“Vai con amore verso tutti, perché la tua vita è una missione preziosa: non è un peso da subire, ma un dono da offrire. Coraggio, senza paura: andiamo verso tutti!”, forti del filo della relazione, dell’amicizia che niente può spezzare.

17/10/2020
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