Giornata mondiale del malato

Zuppi: «Gesù si contagia con la nostra debolezza e la guarisce con il suo amore»

L'omelia dell'Arcivescovo per la Messa celebrata in San Paolo Maggiore

In mattinata l’Arcivescovo aveva presieduto anche una liturgia nella cappella dell’Ospedale Maggiore di Bologna

«Il male è un mistero e noi non avremo mai tutte le risposte all’angosciosa domanda del perché. Abbiamo però la risposta che libera dal male: l’amore. Dio è un mistero di amore che si rivela, non resta a distanza, stabilisce una relazione, non si allontana proteggendosi, ma diventa luce che illumina le tenebre».

È questo un passaggio dell’omelia che l‘Arcivescovo ha tenuto domenica 11 febbraio nella Basilica di San Paolo Maggiore, in occasione della Giornata mondiale del malato.

«È l’amore che Gesù ci mostra – ha aggiunto – che ci libera dalla voglia di scappare dalla debolezza, perché è proprio questa che, con le ferite conseguenti, diventa luogo dove si rivela un amore ancora più grande del male. Proprio dove e quando siamo più fragili capiamo qual è la forza che rende bella la nostra vita. Non vuol dire che tutto è risolto ma che in tutto c’è la risposta e questo guarisce la mia ferita, fa superare il mio limite. Non vergogniamoci e non disprezziamo di essere deboli e di saperne parlare perché, invece, è la grandezza di ognuno. Ma questa domanda deve incontrarsi con l’amore, che significa tenerezza, gentilezza, compagnia, pazienza, fedeltà, perdono, attesa. Ecco perché il nostro limite diventa una forza e la ferita opportunità di luce».

«Quello che è decisivo è togliere il dolore – ha spiegato in un altro passaggio il cardinale Matteo Zuppi –  e, allo stesso tempo, garantire un livello di cura alto, che si prenda sempre cura della tua condizione ed eviti i due rischi: quello di un’ostinazione irragionevole nelle cure (l’accanimento, le cure sproporzionate che producono inutili sofferenze), o la desistenza (lasciare perdere, fare mancare terapie o condizionarle alla convenienza economica). Per tutti occorre sia sempre garantita un’appropriata terapia del dolore, compresa la sedazione palliativa sempre in associazione con la terapia del dolore. Gesù vuole che nessuno soffra. Non ama la sofferenza, non scappa e non risolve la sofferenza togliendo la vita ma togliendo il dolore. Perché io sia davvero libero di decidere debbo poter avere queste condizioni. Come possiamo gioire del diritto alla morte? Gioiremo solo per il diritto alla vita, quando questa viene protetta dalla sofferenza da cure adeguate che diano dignità fino alla fine, perché la cura è il vero diritto. “Non è bene che l’uomo sia solo. Curare il malato curando le relazioni” è il titolo di questa Giornata del malato, che lo è tutti i giorni e chiede un amore continuo e fedele, attento e rispettoso. Non si vive da isole e la sofferenza imprigionata dalla solitudine è doppiamente insopportabile. Se è vero che quando si muore si muore soli, perché sono io che muoio, è molto diverso se sono circondato da amore.».

Qui il testo completo dell’omelia

La celebrazione con i malati in San Paolo Maggiore è stata curata dalla Sottosezione Bologna dell’Unitalsi e dal Centro Volontari della Sofferenza. In mattinata l’Arcivescovo, sempre in occasione della Giornata mondiale del malato, aveva presieduto anche una Messa nella cappella dell’Ospedale Maggiore di Bologna a cui hanno partecipato dirigenti Usl,  medici, personale ospedaliero, malati e volontari che quotidianamente operano pastoralmente in ambito sanitario. All’inizio della celebrazione ha portato il suo saluto Magda Mazzetti, direttrice dell’Ufficio diocesano di pastorale della Salute.

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