Messa Crismale

Questa celebrazione, icona della comunione, ci fa contemplare la nostra Chiesa di Bologna, raccolta intorno al suo Signore e alla cattedra che presiede nella comunione, insieme a tutte le nostre comunità che sentiamo vicine tutte nel legame spirituale di santità che Gesù ci ha donato, chiamandoci e legandoci gli uni agli altri. Non siamo soli. Non pensiamoci mai da soli. Non siamo soli, anche quando, purtroppo, siamo costretti a vivere distanti per le condizioni del nostro servizio o quando ci isoliamo dolorosamente dagli altri, magari annodati a qualche risentimento o amarezza che ci lega al passato e ci slega nel presente. Siamo sempre uniti a questa rete di amore che è la Chiesa e questa nostra Chiesa di Bologna!

Contempliamo oggi il nostro cammino sinodale: noi, con Gesù e sempre con la folla, dove Lui ci porta e verso la quale ci manda, moltitudine confusa, affamata, contraddittoria, stanca e sfinita, sofferente. Non pensiamoci mai superiori a questa umile e grande famiglia, segnata certo dai nostri limiti e dal peccato, ma anche sicura arca di alleanza, madre di tanti figli, barca nella tempesta scossa da onde terribili, come quelle che stiamo vivendo in questi mesi di pandemia. La Chiesa, comunità – non condominio di soci aderenti, ma famiglia di fratelli e sorelle che imparano faticosamente ad amarsi e ad amare – è chiamata da Gesù e alla sua chiamata rispondiamo.

Davanti a questa icona e con nel cuore l’amore interamente donato di Cristo, sono spinto a chiedere perdono e a ringraziare. Come Pietro davanti ai frutti di una pesca abbondante, frutto solo della sua Parola sempre tanto più larga del mio cuore, mi accorgo e sento l’amarezza del peccato, dello scetticismo che resiste alla sua speranza, della richiesta di una dimostrazione o di un programma per evitare la fiducia nella sua provvidenza, che diventa come uno sciopero bianco, obbedienza senza convinzione e passione.

Perdono perché so misurare quanto sono vecchio ma faccio fatica a fidarmi del vento che mi porta dove non so; mi fido più dell’esperienza che della novità dello Spirito. Perdono per avere ferito con parole e gesti la delicatissima e sensibile comunione tra noi, con parole non dette o dette con impulsività, per le occasioni perdute che non sono mai giustificate dalle difficoltà, per gli affanni di Marta che arriva a rimproverare Gesù, sentendosi in diritto di farlo per servizi non richiesti, pensando di essere lasciata sola quando il maestro era presente ed era lei che si perdeva dietro quello che non vale! Perdono per il poco coraggio nell’affrontare i problemi così come necessario e possibile.

Ringrazio Dio per questa famiglia, sacramento della sua presenza che amministra i sacramenti della sua grazia dei quali ho, abbiamo, hanno tanto bisogno. Ringrazio per questa famiglia che non si stanca di combattere il male e mi protegge dal non senso e dalla vanità. Il male esiste, è potente, divide, semina paura e fa crescere la violenza, acceca i cuori e le menti, spegne la speranza e rende insignificante la vita, arma le mani e i cuori del fratello contro il fratello, uccide sciaguratamente tanti. Ringrazio perché è una famiglia senza confini, precisa e larga allo stesso tempo, che ha sempre posto per chi bussa, che non si chiude e non esclude, davvero cattolica.

Ringrazio tanto perché qui sperimento che il male si può combattere e vincere, che la Chiesa è oggi casa di gioia e umanità. La nostra generazione ha cancellato il male, insieme a Dio, tanto che anche il male è diventato soggettivo, ridotto a quello che fa male a me, un fatto individuale. Il patriarca Athenagoras, che era passato attraverso tante guerre, diceva: “Bisogna fare la guerra più dura che è la guerra contro noi stessi. È necessario giungere a disarmarci. Io ho combattuto questa guerra per molti anni. È stato terribile. Molto terribile. Ma posso affermare che adesso sono disarmato. Non ho paura di niente e di nessuno; l’amore allontana la paura. Sono disarmato dal voler avere ragione, dal giustificarmi screditando gli altri. Non mi aggrappo assolutamente alle mie idee e ai miei progetti. Se mi si presentano proposte migliori o almeno buone le accetto senza alcun impedimento. Ho rinunciato a fare confronti. Ciò che è buono, vero, reale, per me è sempre il meglio. Quando non si possiede nulla non si ha paura di nulla”.

Ecco la sfida: essere cristiani disarmati ma non impotenti, deboli ma forti, piccoli ma sapienti, poveri ma pieni della misericordia che cura le ferite del prossimo, pieni di simpatia immensa verso il prossimo ma non compiacenti verso il male. Combattiamo la vera tentazione del mondo, che è cercare la gloria senza passare dalla croce, la resurrezione senza il dono di sé, la vita senza il sacrificio per amore, un amore senza legami e volti, essere figli senza padri e padri senza figli.

Ringrazio allora di cuore per i tanti santi, santi laici e santi preti e diaconi, santi martiri del dono di sé, della porta accanto e prego che possiamo esserlo, perché c’è proprio bisogno di santi che diano luce in queste tenebre fittissime. Santi sui quali si possa contare, perché so che ci sono e non mi ingannano. Ringrazio per la Chiesa nella quale siamo padri ma anche figli e fratelli. Insieme. Alcuni sono chiamati ad esserlo per ordine ma tutti unti con il crisma, confermati ad essere suoi. Non si tratta di fare tutti le stesse cose. Questo non aumenta la partecipazione o la responsabilità.

Noi siamo una famiglia, la famiglia di Dio, non un’associazione! Il ministero dell’Ordine trova senso, non limite, dalla comunione! Cresce nella responsabilità proprio donando responsabilità! La Chiesa cerca come può di donare l’oggi del Regno, con i segni e i sacramenti della sua presenza ed essendo essa stessa, tutta e nei singoli membri, primizia di un tempo nuovo. Quello che serve non è un’idea o una formula che delle volte ci innamorano perché ci danno facile sicurezza, però senza l’umiltà di piegarsi al fratello e alla sorella da amare come sono e non come ci immaginiamo debbano essere. Quello che serve a tutti noi è prendere ancora sul serio, donando tutto noi stessi, oggi, la chiamata personale al lavoro di costruire la comunità, non astratta, ma con persone, nomi, relazioni, soprattutto relazioni, piene di amore, diverse come sono diversi i doni che la arricchiscono e la impreziosiscono. Senza la carne della Comunità cosa comunichiamo, cosa diventa la verità che pure ci è affidata? Dobbiamo costruire comunità, architetture di comunione e di ministeri, non bricolage di esperienze o specchi a nostra immagine e somiglianza, ma legami affettivi e umani su cui “tutti” possano contare.

Siamo consacrati nella realtà della nostra vita? Siamo uomini che operano a partire da Dio e in comunione con Gesù? Lo domanderò ai sacerdoti per unirci – e quanto ci aiuta la testimonianza degli altri, tutti, con cui crescere assieme ma per i quali essere migliore e dare tutto – più intimamente al Signore Gesù Cristo, conformandoci a Lui, rinunziando a noi stessi e confermando con gioia i sacri impegni che nel giorno dell’Ordinazione abbiamo assunto. Il nostro peccato non ci limiti! Pietro si addormenta nell’orto degli ulivi e lo tradisce ma trova se stesso quando piange e quando si lascia interrogare sull’amore. La perfezione è nell’amore. Li ringrazio per il dono della vita, per il servizio e per quello che rappresentano, sempre nella fragilità della nostra umanità.

Lo chiederò ai diaconi, per esercitare con umiltà e carità il loro diaconato nella santa liturgia, nella sollecitudine verso i poveri e i deboli e nell’annuncio a tutti del Vangelo di salvezza. Insieme, tutto il popolo unto dal crisma, chiediamo di rinnovare la nostra fede per spandere il profumo di una vita santa. Si compia in tutti noi il disegno del suo amore e la nostra sia conforme alla grande dignità che ci riveste come re, sacerdoti e profeti. Non viviamo in maniera mediocre ma come i poveri in spirito, i piccoli, viviamo per Lui. Gli umili compiono le cose grandi di Dio, cui niente è impossibile. Gesù non mancherà di darci le risposte necessarie e ci farà scoprire in ogni persona il dono nascosto in essa e la presenza di Dio da svelare.

In questa Pasqua di guerra comprendiamo meglio la nostra vocazione e consacrazione. Che il crisma ci dia fortezza, perché il Vangelo non sia debole ma forte per difendere dal grande ingannatore. L’olio degli infermi consoli un mondo ferito nella solitudine delle malattie e aiuti noi ad essere vicini a tanta sofferenza. L’olio dei catecumeni protegga dal male e ci faccia sentire suoi, generi tanti all’incontro con Cristo, nostra salvezza. Che ogni nostra comunità sia tempio della gloria del Signore e viva con rinnovato slancio e passione la sua missione profetica, sacerdotale e regale e sia capace di rendere “Fratelli tutti” un mondo diviso e individualista. Il Signore ci doni di essere luce in tante tenebre, famiglia nella divisione e nella solitudine, di mostrare il volto di Cristo per tanti che lo cercano e lo desiderano.

Cattedrale di San Pietro
13/04/2022
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