Seconda Domenica di Quaresima

Il credente si mette in cammino ed è proprio credente perché si muove, non perché ha capito tutto e ha tutto chiaro ma solo perché ascolta. La nostra stessa vita é un cammino. Qualche volta pensiamo che Dio ci deve aiutare a restare per sempre quello che siamo oggi.

Dio si mette e ci mette in cammino, perché la nostra vita non può restare dove e qual è, perché è un cammino verso la terra della promessa. Abramo ascolta Dio e lascia la sua terra per raggiungere la promessa, la terra che troverà. La promessa per Abramo è la benedizione di Dio e di diventare una benedizione. Noi tutti riceviamo la benedizione di Dio, protezione, guida, presenza nel nostro cammino, a volte così incerto e doloroso, per alcuni drammatico.

La nostra vita diventa essa stessa una benedizione per altri, cioè attraverso di noi possono vedere, sentire, capire il bene che viene da Dio. Non siamo una benedizione quando stiamo bene, ma quando doniamo amore. C’è tanto bisogno di persone che dicano bene, che facciano vedere il bene, che lo rendano concreto e facciano sentire piena di luce la vita dell’altro.

Questa Quaresima, tanto dura e drammatica, ci pone di fronte alla vita così com’è, alla morte che nascondevamo, ai rischi della guerra, al dolore di milioni di persone che ne sono colpiti, alle lacrime di chi ha perso tutto e non ha più nulla, di quanti muoiono per la violenza disumana che la guerra produce. Viviamo l’angoscia di chi è perduto nell’immensità del mare, nel freddo, avvolto dal buio, senza respiro. Il solo pensare a questa condizione mette paura e ci deve far buttare tutti in mare per salvarlo.

La Quaresima non inventa i sacrifici. Anzi: ci mette dentro la vita così com’é e ci chiede per chi vivere, chi amare. Questa Quaresima ci mette davanti a noi stessi senza le tante deformazioni dell’individualismo, senza consulenti e praticoni interessati o sapienti nel dare consigli ma non nell’aiutare.

Gesù parla e chiede di seguirlo, amandoci però. In queste settimane impariamo a restare soli con noi stessi e a scoprire che non siamo soli, perché finalmente quando scendiamo nel segreto del nostro cuore, andando oltre le passioni che tanto assecondiamo e ci dominano, troviamo quello che siamo per davvero e troviamo Gesù, il suo amore che si è acceso dentro di noi, la sua presenza che illumina.

La Quaresima con le sue armi spirituali – la preghiera, l’elemosina e il digiuno – ci aiuta a “vedere” il suo amore che è personale ma ci apre al prossimo, che ci giudica e spiega chi siamo ma ha fiducia in noi più di noi stessi. Gesù “fa risplendere la vita”, dice l’apostolo, mostrandoci quello che è incorruttibile, cioè che non può essere tolto, più forte anche del nostro stesso peccato. Chi ci può separare dal Signore? La Quaresima è luce nelle tenebre e luce nella nostra stessa vita.

Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Quell’uomo, Gesù, come noi, affrontava da uomo la vita e non scappava davanti al male. Sul suo volto non ci sarà bellezza, tanto verrà sfigurato dalla cattiveria degli uomini complici del male che divorerà la loro stessa vita. Gesù mostra la luce della sua bellezza, antica e sempre nuova, infinita eppure personale, vicina e umana.

La luce dell’amore di Gesù rende tutto bello, come quando sentiamo amore per noi e proviamo amore. “E’ bello per noi restare qui”, esclama Pietro. Non lo aveva mai detto. La luce dell’amore di Gesù anticipa quella che non finisce, che abbiamo dentro di noi. Ci sono dei momenti nei quali “sentiamo” e vediamo la presenza luminosa di Dio. La celebrazione eucaristica rivela nel pane e nel vino la sua presenza, ci fa vivere oggi, in mezzo a noi, con noi, la sua promessa: dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a voi.

E quando la comunione che ci è donata qui diventa comunione di amore tra i fratelli e verso il prossimo ecco che si riflette nella nostra povera umanità, peccatrice (che resta peccatrice!), la stessa luce del Monte Tabor. Quando il perdono libera dall’odio e mi fa vedere il volto del fratello, e il mio nemico vede nel mio non un nemico ma un fratello, quando la solitudine è sconfitta dalla presenza, quando la vita è protetta e sappiamo contemplare sempre, dal suo inizio alla sua fine, ecco che si rivela quella stessa luce, bella perché di amore. Basta poca luce: a volte solo negli occhi, in un gesto, nella tenerezza, nel tempo regalato, e la vediamo tutta! Come conservare questa luce? Possiamo restare sul Tabor o pensare che è solo lì, come fosse un fenomeno unico e irripetibile? La luce resta se ascoltiamo Gesù.

Ascoltare con il cuore e mettere in pratica la sua parola, perché solo così ascoltiamo per davvero: vivendola. In queste settimane leggiamo le letture che ci accompagnano nella Quaresima e sentiamole come rivolte a me, proprio a me, e ascoltiamo anche il Signore che “ci parla nei fratelli, soprattutto nei volti e nelle storie di chi ha bisogno di aiuto, attraverso i fratelli e le sorelle nella Chiesa”. Gesù è luce che portiamo nel cuore e illumina anche la notte più oscura, lampada che non si spegne mai. Sant’Agostino scrisse: «Ciò che per gli occhi del corpo è il sole che vediamo, lo è [Cristo] per gli occhi del cuore».

Chi vede questa luce di amore nel suo cuore diventa luminoso, trasmette luce di amore anche nelle tenebre più fitte. Noi che andiamo spesso alla ricerca di qualcosa di bello in un qualcosa di straordinario, nel lusso, nelle apparenze, finendo per disprezzare la vita e le persone ordinarie che siamo e incontriamo, capiamo che la vita diventa bellissima quando è raggiunta dalla umanissima luce dell’amore, luce che sarà piena in cielo. La vita ordinaria – faticosa com’è – si trasfigura e quella luce nessuno può spegnerla. Basta una piccola luce per orientare tanti.

Oggi ricevete, cari catecumeni, eletti, il simbolo degli apostoli. Il Credo lo facciamo nostro sempre non perché abbiamo capito tutto ma perché ci protegge nella nostra incredulità. Lo capiamo e lo capiremo solo seguendo. Non sciupiamo mai la piccola luce: consola, orienta, protegge. Non preoccupatevi dei dubbi: si riaffacciano indesiderati e dentro ogni credente convivono anche la fatica e l’incredulità.

Ricordo, infine, la seconda concreta virtù che tutti possiamo coltivare, su cui allenarci perché cresca e sia davvero cardine che permetta alla nostra vita di non crollare. Domenica scorsa abbiamo incontrato la prudenza. Oggi è la giustizia. Non è giusto quello che penso perché lo penso io o conviene a me, ma è giusto quello che indica il Signore che è amore.

Giusto è fare agli altri quello che vogliamo sia fatto a noi e non fare agli altri quello che non vorremmo sia fatto a noi. Giusto è proteggere chi è debole, perché la giustizia di Dio non è non fare nulla di male, ma volere bene e “fare” la misericordia. Il contrario del giusto è il corrotto, cioè chi mette per primi gli interessi e le convenienze personali. E questo non è giusto, mai, anche quando gli altri non se ne accorgono.

E vale per tutti e in tutte le occasioni. Solo la giustizia ci fa essere davvero in pace. La giustizia di Dio sarà sempre quella dell’amore. Ricordiamoci di praticare la giustizia, anche quando non conviene e aiuteremo il mondo a essere meno disuguale e violento.

Chiedo al Signore che possiamo vedere nell’Eucarestia la bellezza della sua presenza e che tanti la possano riconoscere nel nostro amore.

Bologna, Cattedrale
05/03/2023
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