Viaggio nelle comunità colpite dal maltempo con frane e inondazioni. Testimonianze dalla città alla pianura fino all’Appennino. La vicinanza e la preghiera dell’Arcivescovo e della diocesi
Anticipiamo il testo che comparirà domenica 27 ottobre sul settimanale “Bologna Sette-Avvenire”.
La grande alluvione che ha colpito il territorio di Bologna e la sua provincia, dall’Appennino alla pianura, nello scorso fine settimana ha portato ingenti danni a molte aree della città e della diocesi e causato una giovane vittima di vent’anni a Botteghino di Zocca. Ci sono tanto dolore, distruzione, rassegnazione, rabbia; ma anche tanta voglia di fare comunità, di aiutarsi e mettersi insieme a riprendere il cammino, purtroppo interrotto diverse volte negli ultimi mesi, a causa di altre alluvioni. L’arcivescovo Matteo Zuppi con un messaggio nella giornata di domenica aveva espresso subito vicinanza nella preghiera e condivisione: lo riproduciamo qui accanto. E ha espresso la sua vicinanza e il suo ricordo delle popolazioni colpite, anche lunedì 21 ottobre in Vaticano durante il briefing con la stampa per il Sinodo dei Vescovi a cui ha partecipato e che si conclude oggi. Il nostro racconto parte da alcune parrocchie che sono state coinvolte. I parroci, i loro collaboratori e i volontari ci hanno raccontato cosa è successo e come si sta tentando di ripartire. Il territorio e le parrocchie del Comune di Budrio sono state duramente colpite. «Da noi gli argini hanno tenuto, ma l’Idice ha tracimato, allagando mezzo paese – testimonia don Carlo Baruffi, parroco di Pieve di Budrio e Vigorso – e anche la zona attorno al Centro protesi Inail di Vigorso. Le chiese per fortuna non sono state danneggiate, ma quella di Pieve, circondata da un parco, ha visto arrivare l’acqua vicinissima. Nelle case e nei garages, invece, i danni sono stati notevoli». «La popolazione è esasperata – afferma padre Giacomo Malaguti, Servo di Maria, viceparroco di San Lorenzo di Budrio -. La nostra chiesa e il convento sono integri perché siamo in centro, ma a poca distanza ci sono stati molti danni, e non è la prima volta. Per fortuna c’è stata una nota molto positiva: la popolazione, e soprattutto i giovani, si sono mobilitati in aiuto di chi ha avuto danni e ha aiutato a pulire e sgombrare». «Ormai siamo “abbonati” all’alluvione – afferma desolato don Gabriele Davalli, parroco di Vedrana di Budrio -; è infatti la quarta volta dal 2019, la terza in due anni, che finiamo “sott’acqua”. Da noi la cosa è stata di nuovo grave, perché anche il torrente Quaderna ha rotto gli argini e invaso case e campi». La vicina Selva Malvezzi, nel territorio di Molinella, è stata evacuata preventivamente «anche se se ne sono andati soprattutto gli anziani e le persone fragili – spiega il parroco don Federico Galli – Alla fine i danni non sono stati enormi per le case, ma l’acqua ha invaso soprattutto i terreni agricoli. Il problema più grosso però è che queste ripetute inondazioni (l’ultima era stata appena in settembre) fanno sì che la popolazione non sia mai tranquilla, viva in una paura costante». Tra le zone più colpite in città sicuramente i dintorni di via San Mamolo, via Andrea Costa e via Saffi. In queste ultime, il torrente Ravone, tombato negli anni Sessanta, ha allagato strade, scantinati, garages e cantine. Acqua e fango hanno invaso il tratto di via Andrea Costa adiacente alla chiesa di San Paolo di Ravone e molte strade vicine. Alle 9 di domenica, gli scout e i giovani erano già al lavoro per pulire i locali parrocchiali, invasi da trenta centimetri di fanghiglia. Sono stati raggiunti da genitori, volontari della Caritas, catechisti, giovani e meno giovani. Ciò ha permesso agli scout e agli altri giovani di dare una mano ai tanti residenti alle prese con il fango e l’acqua. Lunedi mattina il cortile si è trasformato nel quartier generale dei volontari; ai tanti parrocchiani si sono aggiunti quelli chiamati a raccolta da Plat, piattaforma di intervento sociale. Via Brizio, via Zoccoli, via Guerrini si sono popolate di centinaia di giovani, tra cui tanti studenti fuorisede, muniti di pale, secchi e stivali di gomma che hanno collaborato con la Protezione Civile. «Questo quartiere è un po’ come un paese, dove il guaio di uno è il guaio di tutti –racconta il parroco, don Alessandro Astratti -. La solidarietà è stata enorme e ci ha permesso di aiutare anche gli altri».
Nei giorni successivi, decine di catene umane hanno contribuito a svuotare cantine e scantinati e a regalare più di un sorriso. I titolari di bar e forni, pur alle prese con la conta dei danni, hanno sfornato focacce e dolci per rifocillare i volontari, prelibatezze a cui si sono aggiunti panini e pasticcini offerti dai «vicini».
Danni anche alla parrocchia di Sant’Eugenio sulla prima zona collinare sopra via Saragozza. La chiesa si è allagata qualche minuto dopo l’uscita dei fedeli dalla Messa prefestiva di sabato sera. «L’allagamento è stato velocissimo – testimonia il parroco monsignor Mirko Corsini – e alla fine c’erano 10 centimetri d’acqua. L’acqua ha invaso la centrale termica, che ora si trova in pessime condizioni: occorrerà rifare l’impianto elettrico, i bruciatori e tutte le pompe della struttura». «Abbiamo fatto fronte a questo disastro inizialmente in cinque: io, il vice parroco don Fabio Quartieri e tre parrocchiani che erano rimasti dopo la Messa – prosegue -. Abbiamo fatto delle paratìe utilizzando gli inginocchiatoi della chiesa, in modo che l’acqua non arrivasse alla chiesa stessa ma fosse dirottata sulla strada, e lentamente abbiamo buttato fuori tutta l’acqua che era possibile. Poi, il giorno dopo, tante persone della parrocchia e anche tanti ragazzi, ai quali bisogna davvero dire grazie, hanno pulito tutto: abbiamo portato le panche e tutto l’arredo della chiesa in alto». «Sono comunque abbastanza sereno – prosegue monsignor Corsini – perché l’altra mia parrocchia, la Sacra Famiglia, ha avuto pochissimi danni. Per fortuna quindi abbiamo gli spazi di quella parrocchia per le attività pastorali, per un po’ stare mo “stretti”, ma abbiamo comunque una chiesa dove celebrare. Per Sant’Eugenio invece ipotizzo i danni intorno ai 200mila euro. Li stiamo accertando con i tecnici». «Io e don Fabio non abbiamo avuto problemi – conclude monsignor Corsini – perché la nostra casa si trova al quarto piano di questa struttura e quindi non è stata toccata dall’acqua. Sulle cose tecniche ci stiamo muovendo in autonomia. Ci siamo attivati in fretta sopratutto per l’impiantistica, visto che accogliamo anche la scuola del Comune e quindi occorre che tutto torni a posto il prima possibile». Anche la Polisportiva San Mamolo ha avuto un enorme danno, perché è stata allagata la palestra sotto alla chiesa di Sant’Eugenio, creata in partnership con la parrocchia, che proprio a breve doveva essere inaugurata: «Il parquet, che era stato appena posato, è ora inutilizzabile – spiega desolato Alessandro Cillario, della Polisportiva – e dovrà essere rifatto, per una danno di decine di migliaia di euro».
Alle porte di Bologna danni anche a Casalecchio di Reno nella parrocchia di Santa Lucia. «In alcune zone l’acqua è arrivata all’altezza di circa 15 centimetri – spiega il parroco don Matteo Monterumisi -. Per questo domenica mattina durante le Messe abbiamo chiesto l’aiuto di volontari che si trovassero nel primo pomeriggio per aiutarci: la cosa positiva è stata che hanno risposto all’appello una cinquantina di parrocchiani, dai più piccoli ai più grandi, e con loro abbiamo tamponato l’emergenza, spazzando fuori il fango. Adesso siamo in attesa che si asciughi tutto e poi dovremo quantificare i danni: per fortuna solo alle cose, non alle persone».
Luca Tentori
Chiara Unguendoli
(Hanno collaborato Francesca Mozzi e Giancarlo Valentino)