Tre giorni del clero

“Comunicazione adulta della fede ai giovani”: la relazione di don Rosini

"Una forma di carità che permette all’altro di crescere"

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BOLOGNA – Martedì 12 gennaio 2021, nella tre giorni del clero invernale, è intervenuto da Roma Don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio Vocazioni della Diocesi di Roma, iniziatore di percorsi diffusi in tutta Italia, come i 10 comandamenti, abituato a comunicare e a riflettere sul tema dell’annuncio del Vangelo.

Iniziando dalla definizione delle parole “comunicazione” e “adulto” ed evidenziando quest’ultimo come colui che, crescendo ha raggiunto un’autonomia, don Fabio ha sottolineato come la comunicazione adulta della fede sia una forma di carità che permette all’altro di crescere, rimarcando il legame tra chi comunica e chi riceve.

La fede in quanto virtù va esercitata e in quanto teologale può essere solo dono di Dio, quindi, come si alimenta la fede? Don Fabio ci ha proposto un’interessante analogia partendo dalla vita biologica, confrontandola con quella dello Spirito: trattandosi di una vita non si trasmettono per comprensione, per impegno, per processo spontaneo, ed entrambe conoscono i tempi e i processi della fecondazione e della gestazione, dell’infanzia e della giovinezza e infine della vita adulta.

La fase della prima evangelizzazione corrisponde a quella naturale della fecondazione e  gestazione, queste  innescano uno sviluppo, un evento irripetibile e portano con sé  l’assoluta dipendenza verso chi genera e si prende cura del generato. Il tempo dell’Iniziazione Cristiana è analogo a quello dell’infanzia e della giovinezza: l’organismo cambia velocemente, sempre in continuità con ciò che era, iniziando un processo di crescita verso la conquista di una progressiva autonomia.

Infine il tempo della vita adulta, caratterizzata dalla stabilità, dall’autonomia. La vita adulta, biologica e cristiana, ha alcuni segni che le sono propri e la contraddistinguono come la fecondità e la paternità, cioè aver compiuto il passaggio dall’essere generati al generare. Si è arrivati a questo punto a sottolineare come la comunicazione della fede deve portare  all’autonomia dell’altro ed ha come punto di partenza la valorizzazione della persona.

Il compito della paternità richiede di saper vedere la bellezza del figlio, questi necessita nella sua crescita della fiducia paterna, così la comunicazione della fede presuppone il compito profetico di vedere la bellezza e la creatività dell’altro per aiutarlo ad esserne consapevole. Spesso le persone scivolano nella mediocrità causa la mancanza di fiducia in se stessi, il compito paterno è di guidare alla scoperta della propria bellezza.

Guidare le persone verso una progressiva autonomia obbliga a riflettere sulla necessità che venga sempre rispettata e promossa la loro libertà: “se non posso dire no, non posso nemmeno dire sì”. Si tratta di esercitare una paternità nella fede che lasciare cadere la logica del modello del “buon cristiano” e l’idolatria dei risultati, per mirare allo sviluppo dell’autonomia delle persone puntando sulla qualità della relazione, mirando alla bellezza dell’altro con affabilità, ma senza diventare accondiscendenti.

Molti sono stati gli spunti che questa relazione ci ha fornito, facendoci riflettere sulla modalità con la quale annunciamo il Vangelo e cerchiamo di trasmettere la fede, perché è a questo che siamo chiamati. In conclusione riporto le ultime parole che sono state rivolte al clero della Chiesa di Bologna, un invito a credere in ciò che il Signore desidera operare attraverso di noi: “Dio salverà Bologna attraverso di voi! Voi siete i preti giusti per Bologna” Purtroppo i primi a volte a non credere alla nostra bellezza siamo proprio noi.

Don Marco Bonfiglioli

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