Tre giorni del clero

Don Rosini: «Chiamati ad essere padri»

La riflessione del sacerdote romano in apertura dell'appuntamento di Lunedì 18 settembre in Seminario

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La Tre giorni del clero è iniziata con una condivisione appassionata di don Fabio Rosini, prete romano e iniziatore del cammino delle dieci parole che offre a tanti giovani un percorso di evangelizzazione.

Anzitutto un richiamo ad un profondo senso della realtà: stiamo scivolando sul virtuale non tanto come ambiente di comunicazione ma come modo di affrontare la vita. La fede rischia di essere presa come una specie di serie televisiva, cha appassiona ma che non cambia l’esistenza. Come affrontare questo mondo così manipolabile che è la comunicazione digitale? Con la realtà, con la vita, con gli eventi oggettivi, reali. Rosini parla della forza delle abitudini. Le abitudini sono più potenti perfino delle idee.

Anzi è dimostrato che le abitudini hanno addirittura la forza di influire sul DNA. Dobbiamo anzitutto aiutare i giovani a crearsi buone abitudini di vita evangelica, che sono il solco nel quale le idee trovano la loro fecondità. È un lavoro urgente, perché sono crollate le istanze formative, a cominciare dalla famiglia che non è più in grado di educare e la Parrocchia a mala pena oggi riesce a formare alla vita di fede. Bisogna uscire, ribadisce don Fabio, da un modello intellettuale di formazione, alla trasmissione di idee che siano pratiche, che entrino subito in connessione con la vita concreta. Non potremo mai evitare lo scandalo della predicazione. Non dare mai per presupposta la fede.

Eppure, nonostante tutto, dobbiamo continuare a credere che la storia è buona, perché possiamo costruire, possiamo rifondare la vita cristiana. Sentiamo spesso di non essere adeguati. La transizione epocale è così forte che spesso ci sentiamo immessi in una realtà pastorale per la quale non ci sentiamo formati e preparati. Ma Dio ha messo noi e dobbiamo riscoprire il valore di ciò che siamo: siamo e dobbiamo essere semplicemente dei padri. Se nella vita umana la madre incarna il sì assoluto e incondizionato che individua nel figlio un valore assoluto, il padre incarna invece il no, il confine, l’argine. Definire i limiti non significa reprimere, ma dare valore al sì, dare valore all’identità. Se vuoi rappresentare l’Italia devi anzitutto disegnare i suoi confini, cioè mostrare dove l’Italia finisce: perché i limiti sono lo spazio dell’identità e della libertà.

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