Gubbio

Il Cardinale benedice l’abate Parisotto

Eletto abate generale dei Canonici regolari lateranensi è anche parroco ai Santi Monica e Agostino e San Giuseppe Lavoratore a Bologna

 

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Il Cardinale Zuppi ha presieduto nella chiesa di San Secondo a Gubbio il rito della benedizione abbaziale di don Edoardo Parisotto. Eletto abate generale dei Canonici regolari lateranensi e al momento parroco ai Santi Monica e Agostino e a San Giuseppe Lavoratore di Bologna., don Parisotto, di origine trevigiana, ha compiuto la sua professione religiosa nella congregazione nel 1992 ed è stato ordinato sacerdote nel 1999 a Treviso. Ha svolto la sua attività pastorale anche a Santa Maria Forisportam a Lucca, a San Floriano nel Trevigiano, poi a Roma dov’è stato cappellano universitario alla Sapienza e parroco a Sant’Agnese fuori le mura. Dal 2018 è. stato parroco a Bologna e anche vicario pastorale.

I Canonici regolari sono sacerdoti che praticano la vita comune, secondo la regola di Sant’Agostino e che sono dediti al servizio divino e alla cura pastorale dei fedeli. L’attuale congregazione lateranense è il risultato di una fusione dei canonici renani, radicati nel bolognese e una comunità che ebbe le sue origini nel nono secolo nella Cattedrale di Roma. Attualmente l’abate generale risiede a Roma nella basilica di San Pietro in Vincoli.

« Ogni comunità – ha detto il Cardinale all’omelia – non è mai la somma delle nostre persone, perché tra noi c’è il Signore Gesù ed è lui che ci rende una cosa sola, con lui e tra di noi. Quanto è importante essere comunità in un mondo di individualisti, a cominciare da noi”. “L’abate – ha proseguito l’arcivescovo – ha il compito di aiutarci a pensarci insieme, di ricordare a tutti di seguire Gesù e di lavorare nella grande vigna di questo mondo, essendo lui stesso servo, come Gesù che è venuto a servire e non per essere servito. Aiutiamo don Edoardo, perché lui servirà nella comunione ma l’unità è affidata a ciascuno di noi».

«Nel mio servizio – ha sottolineato don Parisotto, nel suo intervento a conclusione della celebrazione – voglio valorizzare non l’autorità ma la relazione, come quella di un padre che genera, che fa crescere e accompagna, di un fratello maggiore visto che sono un abate molto giovane, che coltiva la fiducia, che ascolta e parla, che sa trovare il giusto equilibrio tra la parola e l’ascolto».

 

 

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