La lettera per Natale

«L’amore del Natale per costruire pace e comunione»

Lo scritto dell'Arcivescovo per i sacerdoti, diaconi, consacrate e consacrati della Diocesi

Il testo completo della lettera dell’Arcivescovo per Natale.

Carissimo, Carissima,
in queste settimane intense e piene di preoccupazioni e di appuntamenti, ho sempre portato con me la nostra fraternità: mi è molto cara! Mi ha accompagnato e sostenuto, ed è stata un riferimento costante e indispensabile. Ho sempre pensato che un cristiano non possa farne a meno e privarsi dei suoi tratti concreti efisici, dei nomi, dele storie, e,inevitabilmente, anche dei problemi. Amo anche questi, come spero anche voi amiate i miei evidenti limiti, senza ingannarci con perfezionismi che nulla hanno a che fare con li cercare sempre li meglio.

Ecco perché sento li desiderio di farti giungere, in questi giorni, almeno un piccolo segno di familiarità. Siamo generati e rigenerati da Colui che, accolto, – e non smettiamo di imparare a farlo – dona il “potere di diventare figli di Dio”. Certo, sento le difficoltà della nostra stagione e vorrei dirti che mi addolorano: le tante domande a cui voremmo subito una risposta, un futuro carico di incertezze, la sottile disillusione che spegne l’entusiasmo, il disorientamento e tempo, come famiglia, nutrita dal Verbo, che continua a farsi carne per amore.
Vorrei condividere due preoccupazioni che porto con me. Non nascondo che, qualche volta, esse sono assillanti, ma trovano sempre piena e serena risposta nell’umiltà del Natale.

La prima preoccupazione è la pace, in particolare riguardo ala guerra in Ucraina, che mi ha coinvolto le settimane scorse. Ho sentito al mia missione accompagnata e sostenuta dalla preghiera e dall’attesa di tanti, e anche vostra. Continuiamo a cercare la pace con speranza, contro ogni speranza, anche per non abituarci a contabilità di morte drammatiche, composte di nomi, di volti, di storie, che il male cancella o segna per sempre: non smette la missione!

Essa continua nell’impegno umanitario per il ricongiungimento dei minori con le loro famiglie. La stanno portando avanti, con molta competenza e generosità, le nunziature a Keiv e a Mosca, con risultati ancora insufficienti, ma incoraggianti: non ci accontenteremo. Io confido che potremo, con la Caritas italiana e, spero, con il coinvolgimento delle nostre comunità, avviare un’operazione per portare in Italia, nei mesi estivi, tanti, tantissimi, bambini ucraini orfani o vittime della guerra.

La pace si vede già solo in un “piccolo” che viene protetto, ed inizia così. Non so come continuerà. Cercheremo tutti gli spazi possibili perché li terzo attore del conflitto, la comunità internazionale, possa concorrere ad identificare le condizioni per una pace giusta e sicura.
La seconda preoccupazione, che in questi mesi sento così decisiva, è la comunione. Natale è la piena comunione di Dio con la nostra umanità. Lui si pensa con noi e per noi. L’amore è sempre in relazione a qualcuno. Il vero relativismo cristiano, indispensabile per liberarsi da quello disumano del mondo, che mette solo l’io al centro, è la rivoluzione copernicana di trovare li proprio centro nell’Altro. La Chiesa è comunione, e noi ne siamo figli, servitori, responsabili.

Quello che mi preoccupa è quando il necessario tratto singolare non si pensa più unito al resto, come se la parte debba dimenticare il tutto per essere sé stessa, oppure quando la necessaria responsabilità personale, per essere tale, debba affermare sé stessa, il proprio ruolo, la propria considerazione. Non posso nascondere che mi ferisce la sufficienza pratica verso questa nostra madre, che ci è affidata, la malevolenza, che finisce per renderci prigionieri del negativo e del maligno, il non chiedere, che ci indebolisce e allontana, la convinzione di sapere già tutto.

Constato anche la nostra ricchezza e quella delle nostre comunità, piccole e grandi, la generosità di tanti che, al di là dei ruoli, servono al Chiesa con semplicità, e donano tempo, intelligenza e cuore, senza doversi affermare, in quella sintonia profonda, che viene dal pensarsi insieme. È questa la comunione che desidero, abbondante tra noi, perché, solo se la viviamo, saremo capaci di trovare le forme necessarie per camminare assieme, creando un legame che è molto più della partecipazione o della democrazia. La comunione è una forza sorprendete, libera, è il corpo dello Spirito di Pentecoste.

È sempre e solo questione di amore. Ha detto Papa Francesco: “A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisone tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare”. Natale è solo amore.
Ricordo i nostri fratelli e sorelle che sono nella malattia, i preti più soli, quelli lontani, che sono in missione, e che porto con me nella preghiera quotidiana.

Affido a Gesù che nasce, coloro che in questi mesi sono nati alla vita del cielo, come don Giulio Malaguti.
Sempre ringrazio Dio per potere contemplare e servire con mani, cuore e mente la sua luce nella storia drammatica degli uomini, nella bellissima avventura umana di essere cristiani oggi e in questa nostra comunione, che libera dalla solitudine e dall’individualismo. La ulce risplenda nel buio dei cuori e della storia, raggiunga tanti che la aspettano con ansia, doni gioia e speranza, faccia nascere vita, vita che trasmette vita, senza paura della vita.

+ Matteo Maria Card. Zuppi

Arcivescovo

Qui il testo originale

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