Domenica 11

Il saluto al rabbino Alberto Sermoneta che lascia Bologna

Il programma della cerimonia e le parole del rabbino pubblicate su Bologna Sette

La Chiesa e la Comunità Islamica di Bologna hanno promosso per domenica 11 settembre, nel Seminario arcivescovile, il saluto a Rav Sermoneta. Mettiamo a disposizione le parole del rabbino scritte per il nostro settimanale Bologna Sette

La fotogallery dell’incontro a cura di Elisa Bragaglia e Antonio Minnicelli

Il saluto di Rav Alberto Sermoneta (Bologna Sette del 4/9/2022)

Arrivai a Bologna il 15 settembre 1997. La mattina, prima di partire, mi recai a pregare al tempio le “selichot”, preghiere penitenziali del mese di Elul (ultimo mese dell’anno ebraico) prima di Rosh ha shanà – il Capo d’anno. Era l’ultimo giorno che trascorrevo come Rabbino nella comunità che mi aveva visto nascere, crescere, affermarmi negli studi rabbinici e laurearmi Rabbino maggiore: quella di Roma. Tanta era la commozione, nel salutare i miei Maestri e colleghi.

Il Rabbino Della Rocca mi diede la “berakhà”, la benedizione, poi ci abbracciammo e scoppiammo in un pianto liberatorio. Mi disse: “lekh lekhà” imperativo usato dal Signore ad Abramo, che gli comandava di abbandonare la casa paterna e il paese; in italiano significa: “va per te”, ma il commentatore Rabbì Shelomò ben Izchaq lo interpreta così: “Vattene per il tuo bene e affinché possa tu brillare di luce propria”. Andai anche a salutare mia madre, che non mi disse nulla; mi abbracciò e mi baciò. Ma seppi leggere bene il suo pensiero!

Arrivai a Bologna ed ero solo, perché mia moglie con i ragazzi, durante il primo anno rimasero a Roma. Mancavano pochi giorni a Rosh ha shanà ed iniziai subito a lavorare sia per la preparazione alle grandi festività, per i correligionari, sia ad incontrare esponenti delle istituzioni. Ricordo che fra i primi incontrai il professor Mauro Perani e Luigi Pedrazzi, allora vicesindaco. Incontrai anche esponenti del mondo cattolico, anzitutto monsignor Stagni, vescovo ausiliare; nel mondo protestante il Pastore Anziani: con lui abbiamo lavorato molto per il dialogo interreligioso.

Avevo già esperienze di dialogo ebraico- cristiano: a Roma nel ’93 insieme ad una insegnante nella scuola ebraica fondai un gruppo di studi di giovani, ebrei e cristiani, con cui ogni settimana facevamo lezioni e discutevamo argomenti inerenti al dialogo. Durante questo lungo periodo bolognese, ho sempre cercato di essere il rabbino degli ebrei, ma anche un punto di riferimento per tutti. Di studenti non ebrei ne ho avuti moltissimi e non c’è stata volta che, se camminavo per la strada, la gente non mi fermasse per salutarmi con rispetto e dicendo parole di ammirazione per il nostro popolo.

Col cardinal Caffarra prima e con il cardinal Zuppi, amico fraterno (proveniamo dallo stesso ambiente e tifiamo per stessa squadra) ci siamo sempre incontrati per far crescere il dialogo interreligioso e confrontati, con rispetto reciproco ma soprattutto con lealtà. Questo, secondo me è l’ingrediente fondamentale del rapporto tra persone con pensieri religiosi diversi.

Il mio Maestro Rav Toaff, sin da giovani ci ha sempre insegnato che con gli “altri” bisogna dire quello che si pensa manifestando le proprie ragioni, ma usando sempre educazione, rispetto e soprattutto lealtà. Spero che chi mi succederà nella cattedra rabbinica, porti con se un bagaglio di esperienza tale e soprattutto abbia sempre un atteggiamento di rispetto per tutti, un rapporto cordiale e aperto.

Posso essere più che soddisfatto del lavoro svolto nella città; lavoro difficile e delicato che va fatto in modo preciso, senza potersi permettere errori. Saper capire la gente ed aiutarla e a volte, dire no ad alcune proposte. È difficile mettere in secondo piano le esigenze dei propri familiari rispetto a quelle comunitarie e istituzionali; per questo ringrazio mia moglie ed i miei figli per aver compreso le mie esigenze e avere a volte fatto un passo indietro rispetto a ciò che il mio ruolo richiedeva e tuttora richiede. I rapporti con i vertici comunitari sono stati buoni e il rispetto reciproco ha fatto si che, anche se c’erano differenze di pensiero, ha sempre prevalso il buon senso. Ora saluto, non senza commozione, la città e la comunità ebraica di Bologna, augurando di andare avanti e collaborare fra di loro con dialogo e successo.

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