“Una nuova forma di Chiesa”: a cinque anni dalla istituzione delle zone pastorali nella diocesi di Bologna è giunto il momento di fare un “tagliando”: giovedì sera si è tenuta una importante assemblea che ha visto riuniti insieme sia i laici presidenti dei comitati di zona, che i presbiteri moderatori, con i più diretti collaboratori dell’Arcivescovo.
Don Angelo Baldassarri, vicario episcopale per la comunione, aveva fatto pervenire un prezioso documento di lavoro nel quale ha condensato le linee portanti del cammino fin qui percorso, a partire dagli apporti dati in questi anni da tutti gli organismi di partecipazione ecclesiale.
Nessuno può negare la fine irreversibile di quella forma di cristianità che ha caratterizzato la nostra storia passata e quelli della attuale condizione di secolarizzazione.
È sotto gli occhi di tutti il calo numerico dei sacerdoti, ma anche delle persone che accedono ai sacramenti della vita cristiana; ma la “nuova forma di comunità” è un disegno che riguarda tutte le vocazioni, comprese quelle laicali e religiose, chiamate ad una corresponsabilità missionaria.
Questo lavoro di ripensamento delle forme ecclesiali nel territorio ha veramente il sapore di una sinodalità concreta, perché – come ha rilevato il Cardinale – non nasce dall’analisi di direttive calate dall’alto, ma dalla partecipazione di tutto il corpo ecclesiale, non senza alcune resistenze profonde: “qualcuno è forse spaventato, – rileva l’Arcivescovo – perché certo cambiare non è facile. Ma abbiamo chiara la necessità, che è la missione!”.
“La necessità è comunicare il vangelo, – ha detto in modo appassionato il Cardinale – è la cosa più bella che abbiamo, di cui c’è un bisogno enorme, perché c’è una sofferenza terribile: questo è il nodo! Se non partiamo dalla compassione di Gesù per la folla non capiamo quello che stiamo facendo! Si riduce tutto ad alchimie, a considerazioni di ruolo, a bracci di ferro di potere”.
C’è da ridefinire il modo della presenza ecclesiale nel territorio, con la consapevolezza che che nessuna condizione di vita oggi è associata ad un solo luogo, viste le grandi possibilità di movimento per lavoro, per formazione, per interessi vari. Anche la pesante crisi demografica incide su questa progettazione.
Una riflessione in corsa, che riguarda anche i comitati di zona, costituiti attorno ai quattro ambiti nodali (catechesi, liturgia, carità, giovani), i laici presidenti di questi organismi e i presbiteri moderatori.
La riflessione si è poi concretizzata attorno a 8 temi di discussione, declinati in altrettanti tavoli di lavoro, dai quali emergeranno ulteriori indicazioni di rotta per consolidare la coscienza fortemente missionaria di questo progetto e restando sempre ben radicati nella realtà della vita ecclesiale.
Zone pastorali, comitati, moderatori, presidenti: c’è tutto un vocabolario della vita pastorale da imparare. Abbiamo chiesto al Cardinale se non corriamo il rischio di perderci in una specie di ingegneria ecclesiastica…
“Il rischio c’è…- confessa il Cardinale – è un rischio importante perché cambia tutto… perché l’ingegneria ecclesiastica è una delle tentazioni che ci fa pensare di pensare di aver risolto tutto all’interno… e allora il problema diventano gli altri che non capiscono… oppure c’è il rischio di cercare formule ancora più perfette, mentre invece questo documento è frutto di tanta discussione e di tanto cammino… certo anche di qualche sbucciatura… qualche volta siamo usciti controvoglia… ci siamo fatti un po’ anche del male, abbiamo riscontrato tante difficoltà.
È chiaramente materiale che deve essere ancora lavorato, ma è frutto del cammino: ci mettiamo in cammino e, camminando, troviamo la forma più adeguata per accogliere, per essere comunità, per ritrovarci attorno alla mensa della parola, dell’eucaristia, alla mensa dei poveri, come il Signore ci chiede”.