20° anniversario del riconoscimento pontificio della fraternità di comunione e liberazione

Bologna, Cattedrale

La gratitudine e la gioia sono i sentimenti che oggi vibrano nei cuori di tutti voi che siete qui radunati, e fanno di questa assemblea liturgica una “eucaristia” straordinariamente intensa e motivata.

Un inno di riconoscenza si eleva al Signore – e diventa in voi un canto di pura esultanza – per una “storia”: una storia che vi è stata donata e, attuandosi nella vostra quotidiana vicenda, si è fatta in voi principio di originale identità e di caratteristica appartenenza.

Certo, è un’identità che non è altra cosa dall’identità cristiana, che radicalmente avete ricevuto nel battesimo, ma nel movimento è divenuta in voi più marcata, più precisa, più incontestabile. Certo, è un’appartenenza che non è altra cosa dall’appartenenza alla santa Chiesa cattolica (rinsaldata ogni volta che partecipate al sacrificio del “Corpo dato” e del “Sangue versato), ma ha ricevuto una consapevolezza nuova, più concretamente operosa, più feconda di bene.

La vostra storia parte da lontano; addirittura dagli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza di don Luigi Giussani. Ma vent’anni fa è arrivata a un momento decisivo, un momento arricchito di una grazia speciale, quando essa è stata riconosciuta nella sua validità evangelica, è stata confermata nella bontà della sua ispirazione, è stata ratificata pubblicamente con il Decreto di riconoscimento della Fraternità di Comunione e Liberazione da parte della Sede Apostolica, attraverso il Pontificio Consiglio per i Laici, l’11 febbraio 1982.

E’ giusto e bello che voi ripensiate davanti all’altare del Signore a quella data e ripercorriate in un ricordo commosso questi vent’anni di impegno e di fedeltà. Ma anche per me è ragione di personale compiacimento il rievocare nella mia cattedrale una storia che nella realtà delle cose ha avuto inizio in quel Seminario di Venegono, il cui magistero di fede, di vita, di amore alla verità è stato anche per me determinante, e resta indimenticabile. L’amicizia che fin da quegli anni mi lega a don Giussani spiega e giustifica la mia odierna emozione e la letizia dell’ora che sto vivendo con voi.

* * *

Che cosa chiederò al Signore per voi in questa messa del ventennale?

Il mio primo auspicio è che non vi stanchiate mai di fare appassionata memoria del Signore Gesù, nel quale ogni scintilla di umanità, ogni fremito, ogni aspirazione, ogni istante dell’esistere acquista senso e valore.

Fate che ogni giorno – tanto nella vostra esperienza comunionale e fraterna quanto nel silenzio del vostro santuario interiore – sia presente e incisivo colui che non solo è sempre vivo e sempre vero in se stesso, ma anche sa infondere in ogni nostra possibile debolezza una vitalità inesauribile e sa illuminare ogni nostro buio e ogni nostra confusione con una verità che non teme smentite.

In troppi ambienti della cristianità oggi il nome di Cristo è divenuto un’etichetta estrinseca e la sua menzione una scusa per parlare d’altro. Nella vostra Fraternità non sia mai così: proprio nell’autentica ed esplicita connessione con lui, troverete la forza e la luce per affrontare correttamente ed efficacemente ogni tema urgente e ogni pungente problema dell’esistenza umana.

Il mio secondo auspicio è che appunto dalla comunione ecclesiale, concepita non come una mera denominazione ideologica ma come una realtà coinvolgente e saziante, abbiate a desumere ogni ispirazione e ogni regola di comportamento. Il Signore vi aiuti a saper cogliere – con gli occhi radioscopici della fede – la bellezza incantevole della Sposa del Re, al di là di tutte le chiacchiere teologiche e di tutti i travisamenti mondani.

E sappiate sempre guardare a ogni uomo che incontrerete – anche il più lontano e diverso – come a un’icona viva di Cristo, che attende di essere liberata dalle scorie e restaurata nella sua somiglianza al divino Archètipo, dalla vostra invincibile capacità di amare.

09/02/2002
condividi su