solennità dell’Epifania

Bologna, Cattedrale

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”
(Lc 2,14)

C’è ancora nei nostri cuori la dolcezza del canto angelico che è risonato nella fatale notte di Betlemme e ha immesso nella storia universale una speranza nuova. Ebbene, la commozione di quell’annuncio torna e si ravviva in questo giorno dell’Epifania, che prosegue e porta a compimento la gioia della celebrazione natalizia.

Quali sono gli uomini che Dio ama? Sono tutti, senza eccezione, quale che sia la loro concreta condizione esistenziale e la loro collocazione entro il variegato panorama del genere umano. Come non c’è un angolo del cielo dove non arrivi il fulgore della gloria divina, così non c’è un angolo della terra – che vuol dire: non c’è una regione, non c’è un raggruppamento sociale, non c’è un cuore – che non sia destinatario dell’amore del Creatore: il Creatore di tutti si rivela e vuol essere sul serio il Padre affettuoso e provvidente di tutti. Questo è il messaggio dell’Epifania che conferma, ripropone, rende ancora più esplicito il messaggio del Natale.

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“Cammineranno i popoli alla tua luce” (Is 60,3), era scritto nel libro di Isaia (e noi l’abbiamo riascoltato). “I popoli”, ha detto: non solo i figli d’Israele, ma tutti i figli di Adamo. Quella parola profetica si elevava allora sul comune sentire del particolarismo ebraico, aprendolo all’insolita ampiezza di una prospettiva addirittura cosmica.

La comunità ecclesiale, guidata dallo Spirito ricevuto nella Pentecoste, ha letto ben presto in quell’antico testo la sua vocazione “cattolica”, in virtù della quale la Chiesa di Gesù non si dà – non può e non vuol darsi – alcun confine geografico o etnico o culturale. Essa spalanca le sue braccia a ogni stirpe ed è pronta ad accogliere nel suo proprio patrimonio i tesori spirituali e gli autentici valori delle nazioni: “Verranno a te i beni dei popoli” (Is 60,5).

Nessuno è escluso “a priori” dalla “nazione santa”, che è la Chiesa: neppure gli smarriti e i peccatori, perché il Signore ci ha confidato di essere “venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10).

La Chiesa respinge soltanto e respinge fermamente ogni ideologia nemica della retta ragione e della saggezza; respinge ogni volontà di imporre le proprie concezioni con il terrore incusso o anche solo minacciato, con la violenza anche soltanto verbale, con le intimidazioni e le pretese arroganti; respinge ogni attentato alle acquisite abitudini di fede e ai segni storici della cristianità.

Ma nessuna bellezza, nessun bagliore di verità, nessun anèlito alla giustizia, nessun impulso di bene, nessuna sana consuetudine umana può considerarsi rifiutata o anche solo disattesa dalla Sposa di Cristo, che è sempre pronta ad accogliere tutti e tutto con un’invincibile simpatia verso ogni positività; quella simpatia, per così dire, “ecumenica” tenuta viva in lei dal mistero dell’Epifania che essa non si stanca di celebrare.

Questo significa essere “cattolici”; ed è una consapevolezza, un gusto, un entusiasmo che dobbiamo riscoprire ogni giorno e non deve più illanguidirsi nella vita del nostro spirito

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San Paolo più di ogni altro ha meditato sul “mistero della Epifania”; cioè su quel disegno, nascosto nei secoli eterni nella mente di Dio, che con l’ingresso nella storia dell’Unigenito del Padre, divenuto nostro fratello e nostro unico Redentore, ha ricevuto finalmente la sua piena e definitiva “manifestazione”.

Qual è questo “disegno” primordiale che egli, nella seconda lettura di questa messa, ha riproposto alla nostra contemplazione ammirata? E’ quello di convocare tutte le genti – vincendo ogni razzismo, ogni sciovinismo, ogni incomprensione verso la storia e la onesta cultura altrui – “in Cristo Gesù, a entrare in possesso della stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo ” (cfr. Ef 3,6).

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Alla Chiesa Cattolica, raffigurata nella città santa di Gerusalemme, oggi sono rivolte le parole del profeta: “Alzati, rivèstiti di luce…perché la gloria del Signore brilla sopra di te” (cfr. Is 60,1). Certo, noi scopriamo altresì quanto sia attuale per i nostri giorni anche l’osservazione preoccupata dell’antico scrittore ispirato: “Le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni” (cfr. Is 60,2).

“Ma – egli prosegue, ed è l’infusione di fiducia che ci viene dalla festa odierna – su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (ib.). Che significa: “Casa di Dio, Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (cfr. 1 Tm 3,15), chi entra fra le tue mura, anche se fuori il buio è fitto, trova sempre la luce; chi si rifugia in te, anche se il mondo è preda di mille paure, sperimenta immancabilmente la serenità perché (come sta scritto) “noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio e sono stati chiamati secondo il suo disegno” (cfr. Rm 8,28); chi si sente raggelato dal troppo odio che vede imperversare sulle strade del mondo, varcando la tua soglia benedetta riscopre il calore dell’amore e la legge intramontabile della fraternità che ci lega a tutti gli uomini e specialmente ai veri credenti. Come ancora ci insegna san Paolo: “Ogni volta che ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, specialmente verso i fratelli nella fede” (cfr. Gal 6,10).

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Per chi era illuminato da questi insegnamenti apostolici, è stato facile interpretare come la raffigurazione pittoresca della verità dell’Epifania l’episodio un po’ misterioso dell’infanzia di Gesù, che ci ha raccontato un’altra volta il vangelo di Matteo: quello della comparsa in Giudea di “magi” venuti dal lontano Oriente: strani, inattesi e ben motivati ricercatori di un Re appena nato; “Re dei Giudei” sì, ma destinato a governare e a rallegrare il mondo intero. Guidati da una stella che infondeva nei loro animi un indomito coraggio e “una grandissima gioia” (cfr. Mt 2,10), essi arrivarono fino a Betlemme dove “videro il bambino con Maria sua madre, e prostratosi lo adorarono” (Mt 2,11).

Erano – la Chiesa l’ha subito capito – la primizia delle genti, il segno e la prova che il Dio che si è manifestato in Cristo, inviandolo a noi come Maestro, Redentore e Signore, davvero “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4). All’umanità non poteva essere data una notizia più bella.

06/02/2002
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