23ma giornata della vita

Bologna, Basilica di San Luca

“Prendi il largo” (cfr. Lc 5,4). La voce del Signore Gesù, il nostro condottiero e il nostro maestro sempre vivo e attuale, oggi rivolge anche a noi – che siamo la sua Chiesa degli inizi del terzo millennio – l’invito che già ha rivolto a Pietro e ai suoi compagni: un piccolo gruppo di pescatori stanchi, sfiduciati, senza alcuna voglia di ritornare in mare e di staccarsi dalla stabilità rassicurante della riva, dove potevano serenamente ritrovarsi con la folla consueta.

“Prendi il largo!”.

Prendi il largo, Chiesa di Cristo: non aver paura ad avventurarti, se è necessario, lontano dalle opinioni più ripetitivamente conclamate e dai dogmi della cultura dominante.

Non aver paura a chiarire, sommessamente ma senza titubanze, che tu ti dissoci da molte delle più seguite ed esaltate regole di comportamento: per esempio quando esse sono ispirate da un egoismo che diventa spietato, come nel caso che non si esiti a sopprimere (legalmente o illegalmente, non c’è differenza sostanziale al cospetto di Dio) una vita umana innocente allorché è considerata scomoda o invadente; per esempio quando rivelano un individualismo angusto e cieco, sicché si ritiene che solo il singolo – e non la famiglia (la famiglia vera non una sua caricatura) – sia soggetto di diritto e debba essere tutelato; per esempio quando si nega ogni verità trascendente con la quale tutti siamo chiamati a confrontarci.

Già stiamo raccogliendo alcuni frutti amari della follìa di un’epoca che, afflitta quasi da un delirio di onnipotenza, ritiene di poter sofisticare ogni realtà biologica e ogni struttura ambientale, e rifiuta di lasciarsi guidare e disciplinare da un principio oggettivo superiore. E questo è già preoccupante; ma quando si tratta di manipolazioni e di fantasie genetiche, che toccano l’intima natura dell’uomo, allora ci si può purtroppo aspettare che alla distanza maturino conseguenze molto più funeste.

“Sarete come Dio, perché stabilirete voi che cosa sia bene e che cosa sia male” (cfr. Gen 3,5), ha detto il serpente ai nostri progenitori. E’ l’antica, anzi la prima tentazione, e oggi più che mai l’umanità sembra essere ipnotizzata e soggiogata dal suo fascino assurdo. Ma, volendo rivestirsi delle vesti regali di padrone insindacabile dell’universo, già adesso l’uomo finisce talvolta col ritrovarsi in quelle tragicomiche dell’apprendista stregone.

Prendi il largo, Chiesa di Dio, se vuoi che la tua presenza nella storia abbia un senso e un valore. Una Chiesa che non si staccasse dalla riva delle insipienze mondane, una Chiesa assimilata e arresa, una Chiesa che si proponesse, come il più ambito traguardo, di ottenere il plauso o il consenso, non apparirebbe più (come invece ancora appare) la sola superstite ragione di speranza per la disorientata famiglia umana.

E non aver paura, Chiesa di Dio, di sentirti sola nella bella confusione dei nostri giorni: non sei sola, se il tuo Signore è con te, lui che è “la via, la verità e la vita” (cfr. Gv 14,6).

Prendi il largo, tu sei fatta per navigare. Non dare ascolto a chi ti vuole irenicamente insabbiare, magari col pretesto di renderti meno estranea alla terra e più partecipe dei suoi problemi. Solo se prendi il largo, di una pesca prodigiosa il Signore saprà ancora gratificarti.

E’ una richiesta imperativa ed esigente quella che oggi ci viene dalla voce del Signore Gesù. E noi siamo venuti – in questa XXIII Giornata per la vita – nella casa della nostra madre e patrona, la Madonna di San Luca, a trarre fiduciosamente gli auspici per l’uomo del nostro tempo, a rianimare il nostro coraggio di testimoni di Cristo, a rinsaldare la nostra adesione all’eterna verità del Vangelo.

Diventi anche nostra allora la risposta di Pietro: “Sulla tua parola getterò le reti” (cfr. Lc 5,5).

“Sulla tua parola”: non sarà il nostro continuo discutere tra noi e il nostro ansioso dialogare con tutti (occupazioni, per altro, legittime e perfino di qualche utilità) a rendere efficace la nostra presenza salvifica nel mondo e incisiva la nostra azione pastorale. Sarà invece la riconquistata fermezza e la riaccesa passione della nostra fede. Sarà la convinzione che il Signore Gesù è sulla nostra stessa barca, ed è sempre capace di infondere energia alla nostra debole operosità e di dare validità alla nostra manchevole militanza cristiana.

Nel messaggio per questa Giornata della vita i vescovi italiani attirano l’attenzione sulla bellezza e l’importanza di ogni figlio che nasce. E ci rivolgono parole di luce e di grazia, alle quali vogliamo aprire le nostre menti e i nostri cuori.

“Sulla scia del Grande Giubileo dell’Incarnazione appena celebrato – essi scrivono – siamo invitati a contemplare in ogni figlio che nasce come un riflesso del Figlio unigenito di Dio e un’eco della Parola eterna” Ogni uomo è creato in Cristo e in lui è chiamato a trovare la sua perfezione e la sua beatitudine”.

“Il figlio – dicono ancora i vescovi – inizia la propria vita nel grembo della madre, in intima simbiosi con lei. Da questa comunicazione vitale può sorgere una falsa e distorta, ma forte e istintiva, idea di possesso nei confronti della nuova creatura prima ancora che sbocci, quasi si avesse il diritto di disporre di essa ed eventualmene anche di manipolarla ed eliminarla. Al contrario il figlio è una persona distinta dai genitori e di pari dignità. E’ quindi da rispettare incondizionatamente: è parola da ascoltare e dono da accogliere con amore”.

A proposito dei figli da accogliere, non posso che ripetere qui quanto ho recentemente detto in un contesto diverso: “Dovrebbero essere tutti ormai persuasi di quanto sia stata insipiente la linea perseguita negli ultimi quarant’anni, con l’ossessivo terrorismo culturale antidemografico e con l’assenza di ogni correttivo legislativo e politico che ponesse qualche rimedio all’egoistica e stolta denatalità, da molto tempo ai vertici delle statistiche mondiali. Tutto questo nonostante l’esempio contrario delle nazioni d’Europa più accorte, più lungimiranti, più civili, che non hanno esitato a prendere in questo campo intelligenti e realistici provvedimenti” (Sulla immigrazione p.7s).

Carissimi fratelli, che stasera siete qui convenuti, come ogni anno, mossi da un alto ideale, il vostro impegno è di grande rilevanza ecclesiale e sociale: è l’impegno non solo a favore della vita, ma anche per la salvaguardia della ragione e per la stessa sopravvivenza dell’uomo. E’ una pacifica battaglia che merita di essere combattuta senza diserzioni e senza stanchezze.

03/02/2001
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