apertura del processo canonico diocesano delle cause di beatificazione dei tre sacerdoti uccisi a Monte Sole nel 1944 Don Ferdinando Casagrande, don Giovani Fornasini, don Ubaldo Marchioni

Chiesa parrocchiale di Marzabotto

Oggi abbiamo introdotto con rito pubblico le cause di beatificazione di tre presbiteri bolognesi.
Questa “apertura ufficiale” è, come avete visto, una serie di atti giuridici; e a qualcuno potrà essere sembrata poco più di una muta e fredda formalità. Sono adempimenti dovuti e hanno un loro insegnamento da offrirci: ci notificano la serietà e l’oggettività con la quale la Chiesa intende muoversi in questo campo.
In realtà, è grande e intensa la commozione che oggi ci prende, mentre compiamo un passo lungamente auspicato.

Già solo i nomi di don Ubaldo Marchioni, parroco di S. Martino di Caprara, di don Ferdinando Casagrande, parroco di S. Nicolò di Gugliara, di don Giovanni Fornasini, parroco di Sperticano che si aggiungono a quelli di P. Martino Capelli, sacerdote del Sacro Cuore, e di don Elia Comini, salesiano dopo cinquantaquattro anni vibrano ancora nei nostri cuori e suscitano risonanze vivissime.
Quando riandiamo col pensiero alla tragedia che si è consumata a Monte Sole, avvertiamo ancora pungente il rammarico per queste preziose giovinezze sacerdotali così crudelmente stroncate. Ma di anno in anno, dopo tante rievocazioni oranti, dopo che tante volte abbiamo ripresentato sacramentalmente in loro ricordo il sacrificio del Signore, la pietà per la loro sorte si va componendo con un più pacato e un più alto sentire. Ogni giorno di più, ci rendiamo conto che queste vite immolate hanno nei disegni divini una trascendente finalità d’amore: l’amore di Dio verso la sua Chiesa, che va continuamente arricchita di esempi e di meriti; l’amore verso di noi che abbiamo bisogno di essere sorretti da forti lezioni di eroismo e di carità pastorale.

Coi processi che oggi avviamo, noi siamo consapevoli di avvalorare non le ragioni dell’odio e della contrapposizione ideologica, ma quelle della misericordia e della pace.
Beninteso, noi non vogliamo dimenticare. E proprio perché niente sia dimenticato, proprio perché tutte le testimonianze e le memorie siano diligentemente raccolte, noi ci siamo posti sulla strada che oggi intraprendiamo, senza sapere con certezza se e quando potrà arrivare alla mèta che tutti auspichiamo.
Questa sessione inaugurale si svolge nella casa di Dio, padre di tutti; e perciò stesso siamo invitati a riscoprire lo spirito di fraternità che il Vangelo ci dice di nutrire nei confronti di tutti i popoli. Siamo radunati attorno all’altare di Cristo, che è cattedra permanente di carità e di perdono. Il mistero del “Corpo dato” e del “Sangue versato”, che qui celebriamo, ci ammonisce che davanti alla divina giustizia siamo tutti colpevoli, e dall’immolazione del Figlio di Dio fatto uomo siamo stati tutti redenti.

Ciò che più ammiriamo in questi tre nostri fratelli e ci spinge a candidarli alla nostra venerazione è la loro dedizione senza riserve e senza titubanze al gregge che il vescovo aveva loro affidato; una dedizione che l’iniquità di quei giorni ha comportato ñ ed essi lo potevano facilmente prevedere ñ addirittura il sacrificio della vita.
Se il Signore vorrà, noi li potremo un giorno invocare anche pubblicamente come intercessori. Ma già adesso sono una straordinaria ricchezza della nostra Chiesa; una ricchezza che vogliamo custodire con fedeltà e amore.

18/10/1998
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