Assunzione di Maria

“In lei, primizia e immagine della Chiesa, hai rivelato il compimento del mistero di salvezza e hai fatto risplendere per il tuo popolo, pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza”. Sono le parole del Prefazio che ascolteremo tra poco e che ci aiutano a comprendere il significato di questa festa dell’Assunzione in cielo di Maria, la Madre di Dio. “Oggi il cielo apre il suo grembo”, canta la liturgia orientale. Lei nasce alla vita del cielo. Oggi Maria ci aiuta a guardare il cielo e a capirlo nella nostra condizione umana. Ne abbiamo bisogno, perché quando guardiamo  l’immensità ci si perde, ne sentiamo la vertigine, abbiamo bisogno di riferimenti, stelle che orientino. Senza la loro luce il buio nasconderebbe tutto, non sapremmo misurare le distanze e soprattutto trovare il cammino. Bisogna guardare il cielo per orientarsi sulla terra, altrimenti non si capisce dove si va! Senza riferimento ci perdiamo o ci arrendiamo alla prima difficoltà.  
Maria, prima dei credenti, è donna della gioia. La fede è conoscere l’amore di Dio personalmente e Lei disse sì all’angelo venuto dal cielo che aveva fatto irruzione nella sua vita. Maria non aveva capito tutto. Ha ascoltato e si è affidata. “Avvenga di me secondo la tua Parola”. E’ questa la felicità di Maria, quella che Elisabetta le riconosce, dicendole: “Beata colei che ha creduto all’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Maria ha cambiato la sua vita accettando di amare una vita che le veniva affidata e un futuro che sembrava impossibile. “Magnificat anima mea Dominum”. Dio vuole che tutti gli uomini possano cantare con la loro vita il Magnificat! Il nostro è un Dio di gioia e di gioia piena, per tutti, non per pochi; non fortuna di qualche privilegiato o eredità di una casta. Qualche volta, per paura, per abitudine, per disillusione pratica crediamo poco alla gioia o la cerchiamo dove non c’è o, rassegnati, pensiamo sia solo qualche contingente indipendente dalle nostre scelte. Il mondo propone continuamente tante felicità per lo più a poco prezzo, sfacciatamente, a volte incredibili, davvero illusorie, come le droghe, come lo sballo, il benessere a tutti i costi, il possedere per stare bene. Altre volte ci affanniamo per delle gioie in realtà esigentissime, come il successo, l’affermazione di sé che chiedono sacrifici terribili, che deformano, queste sì, il proprio io! Il mondo ci accarezza con l’enfasi delle passioni ma ci nasconde i veri sentimenti, svuotandoli di significato e di regole, come succede all’amore che alla fine perde significato perché parola usata per coprire realtà diverse. (Come si fa a capire l’amore vero? E’ amore se è per gli altri, se affronta il male e non lo evita e se è più forte delle avversità, se è gratuito, se trasmette vita e non è sterile, se unisce e non divide!). Il mondo ci spinge compulsivamente a cercare la gioia nel presente ma nasconde il futuro. Ci persuade che stiamo bene assecondando il nostro io anche a costo di rovinare i rapporti con le persone più care. Così finiamo per scegliere la parte e non il tutto, il tempo e non lo spazio, il litigio piuttosto che la faticosa unità, le idee sono più importanti della realtà, tanto che ci accontentiamo di una vita virtuale, delle nostre intenzioni o finiamo per scambiare la realtà con le nostre interpretazioni. Dio vuole una gioia che duri nel tempo e che ci unisca. Chi è beato comunica beatitudine e diventa, come Maria, segno di speranza. Le avversità della vita, inevitabili, a volte dure, sono sfide per crescere e motivo di sperimentare la gioia dell’amore più forte, non causa per diventare “pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura”. A Maria una spada ha trafitto l’anima! Non ha smesso, però, di cantare la lode del Signore che è diventato l’Alleluia pieno della resurrezione. Non è beata, quindi, perché ha allattato Gesù, condizione irripetibile che avrebbe riguardato solo lei e solo un periodo lontano, ma perché ha ascoltato la Parola di Dio e la ha messa in pratica, le ha dato la carne. Beati siamo noi se mettiamo al centro il Vangelo, se lo prendiamo sul serio, se ci affidiamo alla sua speranza e non lo rendiamo un auspicio lontano o una rassicurazione per il personale benessere. Maria ci aiuta a capire che il problema non è vivere come viene finendo per vivere per noi stessi; che non dobbiamo interrogarci continuamente su quello che abbandoniamo ma a chi e come donerò.
Maria è donna della speranza. La nostra generazione ha così poca speranza, si arrende, cerca sempre garanzie, avverte tanta fragilità per cui tutto diventa difficile. Maria non è mediocre, non si accontenta di poco, anzi. L’umile compie cose grandi. Grande è colei che serve! Se lo capissimo per davvero quanta gioia avremmo e quante cose grandi potremmo compiere nella nostra vita! Grandi cose ha fatto il Signore nella vita debole di Maria. Ha ricolmato di beni gli affamati. Ha dato, attraverso di noi, da mangiare ad una folla! Ha moltiplicato i nostri cinque pani e due pesci! Dice Gesù: “(Gv 14,12) Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste”.  Solo la speranza può dare la forza di risollevarsi, di liberarsi dalle dipendenze e dalle schiavitù umilianti, di sognare e costruire un mondo nuovo. La speranza non significa che l’uomo non conosca sconfitte, ma sa che queste non sono il punto conclusivo e che al di là di queste, anche della più grande di queste che è la morte, l’amore vince. Per questo Maria assunta in cielo è segno di speranza.
Charles Péguy immagina che la fede e la carità tengono per mano la sorella più piccola, la speranza. Non sono le sorelle grandi ad accompagnare la piccola, ma la piccola che trascina in avanti le sorelle grandi. Se si ferma lei (la speranza) si fermano le altre due; se essa viene meno, vengono meno le altre due. Ecco perché non possiamo permettere a nessuno di rubarci la speranza. Non si vive senza speranza. Maria ci aiuta a vedere il nostro futuro ultimo, il cielo e quello prossimo. Anche noi siamo “assunti” da colui che fa sua la nostra debolezza. Non dimentichiamo che la vita di Maria, della Chiesa tutta, così come d’ogni credente, è una lotta contro il drago, enorme, con sette teste e dieci corna, capace di trascinare le stelle del cielo, cioè di sconvolgere l’ordine della vita, ma non di vincerla. Il mistero del male inquieta, a volte angoscia, soprattutto una generazione piena d’illusioni, pigra e quindi vulnerabile, vitalista. Maria è la prima che sperimenta la volontà di Gesù che non perde nulla, neanche i capelli del nostro capo e dona la sua stessa dignità, primizia dei vivi, dono di vita piena. Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli.  
Scriveva Papa Giovanni XXIII: “Il corpo della Vergine che la Trinità preserva dalla corruzione rinnova la speranza in un avvenire più felice. Insegna che la vita terrena non é fine a se stessa: essa si concluderà in cielo. Passa la giovinezza, cadono i sogni e progetti; avanza la sera accompagnata da delusioni e nostalgie; ma il cristiano non si abbandona alla disperazione. L’umile soggezione a Dio é il segreto della felicità vera e della pace. La solennità dell’Assunta ravviva la speranza che converte in gaudio le amarezze e le angustie del vivere”.
“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore”.

15/08/2017
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