Candidature dei diaconi permanenti

I discepoli stavano sul mare di Tiberiade a pescare. Riprendono la vita di sempre. Le abitudini sono spesso più forti della nostra volontà e della speranza, che diventa lontana, ininfluente! Gesù si fa vicino proprio nella vita feriale, potremmo dire quando meno ce lo aspettiamo. I discepoli non stavano pregando, ma lavorando! Giovanni commenta che quella notte non avevano preso nulla. Sono delusi. Come spesso noi! Quanti limiti e difficoltà sperimentiamo! Possiamo ingannarci, drogarci per dimenticare o per sentirci pieni di capacità e di futuro; possiamo cercare sempre nuove esperienze per non pensare, ma i sogni svaniscono e resta la delusione. Gesù manifesta il suo amore quando sembra tutto finito, come dopo una notte nella quale non abbiamo preso nulla! Vuole dare la luce quando siamo nel buio! Vuole che la resurrezione accenda di speranza la nostra vita!
Ci accorgiamo del Signore risorto, della sua presenza e forza, se lo ascoltiamo quando parla a noi, quando ci chiede qualcosa che sembra impossibile e mettiamo in pratica la sua Parola, anche senza capirla, anzi contro la nostra stessa esperienza. Noi non getteremmo di sicuro di nuovo le reti al termine di una notte di lavoro! Se invece ascoltassimo sul serio la sua parola e la mettessimo in pratica andando oltre quello che ci sembra un limite oggettivo, vedremmo tanti frutti di amore. Chi si fida, chi mette davvero in pratica il Vangelo, compie cose grandi! Gesù non vuole una vita sterile, senza frutto e gioia. Vuole che la giornata della nostra vita sia sazia, piena di frutti. “Vediamo” la resurrezione quando facciamo qualcosa per gli altri, quando gettiamo le reti nel mondo per strappare qualcuno dalla solitudine, anche contro le delusioni o il senso di inutilità! Nel sorriso di chi era solo ed è stato amato, raggiunto da queste rete di amicizia, vediamo quello che resta, che non finisce, che ci supera, che rende piena la loro e la nostra vita. Se gettiamo le reti per amore suo, andando oltre le nostre paure ed i limiti che ci sembrano oggettivi, vedremo i frutti della resurrezione. “E’ il Signore”, disse il discepolo che Gesù amava a Pietro. L’amore riconosce prima la presenza di Gesù, capisce che l’abbondanza è un dono di Lui, non delle nostre capacità!
Gesù rivolge una domanda a Simon Pietro. Ed a noi. Cosa cerca Gesù risorto da Lui? Un chiarimento? Obbedienza, una prova convincente, un impegno? No. Gesù chiede: “Mi ami “. Cerca l’amore in noi perché ha bisogno di questo e perché è l’amore che non finisce. Gesù ha fiducia in Pietro nonostante il suo peccato. Non lo guarda con diffidenza, in maniera negativa, condizionato dal passato. Non è alla ricerca di quello che non va, attento ai problemi ed in fondo pessimista, senza credere in lui. Non lo interroga indagando, verificando, sospettosamente! Gesù non ignora la durezza di Pietro e per questo lo chiede tre volte. Tre tradimenti, tre professioni di amore. Ci mette di fronte a noi stessi, così come siamo fatti e ci cambia amandoci. Il contrario del peccato, del tradimento, è solo l’amore. Chiedendo tre volte “mi ami, mi vuoi bene?” sembra dirgli: “Tu non sei il tradimento, ma l’amore che hai!”. E’ insistente perché vuole che Pietro sia davvero consapevole che può amarlo, che questa è la sua forza e che è questo di cui ha bisogno. Gesù valorizza quello che Pietro ha nel cuore, ma non può imporlo. Deve ascoltarlo da lui: “Tu lo sai che ti voglio bene”. Lo chiede tre volte perché Pietro non si inganni con un amore istintivo, superficiale, come quello che pensava di avere quando gli aveva detto con sicurezza che avrebbe dato la sua vita per lui! L’amore che Gesù vuole non è un surrogato, apparenza, la prima cosa che viene, un’emozione che poi si esaurisce! No. Gesù crede sul serio all’amore e sa che dobbiamo andare in profondità di noi stessi per superare ogni limite, per “lavorare” sul nostro istinto e perché l’amore diventi vero. Lo chiede per tre volte perché l’amore ha bisogno di insistenza, di fedeltà: è sempre lo stesso eppure cambia, cresce, si trasforma con noi. Lo chiede tre volte perché la memoria del tradimento sia cambiata in un ricordo di amore, in una capacità di ascoltare e manifestare amore. “Mi ami tu?” significa anche che devi imparare a spiegare il tuo amore, che non te ne devi vergognare, che devi trovare le parole ed i gesti perché non resti dentro di te. “Mi ami tu”, significa anche che sei importante per me, che ho bisogno del tuo amore, che non è indifferente quello che tu hai nel cuore.
Pasci le mie pecore. Aiutatemi. Non siamo mai soli. Nella realtà  aiutiamo Llui, perché Lui è il pastore! “Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua; il mio guadagno, non il tuo. Non essere amante di se stesso! Non so in quale inesplicabile modo avvenga che chi ama se stesso e non Dio non ama se stesso mentre chi ama Dio e non se stesso questi ama se stesso. Dio ha fatto sue pecore tutti coloro per i quali accettò di soffrire e al fine di soffrire per tutti si è fatto egli stesso pecora”. (Sant’Agostino)
Perché gli chiede se lo ama “più di costoro?”. Gesù libera dai confronti, quelli che invece appassionano tanto gli uomini e anche i discepoli. Il più grande è colui che serve e noi dobbiamo essere i più grandi nel servizio! E dobbiamo gareggiare nello stimarci a vicenda. Perché non dobbiamo guardare se gli altri lo fanno o no, trarre giustificazione dal loro poco amore, ma dobbiamo sempre amare di più, per primi, senza contropartita, senza misure e confronti! Ogni volta che Pietro rispondeva, Gesù chiede: “pascola le mie pecore”. Amore diventa responsabilità verso gli altri. Non si esaurisce mai in noi! Il suo è tanto diverso dall’amore che consumiamo per il nostro benessere! L’amore di Gesù è nostro ma diventa preoccupazione per il prossimo, soprattutto per i fratelli e per chi è più debole.
“Seguimi!”. Il cristiano è uno che è sempre in cammino. Non possiamo stare fermi! Camminiamo per stare con lui e non per correre dietro ai nostri pensieri. Se non camminiamo dietro a lui ci fermiamo facilmente nella considerazione, nei ruoli, nelle chiacchiere! Per realizzare noi stessi dobbiamo seguirlo! Troviamo noi stessi insieme a Lui. Dove va Gesù? Dove ci porta? Incontro agli altri, a cercarci “guai” come il samaritano, a servire! Ecco questo è il senso della nostra vita. Seguire lui per trovare noi stessi e il prossimo. Camminare perché siamo dei viandanti. Come San Lorenzo, diacono e martire. Seguitelo nel servizio. Seguite Lui e non il ruolo. Seguite la sua misura e non la vostra. E’ la prima e ultima parola di Gesù, così piena di attenzione e così personale. Seguimi, perché nelle difficoltà non vinca in te la paura, la delusione, il senso della fine. Anche nell’ultimo giorno, quando tenderemo le nostre mani senza sapere chi le stringerà, saltando nel buio della morte, affidandoci del tutto, senza protezioni, per sola fiducia a Lui, ci dirà: seguimi. Ci porterà dove la nostra paura non pensa sia possibile, noi che per paura resteremmo attaccati alla sicurezza del nostro piccolo. Ma non si può vivere senza abbandonarci all’amore! Lui afferrerà le mani che tenderemo, per portarci con sé nel suo Regno di amore pieno, quello della vita che non finisce. E’ morto ed è risorto per questo, perché ascoltiamo oggi e domani il suo dolce invito: “Seguimi!”. Sia così. E’ così!

10/04/2016
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