celebrazione della passione del signore

Bologna, Cattedrale

Scende la sera sul giorno del più grande dolore e del più grande amore. A dramma concluso – dopo che si sono spente le voci dell’odio; dopo che si è consumato lo spettacolo della viltà umana (la viltà di Pilato, di Pietro, degli apostoli in fuga); dopo che la madre di Gesù, divenuta la madre di tutti, ha riavuto in grembo quel suo figlio misterioso e affascinante, ormai esangue e preda della morte; dopo che la pietra è stata rotolata sul “sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto” (Gv 19,41) – sulla piccola altura del Golgota resta nuda e sola la croce. Resta quasi a dire che appunto la croce è l’approdo, il risultato, l’acquisizione permanente di quel tremendo travaglio.
Noi stasera la contempliamo e l’adoriamo: in essa riconosciamo il simbolo della nostra salvezza, la sigla di ogni nostro autentico bene, l’indicazione della via sicura per arrivare alla Pasqua.

Che cosa ci dice la croce?
La croce ci dice che è finita ogni inimicizia con Dio, dal momento che il Figlio suo unigenito si è immolato per le nostre colpe ed è spirato chiedendo perdono per noi.
Spesso gli uomini sono più ignoranti che cattivi, sono più deboli che malvagi. Ed egli ha chiesto perdono per il male “spensierato”, che quasi non ha coscienza di sè.

Ma più spesso gli uomini scelgono a ragion veduta la strada della prevaricazione, dell’egoismo, della ribellione alla legge divina e alla volontà del Padre. Anche per la realtà assurda e tragica del male consapevole e intenzionale Gesù ha sacrificato la sua vita.

Nessuna nostra iniquità è più grande del perdono di Cristo. Perfino al condannato che muore carico di delitti, crocifisso colpevole accanto al Crocifisso innocente, è stato detto: “oggi sarai con me in Paradiso” (Lc 23,43).

Dalla croce questa prospettiva di salvezza è offerta a tutti noi. Ciascuno di noi stasera porti dunque sotto la croce il suo peccato e il suo pentimento, e il suo cuore sperimenterà una grande pace.

La croce è il tesoro che racchiude ogni nostro bene. Con la croce siamo stati segnati nel battesimo, siamo divenuti proprietà di Cristo e così siamo stati messi al sicuro dalle insidie del demonio. Gli atti sacramentali che ci hanno fatto crescere nella grazia; le preghiere di implorazione, di ringraziamento, di domanda che si elevano dal singolo e dalla comunità cristiana; ogni benedizione che è scesa su di noi per incoraggiarci nel bene: tutto nella vita cristiana è come autenticato da questo marchio quasi a ricordarci che ogni luce, ogni forza spirituale, ogni ragione di speranza viene di qui, da questo patibolo degli schiavi che è divenuto la sorgente della rinnovazione del mondo.

“La via della croce ” è stata scelta dal Padre come percorso del suo Figlio fatto uomo verso il trionfo della risurrezione e del Regno.

Perciò “la via della croce”, secondo lo stesso sapiente e misterioso disegno, è l’itinerario che è stato tracciato anche a noi, che vogliamo essere discepoli di Gesù, per arrivare alla gioia e alla vita eterna.

Viene per tutti, presto o tardi, l’ora della tribolazione e dell’angoscia: Quella, a preferenza delle altre è l’ora in cui bisogna saper guardare alla croce. E’ l’ora in cui bisogna dire: se su di te ha sofferto l’incolpevole Figlio di Dio, è giusto che mi adatti a soffrire anch’io che non sono senza debiti con la divina giustizia.

Ciascuno di noi deve far sua oggi la parola di san Paolo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14).

La croce è, come si vede, il marchio distintivo della nostra identità di cristiani, la nostra tessera di riconoscimento, l’emblema di cui con fierezza si fregia la “stirpe eletta, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato” (cf 1 Pt 2,9): cioè noi che, al cospetto dell’umanità intera, siamo il popolo regale e sacerdotale; quel popolo che è chiamato a intercedere per tutte le genti offre l’unico vero sacrificio a vantaggio della famiglia umana, a tutti gli uomini annunzia instancabilmente le grandi opere di Dio e il suo progetto di universale misericordia.

Il pensiero di tanti che, anche fra noi, non conoscono ancora il mistero e la grazia di questo segno – non conoscono cioè il grande e unico avvenimento di salvezza che è il cuore della storia del mondo – ci preoccupa, ci rattrista e al tempo stesso ci sprona a farci in maniera più convinta ed efficace evangelizzatori della croce di Cristo.

Anche a nome loro – in attesa del giorno in cui potremo tutti unirci insieme – cantiamo questa sera con voce commossa e vibrante di fede il nostro saluto adorante: “Ecco il legno della croce, al quale fu appeso Cristo, Salvatore del mondo”.

10/04/1998
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