centenario della presenza a Bologna della comunità salesiana.

Bologna, Cattedrale

In questo 1999 si compie il centenario della presenza dei Salesiani nella diocesi bolognese. E perciò la festa liturgica di san Giovanni Bosco diventa oggi per noi singolarmente significante e specialmente cara al nostro cuore.

Noi, celebrando questa Eucaristia, vogliamo ringraziare il Padre, come sempre, di tutta la salvezza e di tutto il bene che abbiamo ricevuto e riceviamo; ma in particolare ringraziamo per questo secolo di presenza vivace e gratificante per il nostro popolo.

In questa circostanza, mi piace ricordare il cardinale Domenico Svampa, mio grande predecessore, che nella sua lungimirante strategia apostolica ha voluto dotare la nostra Chiesa di questa efficace collaborazione pastorale.

Il cardinale Svampa era da sempre amico ed estimatore dell’opera salesiana. Fin dal 1 aprile 1880, quando era ancora presbitero della diocesi di Fermo, aveva addirittura ricevuto da don Bosco l’attestato di cooperatore. E, da arcivescovo di Bologna, aveva fortemente voluto che si tenesse qui, nell’aprile del 1895, il primo Congresso Internazionale dei cooperatori, pronunciandovi il discorso inaugurale.

La chiamata dei salesiani e l’inaugurazione del loro Istituto alla fine di maggio del 1899 sono stati dunque il coronamento di una lunga simpatia.

Scrivendo al fratello, in quello stesso 1899, il Cardinale si dichiarava “lietissimo per la magnifica riuscita che fanno i figli di don Bosco nella città di Bologna”.

A cento anni di distanza sono anch’io lietissimo di poter confermare e ripetere questo lusinghiero giudizio, di rendere grazie a Dio, di invitare tutti i bolognesi a far tesoro degli insegnamenti e dell’esempio del grande “Santo della gioventù”.

Ogni vero santo è un dono di Dio; è un esaudimento delle aspirazioni più profonde degli uomini; è una risposta alle interpellanze della storia.

Così ci appare S. Giovanni Bosco.

All’inizio della rivoluzione industriale del Nord Italia, mentre si profilano i fenomeni inquietanti e per larga parte irreversibili dell’inurbamento e del crollo delle secolari strutture sociali, la sua figura rifulge come un aiuto provvidenziale alla soluzione dei nuovi problemi e al miglioramento delle nuove condizioni.

Credo si possa giustamente dire che tutta la sua vita è stata dominata dall’ansia di immettere lo spirito eterno e sempre giovane del Vangelo nella nuova società che si va delineando.

Quest’ansia spiega la sua attività prodigiosa, le sue giornate infaticabili, il culto del lavoro apostolico che non deve conoscere sosta.

Quest’ansia gli consente di non restare impigliato nelle vecchie strutture ecclesiastiche e di crearne anzi delle nuove, con la semplicità e l’umiltà di chi è autenticamente animato dallo Spirito santo e, senza andare forzatamente in cerca di novità, le crea spontaneamente e quasi senza volerlo.

Egli non tenta mai di adattare il Vangelo ai gusti della mentalità prevalente. Al contrario, proprio nella completezza e nella originalità del messaggio cristiano egli è persuaso di trovare il rimedio più valido e decisivo ai mali dell’uomo di oggi.

1. È, ad esempio, significativo il suo modo di porsi di fronte alla realtà del lavoro. Non rischia mai di trasformarsi in agitatore sociale o sindacalista; fa vibrare piuttosto il suo cuore di apostolo, che guarda sempre al vero bene dell’uomo, e, se si preoccupa delle difficili questioni di ogni giorno, non dimentica mai l’importanza primaria del destino eterno.

E così si è reso conto, prima e più di ogni altro, dell’ambigua valenza del lavoro: occasione spesso di abbrutimento e di perversione, poteva e doveva diventare mezzo privilegiato di elevazione e di riscatto. Questa è senza dubbio un’idea moderna e cristiana: chi sa vivere del suo lavoro, possiede una fondamentale dignità più grande di quella dei titoli nobiliari e degli onori mondani.

E noi vediamo don Bosco prima impegnarsi nell’azione di difesa, di aiuto, di assistenza dei giovani apprendisti, che spesso erano tiranneggiati e sfruttati; e poi dar vita lui stesso a vere e proprie scuole di lavoro, dove si potesse apprendere un’arte senza umiliazioni. Così, quasi per prodigio nascono e si sviluppano nell’oratorio salesiano il laboratorio di calzoleria, di sartoria, di legatoria, per i quali, un po’ per ridere e un po’ sul serio, il santo stesso si improvvisò maestro. Poi nacquero quelli più impegnativi: la falegnameria, la tipografia, l’officina dei fabbri.

Tutto ciò sempre nella persuasione, che è insegnamento validissimo anche oggi, che nel lavoro si educa davvero l’uomo e si forma autenticamente il cristiano.

2. Un secondo aspetto possiamo rilevare nell’opera di don Bosco: la sua attenzione appassionata all’uomo e ai suoi problemi non ha mai attenuato in lui il senso di Dio, del suo primato, della sua volontà da accogliere e da adorare. Al contrario, proprio nella riscoperta e nella rinascita di un fortissimo sentimento religioso sta secondo lui il segreto della salvezza dei valori umani.

Per questo egli non si stancherà di raccomandare la preghiera, la meditazione, la frequenza delle giaculatorie.

Egli ha la persuasione esistenziale che Dio deve essere amato nei fratelli, nei bisognosi, nei sofferenti; ma non è mai sfiorato dall’idea che il lavoro e l’interessamento per gli altri possano supplire e sostituire i momenti del colloquio personale ed esplicito con Dio.

Nella sua spiritualità l’impegno per gli altri non è mai l’alternativa e quasi il surrogato della preghiera: anzi, la preghiera è l’ispiratrice e l’anima di ogni impegno.

3. Un terzo insegnamento possiamo raccogliere da questo santo dei nostri tempi: poiché egli non dimentica che il Vangelo è primariamente annuncio di liberazione dalla colpa, egli possiede vivissimo il senso del peccato e della sua natura di offesa personale verso il Dio che crea e ama.

Don Bosco ha sempre capito la congenita debolezza dell’uomo ed è sempre stato comprensivo e largo di cuore con chi aveva sbagliato. Ma non ha avuto mai la falsa misericordia di dichiarare lecito o irrilevante ciò che è obiettivamente grave e peccaminoso, o di ritenere che la colpa sia sempre e soltanto delle strutture e della società e mai della persona.

Sulla parola di Gesù, egli sa che i mali del mondo nascono prima di tutto dal cuore dell’uomo e le nostre disgrazie più grandi e più vere provengono da noi stessi: salvare l’uomo dai suoi stessi errori, è il grande impegno della sua vita. Proprio da questa intuizione di fede è ispirato e giustificato il suo famoso “metodo preventivo” ed è sorretta tutta la sua straordinaria azione educatrice.

Don Bosco è stato dunque un grande dono fatto alla Chiesa e a tutti gli uomini, per il quale noi siamo qui oggi a rallegrarci, a ringraziare, a riflettere.

Ci sia concesso di capirlo nei suoi insegnamenti di vita e di imitarlo per quel che ci riesce.

S. Giovanni Bosco ci ottenga di dedicare la nostra vita a Dio e ai fratelli, con la sollecitudine di chi sa che c’è tanto bene da fare in questo mondo e con la gioia serena di chi non dimentica che in definitiva tutto si svolge secondo un progetto d’amore pensato e voluto da un Dio che ci è padre.

30/01/1999
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