solennità dell’Epifania

Bologna, Cattedrale

In questa festa dell’Epifania, dalla lettura evangelica è proposto alla nostra attenzione l’episodio pittoresco dei Magi come invito e aiuto a meditare: a meditare sulla stella che appare e scompare, sul mistero di Dio che si nasconde al nostro sguardo e poi si rivela, sull’uomo che con tutto l’essere istintivamente anela al suo Creatore ma troppo spesso non si decide a cercarlo.

Dei Magi non sappiamo con certezza il nome, non conosciamo il numero, non ci è noto il paese di origine.

Sappiamo soltanto dove vanno: vanno in cerca del Re dell’universo. Sono un drappello di uomini – dotti, ricchi e stranieri – che, assetati d’infinito, viaggiano di giorno e di notte; e, dopo aver superato difficoltà tormentose e insidie mortali, trovano finalmente Colui che tanto avevano desiderato vedere.

La loro vicenda è dunque la storia di una ricerca: la ricerca di una sapienza più alta della nostra scienza, la sola che può dare senso alla vita e alla morte; la ricerca di un bene che può saziare quella fame di felicità che nell’uomo è più grande dell’uomo stesso e del mondo intero; la ricerca di un Dio che si è fatto vicino e accessibile.

Al loro comparire i Magi meravigliano, fino all’irritazione, l’umanità che attraversano. Camminano tra uomini che neppure si sognano di avere qualcuno da cercare, sicché presumibilmente essi sono visti come strani personaggi, mossi da un vento di follia. Ed erano invece i più ragionevoli.

Passassero oggi per le nostre strade, la loro insolita tensione spirituale spiccherebbe con evidenza ancora maggiore tra gli atteggiamenti di indifferenza o di rifiuto dei più.

Ai nostri giorni ci sono quelli che trascurano di guardare in alto verso l’Infinito e l’Eterno, perché dicono di non sentirne il bisogno. Vivono impegolati nelle realtà della terra e non coltivano nessuna aspirazione che oltrepassi gli orizzonti visibili.

C’è da dire che spesso la loro imperturbabile tranquillità è più ostentata che autentica: nei momenti di sincerità anch’essi capiscono che nessun appagamento sperimentato ha mai potuto donare tutta la gioia che avevano sperato. Presto o tardi il senso di insoddisfazione e di vuoto viene a pungere anche il loro cuore.

Che se ci fosse qualcuno che, spenta in sè ogni inquietudine di coscienza, fosse davvero compiaciuto delle sue contentezze senza fremiti e senza luce, allora a lui converrebbe il detto tremendo di Cristo: “Guai a voi che siete sazi!”(cf Lc 6,25). Guai a chi si è autoconvinto di avere già tutto. Guai a chi ha soffocato in sè, stordendosi, la connaturata nostalgia di una gioia più vera e più duratura.

Ai nostri giorni ci sono anche altri, e non sono pochi, che respingono positivamente come inutile e perfino assurda la ricerca di Dio. In un mondo – essi dicono – dove il razionalismo senza riferimenti superiori, le conquiste della tecnica, l’organizzazione sociale si ritengono capaci di illuminare ogni problema e di esaudire ogni richiesta, non c’è più posto per Dio.

Ebbene, l’augurio, che in questa solennità dell’Epifania si può formulare per loro, è che imparino a disincantarsi della loro illusione di autonomia assoluta e riscoprano l’intelligenza di cercare Colui di cui sono e restano l’immagine viva; senza del quale nessuno può crescere nella verità, nella libertà e nella pace.
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I Magi che, arrivati a Betlemme, hanno visto il Bambino con Maria, sua madre e prostratisi lo hanno adorato, sono l’immagine e l’anticipazione di tutti i veri indagatori di Dio, dai quali egli si lascia sempre trovare.

Trovano Dio coloro che, come i Magi, hanno il coraggio di uscire da una vita convenzionale e pigra, pur di obbedire alla voce di una coscienza interiore illuminata e retta.

Trovano Dio coloro che, come i Magi, sanno guardare anche in cielo e sono docili alle illuminazioni e alle grazie divine, che sono date infallibilmente a chi implora con animo umile e sincero.

Trovano Dio coloro che, come i Magi, per amore della verità non temono di sfidare l’arida e presuntuosa mentalità dominante, e non si lasciano intimidire dalle irrisioni e dalle sopraffazioni culturali di chi vuole tutti omologare sui suoi angusti pensieri.

Trovano Dio perfino molti che non hanno neppure piena consapevolezza di averlo efficacemente cercato. Talvolta sotto affermazioni epidermiche di incredulità palpita già un cuore aperto alla fede. Ci sono persone che, straniere come i Magi agli esterni ordinamenti del “popolo della promessa”, non sono perciò sociologicamente annoverabili tra i suoi membri. Eppure sostanzialmente vi appartengono. Anzi, può capitare che la loro appartenenza sia più reale di quella di altri che – non senza superficialità e incoerenza – si sono persuasi di essere inamovibilmente collocati tra i giusti.

Questi cristiani nascosti a tutti, anche a se stessi, trovano Dio nella loro limpida e inflessibile decisione di arrendersi alla verità, dovunque essa appaia; nel saldo proposito di non sottrarsi mai al proprio dovere, qualunque ne sia il costo; nel generoso atteggiamento di giustizia, di fraternità, di misericordia nei confronti di tutti.

Forse proprio a questi Suoi discepoli anonimi e inconsapevoli il Signore Gesù affettuosamente pensava, quando ha detto: “Molti verranno dall’oriente e dall’occidente, e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli” (cf Mt 8,11).

In sintesi, l’insegnamento impartitoci dallo straordinario episodio dei Magi sembra essere questo: non bisogna impigrirsi o distrarsi, bisogna cercare; bisogna cercare Dio per trovarlo; e non bisogna finire mai di cercarlo. La vita ci è data per cercare Dio: chi non lo cerca non vive.

06/01/1999
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