«Cominciarono a parlare» (At 2,4)

CARDINALE MATTEO MARIA ZUPPI, Arcivescovo di Bologna
Nota Pastorale 2024/25

«Cominciarono a parlare» (At 2,4)

Linee per il programma pastorale nell’anno 2024-2025
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PRESENTAZIONE

La Nota traccia le linee per il piano pastorale 2024-2025 della nostra Chiesa diocesana. Dopo una prima parte – dal titolo: “Con la forza dello Spirito” – in cui l’Arcivescovo manifesta le sue più profonde convinzioni e indica gli atteggiamenti che devono caratterizzare la presenza del cristiano nella storia, la seconda parte presenta la scelta della Chiesa di Bologna, ossia la formazione alla vita e alla fede. È da sottolineare che si tratta di una sola scelta, ovviamente articolata in molteplici direzioni, frutto maturo del cammino sinodale finora compiuto.

«Cominciarono a parlare» è il compimento di questo itinerario, non scontato, che porta tutti a “uscire” non per vagare qua e là, ma per testimoniare la novità che ci ha trasformati, per dare una speranza che solo la Pasqua ci dona. I primi destinatari sono gli adulti, individuati nei genitori dei fanciulli del catechismo, nei laici che si mettono a servizio del bene comune nell’impegno sociale e politico, negli adulti che chiedono di completare l’Iniziazione Cristiana con il sacramento della Cresima. Su questa seconda parte della Nota, elaborata con il contributo del Vicario per la formazione cristiana, dell’Ufficio catechistico e di quello della Pastorale del lavoro, dovremo soffermarci per acquisire contenuti e metodi.

Di non minore importanza nella Nota è l’attenzione al contesto storico, di cui si mettono in evidenza quattro elementi: il Giubileo della speranza del 2025, le molte iniziative diocesane per l’ottantesimo del martirio del beato Giovanni Fornasini e delle stragi di Monte Sole, i pellegrinaggi di comunione e pace in Terra Santa quale strategia evangelica di riconciliazione, l’annuncio della risurrezione e la concezione cristiana della morte e del lutto, a seguito delle nuove normative regionali sulle case del commiato, i cimiteri e i cinerari.

Il calendario diocesano, in appendice, invita a metterci tutti allo stesso passo, per camminare insieme, guidati dallo Spirito.

I – CON LA FORZA DELLO SPIRITO

  1. Pentecoste

L’icona biblica che accompagnerà il cammino della nostra Chiesa di Bologna, in comunione con tutta la Chiesa in Italia, è quella della Pentecoste. Essa riassume e conclude il cammino sinodale di questi tre anni, ma in realtà è l’inizio di quell’esperienza sempre antica e sempre nuova della Chiesa nel mondo. Perché Pentecoste? Perché non si può vivere la Chiesa, comprenderla, amarla, ma anche cambiare i nostri cuori e il mondo senza lo Spirito, cioè senza l’esperienza personale e comunitaria dell’amore di Dio, forza di vita, di ispirazione, di creatività, capace di rendere nuovo ciò che è vecchio.

  1. Serve la sinodalità?

Alcuni si chiedono: “Perché parlare di sinodalità e cercarne forme concrete quando abbiamo tanti problemi da risolvere?”. In realtà è proprio per cercare le risposte attese (spesso da tempo!) e necessarie per vivere e comunicare la gioia del Vangelo. È vero: dobbiamo prendere decisioni strutturali insieme a tutto il popolo di Dio perché possa camminare insieme e andare incontro alle folle “stanche e affaticate” (cf. Mt 9,36). Non si parla del Vangelo a distanza; richiede la “prossimità”, cioè l’incontro, la vicinanza. Non vogliamo, allora, evitare le difficoltà, conseguenze di cambiamenti epocali che stiamo vivendo e che creano tanta sofferenza al mondo.

  1. Comunione

La comunione unisce il primato, cioè il servizio indispensabile del Vescovo di Roma, successore di Pietro, che presiede nella comunione alla collegialità dei vescovi e dei pastori ed alla sinodalità, cioè i modi per non camminare in ordine sparso, per non lasciare nessuno indietro, perché non avvenga che ciascuno pensi a sé, per essere vicini a tutti. La Chiesa è cattolica, locale e universale e ogni comunità non è mai solo locale, perché ha sempre una dimensione che la unisce al resto del corpo. Sinodalità è camminare, pensarsi insieme, in relazione gli uni con gli altri ed è frutto della comunione che unisce tutto il popolo che vive pienamente i doni del battesimo.

 

  1. La Chiesa non vive per se stessa

Cosa succede se viviamo la Chiesa o la pensiamo senza lo Spirito, se restiamo difensori delle nostre abitudini e non docili all’amore che Dio ci dona e ci chiede? Finiamo per rendere la Chiesa quella che non è, perché essa non vive per se stessa, ma per Dio e per la grande messe dove è inviata. Certo, la Chiesa resta sempre una realtà umana, concreta, il cui valore è dato dal tesoro prezioso che contiene. La Chiesa è la famiglia di Dio, che vive nel mondo, che annuncia il Vangelo che Gesù le ha affidato, che trasmette i segni efficaci della sua grazia nei sacramenti. Per questo la Chiesa è molto più della democrazia, le attività di carità molto più di filantropia o volontariato.

  1. La preghiera e la famiglia di Dio

A Pentecoste gli apostoli erano riuniti in preghiera, insieme a Maria. Nella preghiera il cuore si accorda tra di noi, perché si accorda con Dio. Così, come scrivono i Padri della Chiesa, i fratelli diventano una cosa sola avvicinandosi al centro. La Chiesa ascolta e obbedisce a Dio e chi obbedisce a Dio ama gli uomini! È questa la nostra libertà, anche da noi stessi, dai nostri limiti e contraddizioni. Per questo non dobbiamo farci chiamare maestri, perché uno solo è il maestro.

Nella preghiera i sentimenti, le invocazioni, le lacrime come le gioie di ciascuno diventano di tutti e viceversa. Pregare ci aiuta a intercedere per chi soffre, a fare nostra la sofferenza di chi è colpito, a non rassegnarci quindi, finendo per accettare passivamente le sofferenze del nostro prossimo.  Ascoltare Gesù, parlare con Lui e tra di noi ci rende comunità, meglio famiglia, perché Gesù ha parlato di sua famiglia e di suoi familiari. Uno dei frutti della sinodalità è costruire e vivere tanta e tante comunità, dove imparare ad amarci concretamente come Gesù ci insegna.

  1. La Lectio divina

La comunità trova se stessa mettendo al centro la Parola. Aiutiamoci ad ascoltarla e metterla in pratica. La Lectio divina, scrive Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, “consiste nella lettura della Parola di Dio all’interno di un momento di preghiera per permetterle di illuminarci e rinnovarci”, per cercare di scoprire che cosa dice quello stesso messaggio alla nostra vita. (EG 153)

La Parola di Dio stessa ci insegna a capire cosa il Signore chiede oggi a ciascuno di noi e alla nostra comunità. Insieme ai fratelli e alle sorelle, con semplicità, ma anche con tanto coinvolgimento personale e apertura di cuore, “è bene domandare, per esempio: «Signore, che cosa dice a me questo testo? Che cosa vuoi cambiare della mia vita con questo messaggio? Che cosa mi dà fastidio in questo testo? Perché questo non mi interessa?», oppure: «Che cosa mi piace, che cosa mi stimola in questa Parola? Che cosa mi attrae? Perché mi attrae?».

Tutte le domeniche al termine del breve commento presentato nell’Angelus Papa Francesco ci porge domande molto personali ed esigenti, che possono rappresentare quelle che nella preghiera e nella Lectio ci rendono capaci di trasformarci e di essere davvero suoi familiari.

  1. Linguaggio positivo

In un tempo di tanta malevolenza, di ossessione verso il male e di ottimismo vuoto e irresponsabile mi sembra così importante la breve raccomandazione al riguardo: usiamo sempre un linguaggio positivo. (EG 159), perché “non dice tanto quello che non si deve fare, ma piuttosto propone quello che possiamo fare meglio. In ogni caso, se indica qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso”. Qualche volta dobbiamo insistere sul dovere, ma certamente coinvolge e fa comprendere di più il “potere” fare, la libertà di scegliere, capire i motivi per cui farlo.

Tu puoi fare qualcosa che aiuta, tu puoi essere diverso, tu puoi ritrovare te stesso, tu puoi essere mio! Sarà un grande dono per camminare insieme moltiplicare le Lectio, le scuole di preghiera, formali o anche informali, aprendo la Parola, seguendo i tanti e ben fatti sussidi diocesani, recitando i salmi che ci insegnano una molteplicità di modi di pregare: individuale, di gruppo, di popolo, esprimendo tutta la gamma degli stati d’animo umani, dalla lode alla domanda, alla lite, al racconto e così via.

  1. La sofferenza e la morte

Una preoccupazione che sentiamo particolarmente importante per le nostre comunità è accompagnare nella fede i morenti e i loro familiari, durante la malattia, la morte e il commiato, secondo le indicazioni offerte nella sintesi del gruppo sinodale, rinvenibile sul sito della Chiesa di Bologna. Credo necessario ricavarne conseguenze pratiche, come ad esempio una cura particolare per le celebrazioni delle esequie, che possono aiutare tanti a trovare risposta alle domande, sempre così faticose, sul futuro, sulla volontà di Dio, sul mistero del male, sulla resurrezione.

  1. Non si ha Dio per Padre se non si ha la Chiesa per Madre

La relazione con Dio è sempre necessariamente intima, personale, ma non può essere individualista. Gesù ci affida una Madre e la affida a noi, sempre insieme ai suoi tanti figli, nostri fratelli e sorelle. Viviamo in un tempo di forte e insinuante egocentrismo, di relazioni fluide e cangianti, di diritti di ciascuno senza quelli del noi, attenti a difendere tutte le varianti della vita per poi essere distruttivi di questa. Come nessuno si dà la vita da solo e nessuno diventa cristiano da solo, così nessuno può essere cristiano senza la Chiesa. Altrimenti riduciamo il Signore ad uno dei tanti prodotti di benessere individuale, che devono farci stare bene, risolvere i problemi, dare sicurezza senza chiedere nulla o per lo meno nulla di impegnativo o imprevisto, perché il criterio sono io e Dio deve rassicurarmi su tutto.

Gesù ci dona in realtà molto di più di un po’ di benessere! Ci fa stare bene, perché ci unisce a sé e agli altri, perché non ci asseconda, ma ci aiuta a trovare quello che cerchiamo solo scoprendo il prossimo.

Gesù ci dona una famiglia con cui camminare sempre, fino alla fine anzi oltre la fine stessa, per sempre, perché il nostro cammino inizia qui, attraversa la terra, ma finisce in cielo, nella pienezza dell’amore. Non siamo fratelli senza essere figli e non possiamo essere cristiani senza camminare insieme. Non si capisce il cammino stando fermi! Se non camminiamo, la sinodalità diventa una formula, una questione di ruoli e di confronti.

  1. Tutti responsabili

Questa Madre è affidata a tutti noi. Come a casa: non ci sono spettatori, non si vive a casa da estranei o meglio possiamo vivere così, ma ne perdiamo la bellezza e l’umanità, come il fratello piccolo, che si pensa altrove ma anche quello grande che ha perso il cuore o si impadronisce della casa, ma senza amare. A volte pensiamo che prendersi responsabilità significhi rendersi autonomi, scambiamo servizio per ruolo o considerazione, la partecipazione con il protagonismo o essere indipendenti da tutti.

Conosciamo Gesù, amando questa Madre che ne genera la presenza nella storia. Lei è tutta santa. Noi siamo peccatori, ma siamo suoi. Non offendiamola, trattandola come ne fossimo i proprietari, perché siamo tutti servi. Non pieghiamola ai nostri interessi, alla considerazione individuale o alle piccole convenienze di ruolo, perché è una madre e non un’entità impersonale ed essa ha molti figli e amarla è aiutarla a rispondere alle loro domande! Sentiamoci a casa, perché siamo figli, non ospiti.

Ricordiamoci però che è nostra solo se la amiamo, non la possediamo, non la costringiamo a fare quello che vogliamo noi, ma capiamo esattamente il contrario che lei ci aiuterà a fare sempre quello che il Signore ci dirà e a scoprire, facendolo, la gioia vera, quella dell’acqua cambiata in vino per tutti, della festa che non finisce, di una gioia che diventa pienezza. La gioia è davvero nostra solo quando lo è per gli altri ed è condivisa. Quanto c’è bisogno di questa madre in un mondo senza riferimenti, senza amore gratuito, di spazi comuni e di cuori che si amano.

  1. Costruire e amare la Chiesa

Non facciamo mancare mai alla Chiesa, nostra Madre, il nostro personale rispetto e aiuto, ricordando che ha bisogno di tutti e non farlo la indebolisce, sapendo che il drago la minaccia sempre e vuole distruggere il Figlio che lei genera. E la divisione, elegante o rozza che sia, è sempre frutto del male. È una consolazione sapere che siamo sempre suoi. Stiamo bene, quando siamo in una comunità.

Nessun cristiano dovrebbe restare solo, proprio come nessuno deve essere lasciato senza la sua famiglia. In cielo saremo una cosa sola. In un mondo diviso, con tanti uomini soli e paesi che si contrappongono gli uni agli altri e che invece di cercare quello che li unisce si esercitano a distinguersi e affermare quello che li allontana, in un mondo così difendiamo la nostra casa comune, imparando che la persona è “socievole”, che stiamo bene quando ci amiamo e impariamo ad essere fratelli con tutti. Non tutti uguali, ma tutti insieme.

  1. Siamo fratelli e figli

Disse Papa Francesco: “Il nostro principio di unità è lo Spirito Santo. Lui ci ricorda che anzitutto siamo figli amati di Dio; tutti uguali, in questo, e tutti diversi. Lo Spirito viene a noi, con tutte le nostre diversità e miserie, per dirci che abbiamo un solo Signore, Gesù, un solo Padre, e che per questo siamo fratelli e sorelle! Ripartiamo da qui, guardiamo la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo. Il mondo ci vede di destra e di sinistra, con questa ideologia, con quell’altra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù. Il mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia. Lo Spirito ci ama e conosce il posto di ognuno nel tutto: per Lui non siamo coriandoli portati dal vento, ma tessere insostituibili del suo mosaico” (Omelia nella Solennità di Pentecoste, 31 maggio 2020). E la tessera capisce finalmente se stessa, la sua importanza, non perché da sola studia e interpreta tutto di sé, ma quando è messa accanto alle altre!

In un mondo che accentua le contrapposizioni tanto da esercitarsi a non ascoltare il prossimo, a ridurlo a contatto, finendo per vedere solo il negativo senza sapere riconoscere il dono che è, la Chiesa continuerà a insegnarci a pensarci insieme, a volere bene gratuitamente, solo per amore e a farlo con tutti, perché ognuno è un dono e a tutti è chiesto di amare e di donare tutto, perché questo è l’umanissimo amore cristiano. “Amatevi gli uni gli altri”, che sono i fratelli, ma anche il prossimo, cioè quello sconosciuto che scopri essere anche lui “il più vicino”.

  1. Non avere paura

Anche noi come gli apostoli a Gerusalemme facilmente chiudiamo le porte. A volte, anzi, ci sembra indispensabile farlo perché il mondo è minaccioso, abbiamo paura, vediamo il male intorno (invece ignoriamo troppo e combattiamo poco quello dentro di noi, la trave che poi ci impedisce di vedere!) e pensiamo che per proteggere la speranza dobbiamo chiuderci. La Chiesa ha sempre le porte aperte e le porte le apre, perché ama. Lo Spirito affranca dalla paura, non perché risolve tutto o ci dà coraggio, ma perché ci riempie di amore, aiuta a guardare e a scoprire il bello che c’è in ognuno, a trovare la fonte di acqua viva che può sgorgare dal cuore di ogni persona, la vita che rinasce e fa fiorire il deserto.

Avere le porte aperte non significa perdere identità, anzi, trovarla e farla trovare. Solo in una relazione personale di amore ognuno potrà capire le regole di amore della casa di Dio! Altrimenti o non interessano, perché incomprensibili, oppure le accetta ma senza capire la gioia e la vita che queste donano.

  1. Gesù libera dalla paura

Il mondo incute paura. Gesù libera da questa perché svela l’inganno del male, le sue bugie, le promesse che non mantiene, l’apparenza che non corrisponde all’interno. Gesù libera dalla paura, perché ama. Non ci rende invulnerabili e non evita per sé e per noi lo scontro, a volte così faticoso, con il male: Gesù ce lo fa vincere, che è diverso, e l’unica vittoria sul male è l’amore. Gesù non è funzionale all’individualismo. Se si cerca l’affermazione di sé e la rassicurazione facile e incondizionata, Gesù è deludente. Il mondo offre infinite soluzioni meno ingombranti, più impersonali, meno esigenti.

Gesù non si lascia catturare dal nostro egocentrismo, perché parla al cuore e non cerca l’apparenza o l’orgoglio. Il Vangelo è gioia vera, non un surrogato o una triste felicità individuale. È una vita bella, amata, forte, piena di senso, luminosa anche nel nostro peccato, perché restituita all’innocenza dal suo perdono e dall’infinita misericordia.

  1. La forza dei martiri

Quest’anno ricorre l’80° della strage di Monte Sole, che ci offre un’occasione per fare memoria della testimonianza dei martiri e delle comunità cristiane e prendere consapevolezza delle numerose situazioni nel mondo, in cui la popolazione è ancora vittima della guerra e delle violenze. La memoria si trasmette quando se ne colgono le analogie con il presente, ammonisce a non perdere tempo e opportunità e suscita impegno per prevenirne il ripetersi, avviando percorsi di comunione e di pace. Il nutrito calendario delle celebrazioni, tra cui la memoria liturgica del beato Giovanni Fornasini, martire, ci accompagnerà tutto l’anno.

  1. Come fare in un mondo complesso?

Gesù non era il re e i discepoli dentro la grande Gerusalemme non contavano nulla, anzi si sentivano perduti come in una Babele. Cosa potevano fare? Cosa possiamo fare?

È facile rimpiangere un tempo passato di cristianità, quando “senza sufficiente obiettività né prudente giudizio”, come disse Papa Giovanni XXIII, “nelle attuali condizioni della società umana” non siamo “capaci di vedere altro che rovine e guai”. Non sappiamo riconoscere il bene, pensiamo che non abbiamo niente da imparare dalla storia, cioè che non c’è futuro; ci inganniamo riempiendoci di confronti e di amarezza “come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa”. Certo, non dobbiamo minimizzare i problemi, ma trasformarli in opportunità, perché vogliamo riconoscere oggi “i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa” (Discorso nella solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962). Non è vero anche per noi, inquieti per un mondo che sta cambiando e consapevoli delle non poche sfide con cui dobbiamo confrontarci?

  1. La speranza contro il veleno della disillusione

Quando siamo avvelenati dalla disillusione, che ci fa lavorare ma senza animo, oppure ci sconsiglia come se fosse tutto tempo perso, finiamo per sentire inutile il nostro operare, residuale, vano. Coltiviamo il sottile e pericoloso senso del declino, che appare realismo (“A che serve? Nessuno cerca risposte vere”), finendo così per non riconoscere le attese, i desideri e anche i frutti stessi, che non capiamo, perché diversi da quello che noi immaginiamo o cerchiamo.

Liberi dal trionfalismo non vogliamo affatto accontentarci di una misura modesta, contenuta, come timorosi di fare qualcosa, di contare, di cambiare il mondo, di essere cristiani o come se l’unico modo che abbiamo fosse quello di contrapporci.

Il cristiano non si contrappone al mondo, ma al male, l’unico suo nemico; distingue sempre il peccato dal peccatore e uno lo combatte, iniziando sempre da se stesso, l’altro, sempre lo ama, perdutamente, incondizionatamente, come Gesù fa con noi.

  1. Non cerchiamo sicurezze ma la forza dell’amore

Se restiamo chiusi, diventiamo in realtà più fragili, alla ricerca di sicurezze che non bastano mai e ci indeboliscono, come avviene così frequentemente per la nostra generazione. Se poi cerchiamo la forza del mondo, finiamo per diventarne uguali, per omologarci, come se dialogare significasse rinuncia a sé, ascoltare come passiva registrazione, parlare sopra, ossessivamente difendersi da un mondo che appare solo una minaccia, rendendo la verità un giudizio e non un annuncio e la comunicazione della verità una formula e non un Nome e una presenza viva: Gesù.

Se cerchiamo di accumulare tanto denaro per comprare pane sufficiente per dare da mangiare alla folla, non faremo mai niente e facilmente finiremo solo per difendere i nostri cinque pani o addirittura arriveremo a credere necessario combattere il male con il male, perché altrimenti si perde, si viene fraintesi, non si “conta”, si è “irrilevanti”.

  1. Un mondo di sofferenza

Essere pieni di Spirito ci fa vedere il mondo, non ignorarlo. Ce lo fa vedere bene, perché ci riempie di amore e solo questo lo rende bellissimo, pieno di possibilità, di significato, di dolore ma anche di gioia. Intorno a noi c’è una Babele distruttiva per tutto, nichilista, che accetta in maniera inquietante guerra, violenza, odio, ingiustizia, disequilibri. Che mondo stiamo accettando? Con un certo fatalismo o assecondando il pensare a sé senza il prossimo rischiamo di mettere in discussione tante conquiste pagate con la vita dai nostri padri, da coloro che ci hanno affidato l’Europa, l’Italia, la nostra casa comune.

Nel mondo c’è tanta paura della vita, che appare imprevedibile, fragile, sfidante; si passa dalla prestazione onnipotente a fare i conti con la propria debolezza e fragilità, come se queste dimensioni non fossero parte della vita stessa!

La vita pornografica che il consumismo cerca di presentarci e che purtroppo riempie i siti di internet, orienta la navigazione, fa illudere che tutto è possibile, che posso essere quello che non sono, coltivando idee di possesso e di forza, di esibizione di sé, condizionati da un immaginario che non contempla la tenerezza, la fragilità, la pazienza, la compagnia, la benevolenza, la comunità. Lo Spirito ci insegna che amare è legarsi, perché le ferite restano nel profondo e ci facciamo male con poco e quelle ferite induriscono, seminano odio, fanno crescere la divisione, isolano. Lo Spirito insegna a costruire relazioni di amore nelle quali impariamo a vivere anche il dono della sessualità. Ci insegna a credere nell’amicizia, a costruire relazioni di amore che siano tali, anche senza l’uso della sessualità, ma non per questo meno piene di vicinanza, di affetto, profonde, personali.

  1. La sofferenza

C’è tanta sofferenza nei giovani, spaventati dal futuro incerto, senza sicurezze e senza un mondo affidabile. Si ha l’impressione che tanti giovani vivano come storditi, confondendo realtà e apparenza, vero e virtuale, dentro la realtà ma fuori da questa, senza capire per davvero quello che accade e le conseguenze delle scelte. C’è sofferenza e paura della vita negli anziani fragili, esposti alla cattiveria di un mondo che non sopportare la loro debolezza, tanto da pensare che la vita non abbia valore, sia solo un peso. Poi lo diventa per davvero!  Il prossimo è visto solo come una minaccia.

E poi, soprattutto, la madre di tutte le sofferenze: la tragedia della guerra, pandemia che pensiamo sempre che non ci riguarda, tanto che sfacciatamente si ripropone l’idea di vincere il male con il male, smettendo di ripudiare la guerra e arrivando a pensare che sia uno strumento indispensabile, non solo per la legittima difesa, ma per ristabilire la giustizia. E questo è il tradimento della pace che abbiamo ricevuto, scritta nel mandato costituzionale e all’inizio dell’Europa che nasce proprio perché non sia più così.

Come spegnere questi incendi che bruciano tanta vita, intossicano i cuori e i popoli con l’odio tanto forte da fare apparire impossibile anche alla lunga una riconciliazione? Dobbiamo essere consapevoli di quello che sta accadendo, smettendo di credere che andrà tutto bene oppure, al contrario, che è finita la speranza. Solo se non facciamo finta, non ignoriamo il limite e le conseguenze del male, terribili, con una sofferenza che non possiamo misurare, c’è futuro per l’Europa e per l’intera casa comune.

  1. Lo spirito è compassione per la folla.

Il primo frutto dello Spirito è che i discepoli iniziano ad annunciare. Lo facevano non perché avevano chiaro tutto su come sarebbe andata a finire! Lo fanno perché pieni di Spirito e perché lo Spirito li rende attenti alla sofferenza della gente, alle loro attese, alla speranza. Si mettono in gioco, escono e vogliono donare quello che hanno ricevuto. “Quello che noi abbiamo ricevuto e abbiamo visto, diamo a voi” (1 Gv 1,3). Guardano il mondo con quel fuoco che ardeva in Gesù e che voleva fosse accesso ovunque, cioè che tutti sentissero la sua presenza che scalda, illumina, affranca dal peccato.

Gesù ci manda a parlare a tutti perché ha compassione di tanta sofferenza. Ognuno ha tanto bisogno di amore. Il problema è la compassione, altrimenti la missione, la trasmissione della fede, cioè far conoscere Gesù, il suo Vangelo, aiutare ad amarlo, sembra un sacrificio imposto da una logica interna e non il farmaco di vita eterna che rende piena di vita anche quella che finisce!  La missione è la risposta di Gesù che fa sua la sofferenza delle persone e chiede anche a noi di parlare, di mostrare il suo amore, di far conoscere che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, che possiamo vivere insieme.

  1. Il prossimo e non etichette

A Pentecoste inizia la Chiesa proprio perché i discepoli di Gesù iniziano a vivere per gli altri e ad amarsi tra loro per annunciare il Vangelo con la vita e con le parole. “Lo Spirito plasma la Chiesa, plasma il mondo come luoghi di figli e di fratelli. Figli e fratelli: sostantivi che vengono prima di ogni altro aggettivo. Va di moda aggettivare, purtroppo anche insultare. Possiamo dire che noi viviamo una cultura dell’aggettivo che dimentica il sostantivo delle cose, e anche in una cultura dell’insulto, che è la prima risposta ad un’opinione che io non condivido. Poi ci rendiamo conto che fa male, a chi è insultato ma anche a chi insulta. Rendendo male per male, passando da vittime a carnefici, non si vive bene. Chi vive secondo lo Spirito, invece, porta pace dov’è discordia, concordia dov’è conflitto. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso” (Papa Francesco, Omelia nella Solennità di Pentecoste, 9 giugno 2019).

  1. I poveri!

Non si diventa cristiani senza imparare ad amare il prossimo, ad iniziare dai poveri. Non dobbiamo nella catechesi e in tutta la formazione cristiana insegnare a conoscere, amare, visitare i fratelli ‘più piccoli’ di Gesù, ad esercitare la compassione del samaritano, a portarli nella nostra preghiera, a non rinunciare mai alla solidarietà?

  1. Un Giubileo: testimoni di speranza

Quest’anno del cammino vogliamo sia davvero un Giubileo, nel quale riposarci dagli affanni di sempre, lasciarci rinnovare dall’amore del Signore, comprendere la ricchezza della nostra storia, essere consapevoli di quanto possiamo dare al mondo, ringraziare e gettare con tanta speranza il seme della nostra vita, amando la Chiesa e il mondo.

Il 24 dicembre prossimo, con l’apertura della Porta santa nella basilica di S. Pietro in Vaticano, si aprirà il Giubileo della speranza. Il tema – la speranza – è un antidoto alle lamentele e alla rassegnazione diffusa, ci invita a vivere il presente testimoniando la virtù teologale della speranza, assai diversa dalle previsioni razionali perché fondata sulla fede pasquale. Il pellegrinaggio, espressione tipica del Giubileo è quasi una parabola della speranza: è la certezza della meta che sostiene il cammino, anche nei momenti difficili, spronandoci alla conversione, ossia a ritrovare la strada buona, facendoci apprezzare i compagni di strada, le esperienze di accoglienza, la bellezza del paesaggio.

Nella seconda parte vengono indicate le proposte per partecipare, in ambito universale, nazionale e locale. Nella nostra Arcidiocesi abbiamo stabilito i seguenti luoghi giubilari come mete di pellegrinaggio personale, familiare e comunitario: la Cattedrale Metropolitana di S. Pietro, il Santuario della B. Vergine di San Luca, il Santuario di S. Clelia Barbieri a Le Budrie, il Santuario del SS. Crocifisso in Pieve di Cento, il Santuario della Beata Vergine di Poggio di Castel San Pietro, il Santuario della Madonna di Lourdes in Campeggio, il Santuario della Beata Vergine delle Grazie di Boccadirio, il Villaggio Senza Barriere “Pastor Angelicus” in Località Bortolani di Tolè, i luoghi della memoria del martirio a Monte Sole. Opportuni sussidi guideranno i vari pellegrinaggi.

  1. È ubriacatura? Siamo ingenui o fuori dal mondo?

Qualcuno dirà sempre che siamo ripieni di vino nuovo, con malignità che intristisce e vuole spegnere l’entusiasmo. Il contrario è la benevolenza, non è prendere per buono tutto, ma saper riconoscere dappertutto il bene, scoprirlo anche quando facciamo più fatica perché sepolto sotto tanta disillusione, rabbia, amore per se stessi. La malevolenza, così diffusa, è distruttiva. C’è quella che non vuole la verità, c’è quella che non conosce altra verità che le proprie convinzioni, quelle tradizioni di uomini.

Il problema è seguire Gesù, essere santi. Non diventiamo come Nicodemo, capaci di descrivere la nostra condizione “vecchia”, ma non di trasformarla. Per questo abbiamo bisogno di lasciarci trasformare dal vento dello Spirito, che richiede certo sempre tutta la nostra decisione, ma allo stesso tempo ci fa vivere una condizione inaspettata, nuova.

Disse Sant’Agostino: «Cristo dice: “Qualsiasi peccato abbia tu fatto, io te lo perdono; d’ora in avanti guardati dal peccare”. Pertanto, il suo giogo è soave, il suo peso leggero. Occorre però che noi diventiamo otri nuovi e, rivolti con l’animo verso di lui, ne attendiamo la grazia. Saremo copiosamente riempiti di Spirito Santo e attraverso lo Spirito santo verrà in noi la carità. In tal modo saremo riscaldati dal vino nuovo e ci inebrieremo al suo calice scintillante e colmo di ebbrezza, al punto che dimenticheremo le cose terrene che prima ci tenevano schiavi. In questo modo se ne dimenticavano i martiri quando si avviavano al supplizio. È un ubriaco. Ma ubriaco di che? Di carità. E la carità da dove gli è venuta? Dal dito di Dio, dallo Spirito Santo, da colui che discese il giorno di Pentecoste» (Discorso sulla Pentecoste, 7).

Lo Spirito è relazione e permette, finalmente, di pensarsi in relazione al mondo, anzi ci rende familiare il mondo, altrimenti incomprensibile e minaccioso. È mio e nostro. È mio, ma perché mi apre e mi fa comprendere. Sono compreso, come le lingue che tutti capiscono, ma anche io capisco; non sono solo un galileo o meglio, resto sempre un galileo, con la mia storia e la mia pronuncia, ma universale.

Lo Spirito è la vera relazione, quel filo d’oro che ci unisce, o meglio che ci può unire, quel ricevente che è anche trasmittente, che se lo troviamo dentro di noi ci fa trovare chi siamo, proprio perché in comunicazione con l’Altro, Dio, che ci fa trovare gli altri, il prossimo. A iniziare sempre dai fratelli più piccoli, i poveri, senza i quali non ci può essere la Chiesa.  Non dobbiamo dimenticare che Gesù ce li affida, ci si identifica come fa solo con la sua Parola e con il proprio corpo e sangue nell’Eucarestia. Non sono un optional facoltativo per qualche volontario: è incarnare il suo stesso amore.

Come imparare ad amare quando l’altro esiste e ha valore solo finché serve a me e sono solo e sempre io il criterio? Spesso pensiamo che essere spirituale sia una dimensione complicata, impossibile, opposta a quella concreta, che invade il cuore e si impone con il consumismo e con quel materialismo pratico che tanto determina le nostre scelte. Essere spirituali è essere noi stessi, richiede ascolto, silenzio, chiudersi nella stanza del nostro cuore, ma anche incontro, amicizia, gentilezza. È trovare l’essenziale, invisibile, ma che serve per vivere.

Comunicare il Vangelo significa anzitutto viverlo, farlo conoscere. Non è la stessa cosa se qualcuno incontra il Vangelo o no! Se resto senza la luce! È la conversione pastorale di tutta la comunità, perché essa diventi luogo di relazioni generative e capaci di accompagnare la maturazione della fede in tutte le fasi della vita. Occorre ripensare profondamente l’impostazione dei percorsi formativi, così come mettere a disposizione strumenti ben preparati, possibilmente su piattaforme digitali anziché su base cartacea, che lascino alle singole Chiese locali la possibilità di inserire proposte e percorsi specifici, che rispecchiano la spiritualità diocesana e il “genius loci”: per quanto riguarda ad es. la catechesi con l’arte, i luoghi di spiritualità, le figure dei Santi, le buone pratiche di relazioni educative tutelanti.  L’auspicio di tutti è quello per una Chiesa più accogliente, ospitale, comprensiva, capace di essere casa per le molte situazioni esistenziali degli uomini e delle donne di oggi. Una Chiesa che si fa prossimo e che solo così è se stessa,

  1. Ascoltiamo l’Evangelii Gaudium:

«In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In questo mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere presente la fragranza della presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo personale.

La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana». (EG 169)

II – LA SCELTA DELLA CHIESA BOLOGNESE NELL’ANNO 2024-2025

  1. La formazione alla vita e alla fede

Mentre si attendono i risultati e le indicazioni del Sinodo della Chiesa italiana, l’Arcidiocesi di Bologna, per questo anno pastorale, ha scelto di focalizzare l’attenzione sulla formazione alla vita e alla fede, in modo particolare degli adulti.

Non si intende una scelta esclusiva, che inviterebbe a trascurare gli altri settori della pastorale, ma l’invito a privilegiare questa dimensione quando si devono fare delle scelte di orientamento, di tempo e di energie, e di seguire le indicazioni nei tre ambiti su cui la Chiesa di Bologna, con il suo vescovo, chiede di convergere in maniera unitaria.

I tre ambiti sono:

  1. L’accoglienza e l’accompagnamento dei genitori che chiedono l’iniziazione cristiana dei propri figli.
  2. La formazione all’impegno sociale nella pastorale ordinaria.
  3. L’iniziazione cristiana degli adulti e i percorsi per gli adulti che chiedono la Cresima.

 

  1. Motivazioni della scelta

La scelta del primo ambito è in continuità con il percorso che la Chiesa di Bologna aveva incominciato prima che il Sinodo della Chiesa Italiana ci chiedesse il lavoro dell’ascolto e del discernimento, e intende proseguire ed approfondire l’attenzione già iniziata l’anno pastorale scorso (2023-2024), sulla formazione alla vita e alla fede degli adulti.

La seconda scelta deriva direttamente dalla Settimana Sociale dei Cattolici a Trieste (3-7 luglio 2024), che con forza ha chiesto alle chiese locali e alle comunità parrocchiali di inserire la dimensione della morale sociale nella pastorale ordinaria.

La scelta del terzo ambito è motivata dal fatto che ogni anno alcuni adulti chiedono di diventare cristiani e molti di ricevere la Cresima. La cura di questi adulti è un compito speciale che la Chiesa deve avere, inoltre nelle riflessioni che si fanno su questo tema a livello nazionale, viene indicato che anche l’accompagnamento della Cresima deve avere sempre di più i tratti di un vero catecumenato.

Li proponiamo in quest’ordine, perché i primi due appartengono a una dimensione e una modalità più ordinaria della pastorale, mentre il terzo non riguarda sempre tutte le comunità, richiede alcune attenzioni specifiche e prevede anche un percorso diocesano.

  1. Precisazione sul concetto di “formazione”

Il richiamo alla Pastorale Sociale e del Lavoro, e la scelta di inserirla nelle attenzioni della pastorale ordinaria della comunità parrocchiali, ci aiuta in generale a non intendere la “formazione alla vita e alla fede” in modo intellettualistico o spiritualistico, come se si potesse risolvere questo impegno facendo degli incontri e basta, ma tenendo sempre presente che “la vita che si forma e la fede che si impara e si approfondisce” è sempre una vita cristiana che si esprime concretamente, che si confronta con il mondo e si verifica alla luce del Vangelo e della carità. La “formazione” non va intesa come se ci fosse un momento in cui ci si prepara ad essere cristiani e il momento in cui lo si è effettivamente.

  1. Attenzioni fondamentali

Gli orientamenti che offriamo, necessariamente parziali e non esaustivi, perché devono valere per tutta la Diocesi, indicano quale proposta fare alle comunità parrocchiali per avere cura della formazione (degli adulti) alla vita e alla fede.

Abbiamo dunque due focus:

  1. Gli adulti: intesi non come destinatari, ma come protagonisti e soggetti della pastorale.
  2. La formazione alla vita e alla fede: intesa non come argomento, ma come orientamento e criterio della pastorale.

L’obiettivo che rispetta questa impostazione, quindi, è quello della partecipazione cristiana: una partecipazione che si intende come frutto e logica conseguenza di un’esperienza cristiana sentita e consapevole e del desiderio di mettersi a propria volta al servizio del regno di Dio. Tutto andrebbe pensato e impostato a partire da questa domanda: “Come posso favorire questa partecipazione cristiana?”.

Queste attenzioni lasciano più libertà rispetto alla preoccupazione di trasmettere dei contenuti precisi e anche rispetto alle questioni morali che di solito bloccano il cammino, che non devono essere rimosse, ma intese come traguardi dei percorsi, non come condizioni di partenza. Allo stesso tempo, bisogna verificare con un rigore maggiore se quello che proponiamo aiuta veramente a plasmare la vita e a modellarla in un’esistenza cristiana.

  1. Domande preliminari

Per dare concretezza a tutte queste considerazioni, ci chiediamo/ci siamo chiesti prima di tutto:

  1. Chi avvicina gli adulti? Chi sono le persone nella comunità disponibili a condividere in un vero spirito di comunione e di aiuto la vita cristiana con questi adulti? In che modo questa comunione e questo accompagnamento sono possibili e si realizzano?
  2. Quale “postura” avere nei confronti degli adulti a cui si vuole testimoniare la fede per condividerla con loro? La loro vita non è una scatola da riempire, ma in quanto adulti hanno già delle competenze di vita, che sono in primo luogo da riconoscere e da “validare” e poi, in parte, da illuminare con il vangelo stesso, ma solo dopo avere accolto e valorizzato ciò che di buono già c’è. In questo troviamo il criterio proposto da Gaudium et Spes di innesto, purificazione e compimento.
  3. Quale proposte concrete fare, in base a queste considerazioni, che possano essere utili alle comunità cristiane della nostra diocesi?

Il criterio sottostante è che la fede si vede nella vita (cf. Gc 2,14-26) quindi è necessario mettere al centro la vita delle persone, sia come fonte di ispirazione e riferimento per quanto riguarda la formazione, sia perché la fede sia significativa per la vita delle persone stesse.

  1. La dimensione catechistica

Da quanto detto, le questioni su cui si concentra l’attenzione sono:

  1. Il modello dell’Iniziazione Cristiana (d’ora in poi IC) deve riguardare anche gli adulti, considerandoli come soggetti e con percorsi che tocchino realmente la loro vita, la interpellino e la plasmino, proprio come accade con il catecumenato.
  2. Nell’IC dei fanciulli, bisogna operare uno spostamento di risorse, energie, attenzione e tempo verso un accompagnamento privilegiato dei genitori del catechismo.
  3. La preparazione alla Cresima va verificata non in base al criterio di quanto hanno imparato gli adulti che chiedono questo sacramento, ma in base al criterio se è cresciuta ed è diventata più autentica la loro partecipazione cristiana.

 

  1. Alcune forme di coinvolgimento degli adulti genitori

Le nostre comunità cristiane della Diocesi sono operose nella ricerca di forme e modalità di coinvolgimento delle famiglie e dei genitori dei bambini che partecipano ai percorsi di IC. Abbiamo potuto riscontrare tante soluzioni, delle quali proponiamo una breve rassegna:

  1. una riunione fatta all’inizio dell’anno pastorale per conoscere le famiglie e i genitori nel momento in cui si avvia il percorso di catechesi IC per i figli e un incontro alla fine dell’anno per condividere alcune tappe vissute;
  2. una riunione convocata in prossimità delle tappe sacramentali da celebrare, non solo per questioni tecniche, ma soprattutto per sintonizzarsi spiritualmente insieme ai figli, in relazione al significato del sacramento;
  3. una presenza attiva nella liturgia (si chiede ai genitori presenti a Messa la disponibilità per le letture, l’offertorio, il coro…);
  4. una presenza in occasioni «pubbliche» o comunitarie: lo spettacolo teatrale dei bambini (ad es. in Avvento/Natale), il presepe vivente in piazza o per le vie del paese/città, pranzi e cene in parrocchia, momenti significativi della vita parrocchiale, servizi di volontariato, allestimenti…
  5. alcune proposte da realizzare insieme con i bambini (in parrocchia durante l’incontro di catechismo, oppure in famiglia a casa);
  6. un percorso per famiglie e genitori da vivere in contemporanea al catechismo dei bambini e sugli stessi temi di catechesi che i figli stanno vivendo all’interno del gruppo;
  7. un percorso per famiglie e genitori da vivere in contemporanea al catechismo dei bambini su temi diversi, ad es. percorsi di genitorialità, temi educativi, temi personali di fede e vita cristiana;
  8. alcune proposte di presenza all’interno dei gruppi di catechesi dei bambini (che vanno dalla sorveglianza, al sostegno e supporto dei catechisti, fino a chiedere ai genitori di essere loro stessi aiuto-catechisti o catechisti).

Nel desiderio di offrire alcune piste di riflessione e di lavoro per il coinvolgimento degli adulti genitori, possiamo partire da alcuni spunti di metodo.

  1. La cura dell’invito e della convocazione

Il primo riguarda la cura dell’invito e della convocazione. Come convocare gli adulti? Il tema dell’invito/convocazione è un tema relazionale ampio nel contesto della nostra pastorale. Per gli adulti genitori dei bambini che frequentano i percorsi di catechesi di IC il catechismo dei figli è ancora un “motivo di contatto” con loro, ma per gli adulti che non sono genitori dei bambini che frequentano i percorsi di catechesi sembra venga meno il “pretesto” per una convocazione partecipata. Sono due facce della stessa medaglia, aspetti di uno stesso tema: la convocazione degli adulti nella comunità cristiana. Come abbiamo detto, ci focalizziamo in particolare ora su quegli adulti che sono genitori dei bambini che frequentano i nostri percorsi di catechesi. L’invito/convocazione costituisce un momento importante di ogni incontro con gli adulti, da studiare e preparare con cura, competenza e attenzione in ogni comunità e/o ZP. Nell’invito che facciamo agli adulti genitori, abbiamo l’attenzione di curare i seguenti aspetti:

  1. le modalità di convocazione,
  2. i tempi (sia l’anticipo ragionevole della convocazione, sia il tempo che chiediamo agli adulti di impiegare per l’effettiva durata dell’incontro: si tratta di rispetto per le vite impegnative di tutti),
  3. i soggetti (si consiglia di non trattare le persone convocate semplicemente come dei destinatari, ma di progettare come coinvolgerli attivamente, fin dalle prime fasi della convocazione),
  4. i messaggi che offriamo nel nostro convocare gli adulti,
  5. l’obiettivo della nostra convocazione: perché li invitiamo? Che cosa vogliamo ottenere con questo invito? Quale traguardo vogliamo raggiungere invitando gli adulti genitori a ritrovarsi insieme nella comunità cristiana?

 

  1. Il “come” e “con chi” della proposta

Sempre nell’ambito della modalità che suggeriamo di utilizzare, verifichiamo se nelle proposte che viviamo con gli adulti genitori riusciamo a proporre il Vangelo di Gesù come una parola significativa per la loro vita. Chiediamoci con loro: perché la fede in Gesù dovrebbe essere una proposta importante e significativa per la mia e nostra vita di adulti e di adulti genitori? Come è presentata la parola del Vangelo?

È bene verificare anche quale modalità utilizziamo per gli incontri con gli adulti genitori: un incontro frontale? Incontri assembleari? Incontri per gruppi? Incontri nei locali parrocchiali? Incontri nelle case? Nelle scelte che potremo adottare come più funzionali ai nostri obiettivi, occorre favorire quelle che permettano un clima di dialogo autentico, nel quali gli adulti presenti siano resi reali protagonisti di quello che sta accadendo, che siano incontri con gli adulti, tra persone adulte. A questo proposito crediamo che ci siano alcuni elementi fondamentali da tenere presente nella pianificazione degli incontri:

  1. chi guida gli incontri con gli adulti,
  2. quale “postura” avere,
  3. quale approccio utilizzare.

I soggetti che guidano gli incontri potrebbero essere organizzati in una piccola équipe di altri adulti, composta non soltanto dal parroco e/o dal/dalla catechista che già accompagna la catechesi dei bambini e ragazzi. Come costituire questa équipe di accompagnatori di adulti?

Come già accennato sopra, la “postura” riguarda la consapevolezza di come ci collochiamo di fronte agli adulti. La vita quotidiana delle famiglie e dei genitori custodisce le soglie di accesso alla fede, alla relazione con Gesù Risorto, incontrato e riconosciuto realmente presente e vivo, e accolto come essenziale e significativo per la propria esistenza. Pensando ai genitori e alle famiglie, essi già custodiscono – in virtù della loro condizione di adulti e genitori – competenze di vita che occorre vedere, riconoscere, valorizzare, promuovere e incontrare. Questo ci colloca nella prospettiva dell’accompagnamento delle persone adulte (genitori e famiglie) per mettere in maggiore evidenza il reciproco riconoscimento della vita di ciascuno, in cui Dio è già all’opera ancor prima del nostro arrivo, del nostro incontro e della nostra iniziativa.

  1. Dalla vita alla vita

Può essere utile con gli adulti utilizzare la dimensione narrativa, perché costringe a situarsi nella propria vita in rapporto all’argomento con cui ci si confronta, permette di affrontare le questioni morali dal punto di vista di un percorso e non di una barriera e, infine, di definire o intercettare le buone pratiche che si possono attuare con gli adulti.

Per questo sembra promettente l’assunzione di un modello formativo chiamato – in particolare nei contesti di formazione catechistica – «laboratorio». Il laboratorio fa propria la scelta di formazione come trasformazione. Si tratta di un processo formativo che si avvale di una sequenza di tre fasi:

  1. fase espressiva o fase proiettiva: si stimola l’espressione del vissuto dei partecipanti. Nella fase espressiva l’animatore del laboratorio guida i partecipanti a prendere consapevolezza e a condividere la propria esperienza e le conoscenze relative all’argomento oggetto della formazione. In questo modo si coinvolgono i partecipanti nella loro responsabilità, si accende la loro partecipazione e se ne stimola la disponibilità formativa;
  2. fase informativa o fase di approfondimento: un approfondimento tramite la proposta di una riflessione strutturata. Nella fase informativa si acquisiscono, si aggiornano o si correggono le conoscenze che sostengono la tappa formativa. È il momento della proposta di nuovi contenuti. I partecipanti sono guidati ad appropriarsi attivamente della novità formativa per avviare il processo di correzione delle precomprensioni, che si concluderà nella fase di ri-espressione;
  3. fase ri-espressiva: riappropriazione o ri-espressione dei contenuti dell’interazione formativa da parte dei partecipanti. Questa fase intensifica la trasformazione avviata perché permette ai partecipanti di interiorizzare le nuove acquisizioni, facendole proprie, ri-esprimendole e trasformandole in scelte operative.

 

  1. Vangelo e vita

Rispetto alla prospettiva dei contenuti potremo chiederci: come lavorare sul legame Vangelo-vita? Come permettere al Vangelo di interagire con la vita e in particolare con la vita degli adulti genitori? Come il Vangelo intercetta le situazioni reali della vita che vivono gli adulti genitori? Quale Vangelo per la vita degli adulti genitori?

Si potrebbe partire dagli inizi: per portare i bambini a fare un cammino di catechesi per la vita cristiana, occorre scoprire come questa scelta interpella anche gli adulti genitori, lavorare sulle motivazioni e sull’“eco” che queste motivazioni hanno nella vita degli adulti. Una “crisi” o un passaggio agiscono sempre come fattore dinamico della ricerca di senso nella vita adulta.

Proprio perché determinanti nel processo di maturazione della vita adulta, proprio perché in gioco c’è la questione del senso, tutte le crisi degli adulti (sia le crisi per difetto, sia le crisi per eccesso), sono possibili «soglie di accesso alla fede». Questo perché dentro queste esperienze ci viene incontro il mistero umano nelle sue due facce: quello della vita e quello della morte. In ognuno di questi passaggi fondamentali è in gioco un’esperienza pasquale: il desiderio di vita e la minaccia della morte.

Si tratta potenzialmente di un processo di morte e risurrezione: vale per un innamoramento, la nascita di un figlio, una crisi affettiva, una malattia, ecc. Perché da “soglie” queste esperienze possano diventare un acconsentire consapevole e una professione di fede occorre che dentro il processo umano di introspezione (quello che abbiamo chiamato vita interiore) si presenti una “rivelazione” e uno “svelamento”, la testimonianza cioè di chi aiuta a far cogliere una “Presenza a favore” in tutto quanto ci succede. È a quel punto che l’esperienza di crisi per difetto può diventare preghiera di invocazione e l’esperienza di crisi per eccesso può diventare rendimento di grazie e lode.

Questa proposta di fede dentro le situazioni di transizione nella vita diventa per molti una vera esperienza di «secondo annuncio», che può aiutare a leggere la propria vita come storia di salvezza, una vita abitata da una Presenza che accompagna e salva. L’annuncio (primo o secondo che sia) appare quindi un processo di rivelazione, svelamento e/o riconoscimento e acconsentimento, processo che si innesta nel terreno di ricerca di senso di una persona, sulla minaccia della morte e sul bisogno di vita: è rivelazione, in quanto parola di testimonianza che viene dall’esterno, è svelamento/riconoscimento in quanto scoperta di una presenza, e si trasforma infine in acconsentimento e professione di fede, in quanto esperienza di fiducia, abbandono e decisione.

La mappa delle esperienze degli adulti come soglie del senso e della fede è composta da queste 4 esperienze, che devono essere considerate come le più significative nell’elaborazione dei nostri incontri: 1) generare e lasciar partire (l’esperienza della genitorialità); 2) errare (l’esperienza della ricerca e del fallimento); legarsi, lasciarsi, essere lasciati (l’esperienza degli affetti), 3) appassionarsi e compatire (l’esperienza della dedizione e della solidarietà); 4) vivere la fragilità e il proprio morire (l’esperienza del limite).

1Cf. E. BIEMMI: «Questa veloce passeggiata nella mappa delle esperienze umane come soglie di senso può bastare per intuire quanto è fecondo questo percorso come aiuto a ogni adulto per prendere in mano se stesso e non sciupare la propria vita. Questa mappa è infinitamente più ricca di quanto sopra descritto. Entrare in questa mappa, abitarla con passione, compassione e speranza è la più alta attività umana che possiamo mettere in atto. Questo è terreno sacro, nel quale camminare in punta di piedi, togliendosi i calzari. Qui si sospende ogni giudizio, ogni valutazione. Ogni storia umana è storia sacra e non c’è storia sacra perfettamente lineare, senza sbagli, senza fragilità, senza dolore. La sacralità della vita viene dalla sua vulnerabilità. Visitare e accompagnare la storia delle donne e degli uomini è il più grande atto di amore. È anche il modo più bello, forse l’unico, per an-nunciare il Vangelo, per mostrare a tutti il dono di vita buona che esso contiene. La Chiesa, talvolta troppo concentrata sul piano oggettivo della fede, ha bisogno di questo trasloco nella storia che Dio scrive dentro la carne delle donne e degli uomini di oggi. Allora capirà anche diversamente e più in profondità l’aspetto oggettivo della Rivelazione» (Al clero della Diocesi di Lodi, 09/01/2013).

Per non prescindere dalla vita attuale occorre ricordare che vivere la fede da adulti è difficile: ci chiediamo come aiutare gli adulti genitori a costruire nella vita quotidiana sempre «mancante di tempo» e sempre affollata di affanni uno spazio in cui vivere e far crescere l’incontro con il Signore Gesù, la preghiera, l’ascolto del Vangelo nella Chiesa? Come dare un supporto di fede alle cose difficili della vita degli adulti? Alcune piste che si potrebbero percorrere riguardano: la genitorialità; la gestione del digitale (l’utilizzo del digitale incide sulla formazione delle persone e sulla custodia di sé, anche in riferimento ai figli); il tempo e l’affanno di vita; la vita spirituale possibile.

  1. La vita cristiana è vita

Nell’ambito del coinvolgimento degli adulti genitori nei percorsi di annuncio e catechesi, si parla di ascolto delle “buone pratiche”. È fondamentale, a livello di chiesa locale, stabilire che cosa – secondo i nostri criteri pastorali – definisce una pratica “buona”. Ad esempio:

  1. Il successo pastorale? (Misurato in che termini?)
  2. La dimensione evangelica di riferimento? (Quali criteri ci permettono di dire che una cosa è più evangelica di un’altra?)
  3. La partecipazione? (Ma in che modo? Ci accontentiamo di “fare venire le persone” oppure ci sono degli elementi essenziali per la partecipazione: ad esempio, la partecipazione alla messa domenicale)

Ci chiediamo se le proposte che facciamo sia con i bambini che con gli adulti genitori sono esperienze che iniziano alla vita cristiana. In generale possiamo tenere presente che, affinché una esperienza sia iniziatica, deve avere le seguenti caratteristiche, che vanno verificate nella progettazione e al termine del percorso:

  1. che sia una esperienza di comunità, aperta a tutti, intergenerazionale;
  2. che sia una esperienza costruita attorno al Vangelo, seguendo l’Anno Liturgico;
  3. che sia una esperienza che offra porte di ingresso diverse nello stesso brano di vangelo permettendo di vivere una esperienza simile a quella incontrata nel Vangelo;
  4. che sia una esperienza che apre al servizio e alla carità;
  5. che sia una esperienza che ha un tempo di preghiera e di celebrazione (eucaristica e momenti semplice di preghiera…);
  6. che sia una esperienza che comprenda una convivialità (darsi il tempo di condividere la tavola, di bere e mangiare insieme).

Tutto questo ha un valore iniziatico perché è una vita, un modo di stare al mondo da credenti.

Definiamo dunque  “buona” la pratica che plasma la vita di una persona adulta in ordine alla fede. “Buona” è una pratica che effettivamente mette la vita a confronto con la buona notizia del Vangelo, in cui – quindi – il vangelo intercetta e questiona le mie condizioni di vita, e stabilisce relazioni in cui circola l’amore di Dio tra i soggetti e la comunità. Inoltre, per essere “buona”, una pratica deve sfociare in un momento celebrativo, in cui la fede si riconosce e si apre al mistero di Dio e deve tradursi in una dimensione concreta di servizio e carità cristiana.

 

  1. Accompagnare… insieme

Ci sembra fondamentale, in relazione agli adulti, riuscire a individuare o fare crescere nelle comunità altre figure di adulti capaci di accompagnare non solo nella prima fase (quella, per intendersi, della “formazione”), ma anche nelle fasi successive, quelle cioè della fortificazione e della stabilizzazione della vita di fede. Per esempio, bisogna riuscire a individuare qualcuno che dopo la celebrazione dei sacramenti (ad esempio la Cresima, o la Confessione dopo tanto tempo) sappia continuare ad accompagnare la vita credente nel suo consolidamento, offrendo qualche momento di comunione e di amicizia, convocando a qualche appuntamento della comunità, invitando a condividere l’eucaristia, proponendo qualche servizio o occasione di coinvolgimento.

Invitiamo ogni comunità a ragionare insieme con il proprio parroco sulle figure adulte di accompagnamento dei percorsi, per darsi il tempo di riconoscerle e individuarle, farle crescere. Si tratta di far sorgere la sensibilità rispetto alle figure degli accompagnatori della vita cristiana degli adulti. In questo orizzonte si apre il tema della loro formazione (a vari livelli): occorre imparare a farsi compagni di viaggio gli uni degli altri, da adulti con altri adulti.

Ipotizziamo, in maniera del tutto iniziale e senza alcuna velleità, che queste figure potrebbero essere quelle in cui si concretizza il ministero del Catechista, proprio per la particolare configurazione che tale ministero assume nella Chiesa italiana.

In questo ruolo, sicuramente, sono disponibili alcuni laici più maturi dei movimenti e delle associazioni, che possono mettere il loro carisma e la loro esperienza a servizio di questo ruolo così importante nella comunità cristiana.

  1. Passi di verifica

Infine, suggeriamo il passo della . Segnaliamo di seguito un metodo fruttuoso che ci permetta di verificare le nostre proposte per gli adulti genitori: è la scala SWOT, acronimo che mette in evidenza le seguenti voci:

  1. Punti di forza: sono gli aspetti positivi e ben vivi, evidenti;
  2. Debolezze: sono gli aspetti deboli, in prospettiva fortemente problematici;
  3. Opportunità: sono punti forza ancora embrionali;
  4. Minacce: sono punti deboli ancora embrionali.

Occorre tenere presente che i primi due punti (Punti di forza e Debolezze) sono elementi interni al contesto e alla situazione in esame, dunque sono i punti di forza e debolezza che riconosciamo presenti e già attivi e all’opera nella nostra proposta con gli adulti genitori; mentre i successivi punti (Opportunità e Minacce) sono elementi esterni al contesto e alla situazione in esame, pertanto sono elementi che individuiamo presenti attorno a noi e che possono – se integrati o meno – aiutarci o meno nel percorso di accompagnamento degli adulti genitori. Su questo utile strumento di verifica e riorientamento l’UCD può fornire un adeguato supporto di lavoro.

  1. La dimensione sociale

La pastorale Sociale e del Lavoro (PSL) è una cosiddetta pastorale d’ambiente, si rivolge a chi opera nel mondo sociale e del lavoro. La proposta fatta alla nostra diocesi per quest’anno pastorale che segue la Settimana Sociale dei Cattolici di Trieste è quella di assumere, anche nella pastorale ordinaria delle nostre parrocchie e Zone pastorali, alcune istanze tipiche della PSL per favorire la formazione alla vita e alla fede.

Si danno perciò alcune indicazioni che vorrebbero assolvere ad una duplice funzione: da una parte fornire alcuni suggerimenti concreti per incarnare nella pastorale ordinaria ciò che ci consegna la Dottrina Sociale della Chiesa; dall’altra non aggiungere (quasi) niente all’impegno in capo agli operatori pastorali usuali, probabilmente già sovraccaricati (laici, religiosi, presbiteri).

Si suggerisce a questo proposito un duplice livello di intervento:

  1. Formativo: approfondimenti di parrocchie, zone pastorali o associazioni, su uno o più temi sociali, tra quelli più importanti indicati dalla riflessione della Chiesa contemporanea (partecipazione politica; sostenibilità ambientale, lavoro, ecc.). Ciò può essere a sua volta pensato per occasioni a diffusa partecipazione (incontri formativi in momenti significativi dell’anno, feste parrocchiali) oppure per gruppi specifici, (catechesi degli adulti, giornate zonali dei giovani, campi estivi, momenti formativi all’interno dell’iniziazione cristiana, ecc.) o, infine eventi organizzati con altre realtà territoriali non ecclesiali.
  2. Operativo: scelte concrete che possono fare le parrocchie, zone pastorali, associazioni per dar seguito ai momenti formativi, aiutandosi a custodire insieme queste scelte e verificandone l’effettiva incidenza sulla vita delle comunità e dei singoli (gestione economica ed energetica delle Parrocchie, sostenibilità ecologica delle parrocchie e delle feste parrocchiali, interazione con le forze politiche locali, ecc.).

 

  1. Valorizzare

Per far questo senza appesantire ulteriormente gli operatori pastorali occorre allargare l’attenzione dall’ambito parrocchiale o della zona pastorale ad altri soggetti competenti che possano collaborare nella programmazione e realizzazione. Perciò si suggerisce di:

  1. valorizzare le entità diocesane: l’Ufficio diocesano PSL, la Commissione diocesana PSL, il Tavolo del Creato, la Scuola diocesana per la Formazione all’Impegno Sociale e Politico ( FISP), il gruppo Cose della Politica (trovate info e contatti sul sito diocesano: https://lavoro.chiesadibologna.it/https://www.facebook.com/tavolodelcreatobologna/);
  2. valorizzare le associazioni ed i movimenti che si ispirano alla Dottrina Sociale della Chiesa e che propongono formazione e iniziative fattive: CDO, MCL, CEFAL, ACLI, MLAC, Confcooperative, Coldiretti, CIF, UCID, CISL. Si tratta di centinaia di persone che risiedono nella diocesi di Bologna: molto probabilmente qualcuno di essi abita nelle nostre parrocchie o zone pastorali; alcuni di essi sono organizzati con diverse sedi o circoli nel territorio diocesano;
  3. valorizzare gli svariati contatti che le parrocchie e le zone pastorali hanno già con il territorio, nel tentativo di ampliare i rapporti di collaborazione anche con le istituzioni o altri soggetti attivi (collaborazione già in atto tra parrocchie, zone pastorali, associazioni e le istituzioni locali o le altre associazioni di volontariato sui temi della povertà, scuola, ricerca lavoro, salvaguardia del creato ecc.).
  4. valorizzare persone che per competenze professionali o interesse personale già si occupano di questi temi e che, pur non facendo parte di associazioni, sono venute in contatto con parrocchie, zone pastorali, associazioni.

L’Ufficio di PSL diocesano sta lavorando alla realizzazione di un percorso formativo sulle cinque parole fondamentali della DSC (persona, bene comune, solidarietà, sussidiarietà, partecipazione) che sarà pronto nei prossimi mesi e sarà a disposizione di chi lo richiederà.

Infine, è importantissimo chiarire che tutto ciò non deve assolutamente essere confuso con una sorta di svendita dell’annuncio evangelico nel tentativo di inseguire temi culturalmente accattivanti: la comunità cristiana pone queste attenzioni perché collabora all’edificazione del regno di Dio, secondo la parola del Vangelo. Questo impegno, queste attenzioni, non sono “altro” dal Vangelo, ma sono un tentativo della comunità cristiana di dilatarne la presenza e la realtà, già in questo mondo. Come papa Francesco ama ripetere “tutto è connesso”. Tenendo presente questo si possono pensare e realizzare proposte pastorali che diventino un reale collegamento tra la fede e la vita.

  1. La Cresima per gli adulti

Per quanto riguarda gli adulti che chiedono di ricevere il sacramento della Cresima, proponiamo che le persone siano accompagnate in un percorso di ZP o di Vicariato. Nella nostra diocesi sono già attivi, per lo più, percorsi di Vicariato e vanno portati avanti. Laddove non ci sia già questa realtà, proponiamo di puntare alle ZP, perché la dimensione della ZP è quella di riferimento per la pastorale di questo decennio e aiuta nella dimensione relazionale più famigliare a inserirsi nelle comunità e ad avere persone che ti accompagnino nel cammino.

Dove sono attivi e già strutturati i percorsi vicariali, si continui così, con l’attenzione a favorire il più possibile la “ricaduta” successiva, cioè l’accompagnamento dopo la celebrazione del sacramento, che non deve finire subito, ma essere continuato per un po’.

  1. Caratteristiche e attenzioni

Di seguito alcune caratteristiche essenziali e alcune attenzioni che devono avere questi percorsi:

  1. almeno 6-8 incontri, per verificare la disponibilità di intraprendere un cammino serio, con all’interno almeno un incontro con la comunità e un momento celebrativo;
  2. accompagnamento anche dopo, per dare stabilità alla ripresa della vita cristiana.

Contenuti suggeriti per gli incontri:

  1. La resurrezione di Gesù e il dono dello Spirito alla Chiesa (2 incontri).
  2. Lo Spirito che anima e guida la comunità cristiana: Pentecoste e il racconto di Atti (2 incontri).
  3. Due incontri a partire dalla vita delle persone.
  4. Il Sacramento della Confermazione e il rito (2 incontri).

Temi e dimensioni che bisogna curare nell’accompagnamento:

  1. La preghiera personale (trovare un semplice di ritmo di preghiera personale, con riferimento settimanale, non necessariamente quotidiano).
  2. La preghiera comunitaria (liturgia domenicale e qualche occasione importante per le comunità).
  3. La vita nello Spirito (che cosa significa avere cura della propria vita spirituale?).
  4. Il proprio carisma (scoprire i propri doni che si possono mettere al servizio della chiesa e del regno di Dio).
  5. Il servizio nella comunità cristiana (posso arricchire la comunità cristiana con la mia presenza e il mio contributo? Se sì, come ?!).
  6. La carità (come vivo una dimensione concreta di carità cristiana?).

Attenzioni che gli accompagnatori/catechisti devono avere

  1. Accompagnare a Messa la domenica.
  2. Qualche momento di preghiera insieme.
  3. Coinvolgere in qualche appuntamento della vita della comunità.
  4. Condividere un servizio (anche eventualmente chiamare nei servizi che già si svolgono).

Le Cresime degli adulti si svolgono ordinariamente in Cattedrale, oppure nelle comunità parrocchiali di riferimento, quando vengono celebrate le Cresime. Per le Cresime in cattedrale è necessario comunicare per tempo la propria presenza e che, insieme agli accompagnatori e al parroco si compiano gli adempimenti indicati sul sito diocesano: https://www.chiesadibologna.it/cresime/

III – EVENTI CARATTERIZZANTI

  1. Formazione nella storia

L’anno 2024-2025 è caratterizzato da alcuni eventi che ci vengono offerti dalla Provvidenza per arricchire e rafforzare il cammino ecclesiale. Intendiamo viverli non come ulteriori pesi di cui caricarci, ma occasioni uniche che chiariscono e ravvivano il progetto comune.

a. Giubileo della speranza

La Diocesi di Bologna favorisce anzitutto la partecipazione dei fedeli alle iniziative proposte a livello universale dal comitato vaticano per il Giubileo della speranza.

A queste si aggiungono proposte lanciate a livello diocesano.

  • Giovedì 24 ottobre: meditazione sul Giubileo in occasione dell’incontro del Clero per l’anniversario della Dedicazione della Cattedrale.
  • Domenica 29 dicembre 2024: celebrazione diocesana per l’apertura dell’Anno Giubilare.
  • 21-23 febbraio 2025: Giubileo dei Diaconi permanenti a Roma.
  • Sabato 22 marzo: Pellegrinaggio diocesano a Roma, guidato dal Cardinale Arcivescovo.
  • Domenica 28 dicembre 2025: chiusura diocesana dell’Anno Giubilare.
  • Altre ipotesi di pellegrinaggio su iniziativa personale o di gruppo:
    • Pellegrinaggi ai luoghi giubilari: Cattedrale Metropolitana di S. Pietro, Santuario della B. Vergine di San Luca, Santuario di S. Clelia Barbieri a Le Budrie, Santuario del SS. Crocifisso in Pieve di Cento, Santuario della Beata Vergine di Poggio di Castel San Pietro, Santuario della Madonna di Lourdes in Campeggio, Santuario della Beata Vergine delle Grazie di Boccadirio, cappella del Villaggio Senza Barriere “Pastor Angelicus” in Località Bortolani di Tolè, i luoghi della memoria del martirio a Monte Sole.
    • Pellegrinaggio urbano con itinerario di arte e fede (Ss. Vitale e Agricola, S. Stefano, S. Petronio, Cattedrale, S. Maria della Vita, B. Vergine di S. Luca).
    • Pellegrinaggio dei preti al Santuario di S. Luca.
    • Pellegrinaggio lungo la Via Mater Dei.
    • Pellegrinaggi in bicicletta ai santuari della pianura.

L’incaricato diocesano per il Giubileo e l’Ufficio per la Pastorale del turismo, sport e tempo libero offriranno indicazioni precise per ogni proposta.

b. 80° di Monte Sole

Calendario delle celebrazioni e incontri nell’ottantesimo della strage di Monte Sole e del martirio del B. Giovanni Fornasini:

  • 15 settembre 2024: Pellegrinaggio diocesano a Monte Sole, ore 17.00 Celebrazione Eucaristica a S. Martino di Caprara, presieduta dal Cardinale Arcivescovo.
  • 19 settembre 2024: in occasione della Tre Giorni del Clero, collocazione nella cappella del Seminario Arcivescovile di Bologna dell’icona e di una reliquia del Beato martire don Giovanni Fornasini.
  • 20 settembre 2024: 25° della morte di mons. Luciano Gherardi.
  • 29 settembre 2024: in mattinata, a Marzabotto, commemorazione con intervento del Presidente della Repubblica Italiana e del Presidente della Repubblica Federale di Germania.
  • 29 settembre 2024 – a Montovolo, ore 17:00 S. Messa in ricordo di don Ubaldo Marchioni e ore 18:00 proiezione del documentario: don Ubaldo Marchioni – Testimonianze.
  • 5 ottobre 2024 – ore 17:20 Celebrazione dei Vespri presso l’Oratorio di Cerpiano nell’ultimo giorno degli eccidi.
  • 6 ottobre 2024 – a Porretta Terme, ore 11:00 S. Messa per la Pace – al Teatro Testoni ore 17:00 incontro sul Beato Giovanni Fornasini, martire per la pace – ore 21:00 Requiem di Mozart.
  • 8 ottobre 2024 – ore 20:45 a Castelfranco Emilia “Una famiglia di Castelfranco negli eccidi di Monte Sole: memorie per comprendere l’oggi nell’80° dell’uccisione di don Ferdinando Casagrande”. Interverranno don Angelo Baldassarri e il prof. Fabrizio Mandreoli, docente di teologia.
  • 9 ottobre 2024 – ore 17:30 a Castelfranco Emilia visita alle tombe della Famiglia Casagrande al cimitero e ore 18:30 Messa solenne e benedizione sul sagrato.
  • 9 ottobre 2024 – ore 20:45, Veglia per la pace presso la chiesa di San Donato (Via Zamboni – Piazzetta A. Ardigò).
  • 12 ottobre 2024 – ore 21:00, concerto della Corale “Jacopo da Bologna” con testi sui preti di Monte Sole, nella chiesa di Marzabotto.

Domenica 13 ottobre 2024 – Martirio del B. Giovanni Fornasini

  • Ore 10:00 S. Messa nella chiesa di Marzabotto.
  • Ore 11:30 presso il cimitero di San Martino – Inaugurazione del memoriale del B. martire Giovanni Fornasini alla presenza dell’Arcivescovo Card. Matteo M. Zuppi.
  • Ore 16:00, presso il Santuario di S. Maria della Pace del Baraccano, Recital: “Don Fornasini e i martiri di Monte Sole”.
  • 14-16 ottobre 2024 Pellegrinaggio interdiocesano dei presbiteri ad Argenta e a Monte Sole.
  • 1-3 novembre 2024, Deserto a Monte Sole – “Cristiani, stranieri e pellegrini… (1Pt 2,11)”. Giorni di silenzio e di preghiera sulla Scrittura con la Piccola Famiglia dell’Annunziata. Per capi AGESCI.
  • 10 novembre, ore 17.00, Incontro su “La nascita e lo sviluppo delle violenze collettive” presso la parrocchia di S. Andrea della Barca, guidati dai prof. Adolfo Ceretti e Toni Rovatti.

c. Pellegrinaggi di comunione e pace

Il pellegrinaggio in Terra Santa dello scorso 13-16 giugno, guidato dal Cardinale Arcivescovo, ha indicato la possibilità di dare un vero contributo alla pace esprimendo vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite da tanta violenza.

La visita, prima che ai luoghi, alle persone, in particolare alle comunità cristiane del Patriarcato Latino, si è rivelata sorprendentemente capace di ridare speranza, perché le persone si sono sentite non abbandonate e capite nella loro sofferenza, sostenute anche nelle loro necessità di lavoro e di cura. L’atteggiamento di ascolto di tutte le parti coinvolte, maturato in quei giorni, indica la strada per promuovere la fine delle violenze e avviare un itinerario di conciliazione: dalla comunione viene la pace.

Per questo, la diocesi di Bologna si fa ancora promotrice di “pellegrinaggi di comunione e pace” in Terra Santa, particolarmente nell’anno giubilare, quale proposta esemplare di via cristiana alla pace. Sono già in programmazione due progetti di nuovi pellegrinaggi: dal 27 dicembre 2024 al 2 gennaio 2025 e dal 2 al 6 gennaio 2025.

NB per il programma costantemente aggiornato fare riferimento alla pagina dedicata.

d. L’annuncio della risurrezione e riti di commiato

A seguito delle modifiche apportate alla legislazione regionale in materia funeraria e di polizia mortuaria, approvate lo scorso 14 giugno 2024, si prevedono significativi cambiamenti nel costume e nella mentalità. Sono infatti possibili “case del commiato” private, cimiteri e anche cinerari gestiti da privati, con conseguente rischio di perdita della celebrazione comunitaria ed ecclesiale del senso cristiano della vita e della morte.

Vogliamo cogliere questi cambiamenti come una opportunità di riscoprire, anzitutto noi stessi, e poi di annunciare la speranza della risurrezione fondata sulla Pasqua del Signore Gesù.

Accanto ai sussidi già predisposti dall’Ufficio Liturgico diocesano, è stata costituita un’apposita Commissione diocesana ed è stato incaricato un gruppo sinodale di raccogliere tutte le indicazioni utili per proporre modalità adeguate ad assistere i morenti e i loro famigliari, per animare le liturgie esequiali, per testimoniare la vicinanza della comunità ecclesiale.

Appendice

 CALENDARIO DIOCESANO

anno pastorale 2024-2025

SETTEMBRE 2024

Sab 14            Ore 9.30-12.30 in Seminario, Assemblea diocesana (in presenza e da remoto).

Dom 15          Nel pomeriggio, Pellegrinaggio diocesano a Monte Sole, ore 17 Messa dell’Arcivescovo a S. Martino di Caprara.

17-18-19         Tre Giorni del clero.

Sab 21            Ore 17.30, in Cattedrale: Ordinazione presbiterale

Dom 22          nel pomeriggio, presso la Parrocchia del Corpus Domini in Bologna, Congresso diocesano dei Catechisti.

Dom 29          A Marzabotto: commemorazione 80° degli eccidi con intervento del Presidente della Repubblica Italiana e del Presidente della Repubblica Federale di Germania.

OTTOBRE 2024

Ven 4              Festa di S. Petronio.

Sab 12            Ore 17.30, in Cattedrale: Ordinazione diaconale.

Dom 13          Marzabotto: memoria del b. Fornasini e inaugurazione del Memoriale.

Sab 19            Veglia diocesana in Cattedrale per la Giornata missionaria mondiale.

Dom 20          Giornata missionaria mondiale.

Gio 24            Ritiro del Clero per la Dedicazione della Cattedrale.  Meditazione sul Giubileo e Celebrazione.

NOVEMBRE 2024

Sab 16            Convegno ambito carità.

Dom 17          Giornata mondiale dei poveri.

Dom 24          Cristo Re: Giornata mondiale dei giovani.

DICEMBRE 2024

Mar 24           Apertura del Giubileo a Roma.

Mer 25           Solennità del Natale.

Dom 29          Celebrazione diocesana di apertura del Giubileo.

GENNAIO 2025

Mer 1             Giornata per la Pace.

7-9                  Tre Giorni invernale del Clero.

Dom 12          Ore 17.30, in Cattedrale: Candidatura al diaconato.

18-25              Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Dom 26          DOMENICA DELLA PAROLA – Giornata diocesana del Seminario – Istituzione dei Lettori in Cattedrale.

FEBBRAIO 2025

Sab 1              Pellegrinaggio a S. Luca per la Giornata per la Vita.

Dom 2            Giornata per la Vita.

Dom 9            Ore 17.30, in Cattedrale: Ordinazione dei Diaconi permanenti.

Mar 11           Giornata mondiale del malato.

Mer 26           Prima serata in Cattedrale sulla Speranza.

MARZO 2025

Mer 5             Le Ceneri

Mer 12           Seconda serata in Cattedrale sulla Speranza.

Sab 22            Pellegrinaggio giubilare diocesano a Roma, guidato dall’Arcivescovo.

APRILE 2025

Sab 12            Veglia diocesana delle Palme.

Mer 16           Messa Crismale.

Dom 20          Domenica di Pasqua

22-25              Giornate post-pasquali del clero

MAGGIO 2025

Mer 7             Veglia per la Giornata mondiale delle vocazioni.

Dom 11          Giornata mondiale delle vocazioni.

Sab 24 maggio – Dom 1 giugno: Celebrazioni in onore della B. V. di S. Luca in Cattedrale.

Gio 29            Giornata sacerdotale.

GIUGNO 2025

Sab 7              Veglia di Pentecoste nelle Zone pastorali.

Dom 8            Solennità di Pentecoste.

Gio 19            Celebrazione cittadina del Corpus Domini. Messa e processione.

Sab 21            Ore 17.30, in Cattedrale: istituzione degli Accoliti nella Messa prefestiva del Corpus Domini.

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