“In quel giorno, il Signore degli eserciti … eliminerà la
morte per sempre;
il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto”. La promessa
che il Signore Dio ci ha fatto ora attraverso il suo profeta sembra essere
clamorosamente smentita dal luogo in cui ci troviamo. La morte sembra essere
il destino ineluttabile di ogni vivente; solo il tempo e l’oblio sembrano
essere capaci di asciugare le lacrime sul volto dell’uomo. Questa sembra
essere l’insuperabile condizione dell’uomo.
Nella preghiera con cui abbiamo iniziato questa celebrazione eucaristica,
la Chiesa ha messo sulle nostre labbra queste parole: ”o Dio, … che
ci hai salvati con la morte e risurrezione del tuo Figlio …”.
La fede della Chiesa è intima certezza che la condizione mortale dell’uomo è stata
mutata a causa di un fatto realmente accaduto nella storia umana: la morte
e la risurrezione di Gesù. Non si tratta di una “dottrina” sulla
quale possiamo discutere all’infinito. Si tratta della narrazione di
un fatto di cui sono stati testimoni credibili uomini e donne che a loro volta
l’hanno raccontato agli altri, fino a noi. Ed il fatto è questo:
l’uomo Gesù Cristo morto e sepolto – messo dunque nella
condizione in cui vediamo in questo luogo i nostri amici e parenti – è risuscitato. è ritornato
alla vita, ma non alla vita mortale di prima, bensì alla vita incorruttibile
e immortale. Almeno in quel caso, dentro a quel sepolcro, la morte è stata
vinta, la condizione mortale dell’uomo è stata mutata.
è questo un fatto, un cambiamento che riguarda esclusivamente la condizione
umana di Cristo , o anche ciascuno di noi, il nostro personale destino? L’apostolo
Paolo dice che «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro
che sono morti» (1 Cor 15,20). Primizia: il suo non è un caso
unico e isolato; ciò che è accaduto a Lui ed in Lui è destinato
ad accadere a chi ed in chi crede in Lui. Mediante la fede, la sorte di Cristo
diventa la mia sorte; mi appartiene più profondamente la risurrezione
di Cristo che non la mia morte.
Nella seconda lettura l’apostolo Paolo ci rivela quale è la forza
che opera questo radicale cambiamento della condizione umana: è lo Spirito
Santo che abita nella persona del credente. Ascoltiamo le parole dell’Apostolo: «E
voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma
avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo “Abba,
Padre”. … e se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi
di Cristo». La nostra sorte, la nostra “eredità ” non è più la
morte, ma è Dio stesso, la sua vita incorruttibile. Altrove l’Apostolo
aveva detto:« E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai
morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la
vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm
8,11).
Tuttavia voi, carissimi fratelli e sorelle, continuate a guardare le tombe
dei vostri cari ed esse sembrano smentire la parola di Dio: essi sono morti.
Fra poco ci introdurremo nella grande preghiera eucaristica con le seguenti
parole : “Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata;
e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione
eterna nel cielo”.
Se all’apparenza nulla sembra essere cambiato nella condizione umana,
in realtà il senso stesso della morte è mutato. La morte non è più l’ingresso
nel nulla eterno, ma è l’ingresso nella vita eterna; il corpo
per ora si corrompe, ma fin da ora Cristo risorto ci chiama a partecipare alla
sua stessa vita divina, in attesa del momento in cui anche il nostro corpo
parteciperà della sua stessa vita.
Comprendiamo allora il significato profondo della nostra preghiera di suffragio;
colla nostra preghiera, colla celebrazione dell’Eucarestia noi chiediamo
che i nostri defunti siano liberati da tutto ciò che impedisce loro
di partecipare alla gloria del Signore risorto. Gloria a cui sono destinati.